Catullo

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view post Posted on 27/5/2009, 20:08

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T’affido, Aurelio, questo diletto
Mio bimbo, e un umile favor chiegg’io:

Deh, se mai l’animo t’arse desio
D’un amor nobile, d’un casto affetto,

Puro a me serbalo, non già, s’intende,
Dalle altrui granfie: cosa molesta

Temer non devesi da chi alla lesta
Scantona e svicola per sue faccende.

Ma di te pavido son, di cotesto
Cotal che intrepido s’impenna e rizza,

E dove piacciati, si caccia in lizza
A duri e a teneri fanciulli infesto.

Deh! il mio risparmia, prego, ne ho dritto:
Chè se un mal animo, se un reo furore

Ti spinge a tendere lacci al mio core,
E compj, o perfido, tanto delitto,

Allora, o misero, a’ piè legato,
Come un adultero sarai trattato:

Rafani e muggini, l’ abbi per certo,
Sentirai scorrere nell’antro aperto.

 
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view post Posted on 27/5/2009, 20:53

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Or si, che v’enpio forziere e cassa,
Finocchio Aurelio, Furio bardassa,

Che troppo morbido mi giudicaste
Dalle mie pagine non troppo caste.


Dee pura e candida l’anima aversi:
Posson non essere pudichi i versi;

Che sale e grazia solo allor hanno,
Che con amabili blandizie sanno

Aguzzar l’aschero, dar l’appetito,
Fare il solletico dov’è il prurito,

Non pure ai giovani, ma a’ vecchi inetti
C’han di bambagia vuoti i farsetti.

E voi, nel leggere la mia canzone
De’ baci, osatemi dar del cappone?

Or si, che v’ empio forziere e cassa,
Finocchio Aurelio, Furio bardassa.

 
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view post Posted on 27/5/2009, 21:09

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O Colonia, c’hai l’uzzolo d’armeggiar sul gran ponte,
E per farci un ballonzolo hai già le gambe pronte,

Ma per gl’irreparabili pali, su cui barella,
Ti senti nelle viscere correr la tremerella,


Non esso un capitombolo faccia giù nel pantano;
Così codesta fregola non t’ assillasse invano,

E fosse tanto solida la tua pensile mole,
Che anco i Salj potessero farci le capriole,

Dammi, prego, o Colonia, uno spasso coi fiocchi:
Fa’che quel mio munícipe dal tuo ponte trabocchi,

Ma proprio a precipizio, a capo giù, nel lago,
Dove il fango è più fetido e più profondo il brago.

Egli è un baccello ingenuo da sgararne un marmocchio
Che il babbo ninna e dondola lieve sopra il ginocchio.

Ha sposato una tenera bimba, un fior di donnina,
Delicatina, morbida più d’una caprettina,

Da tenerla in custodia più che l’uva matura;
Eppure egli le lascia fare il chiasso, e n’ha cura

Quanto d'un pelo; inabile a rizzare una mano,
inerte come a un ligure fosso, smembrato ontàno;

Un gocciolone, un asino vero, un’anima grulla,
Che di quanto l’attornia non ode o vede nulla,

Di nulla si capacita, nè s’è finora accorto,
S’egli è un uomo o un fantasima, s’egli è vivo o s’è morto.

 
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view post Posted on 27/5/2009, 21:40

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Aurelio, principe dei pappatutto
Che son, che furono, che saran mai,

Tu nel dominio che t’affidai
Vuoi con gli zoccoli ire all’asciutto?

E corampopulo, quando il fanciullo
Con aria ingenua ti vien dallato,

A lui cucendoti ruzzi, fai ’l grullo,
Tenti ogni gretola? Ma sprechi il fiato.

Chè pria che abbindoli bene il piccino,
Ti farò, credilo, fare il bocchino.

E se la fregola di tali spassi
Tu avessi a stomaco satollo, passi;

Ma questo povero fanciullo, ahimè,
Ridotto al sizio sarà da te.


Or dunque smettila, fin c’hai pulita
La bocca, Aurelio; se no ti tocca

Con altro obbrobrio farla finita,
Poi ch’io te l’abbia già fatta in bocca.

 
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view post Posted on 28/5/2009, 12:14

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Questo Suffeno — che ben hai conosciuto,
O Varo, è assai — gentil, cortese, arguto:

Ma, oimè, scrive — o per dir meglio, fila
Versi: a dir poco, — ormai n'ha diecimila

Su la coscienza. — Ne già come vien viene
Egli li copia, — oibò; ma in pergamene

Regali, in nuovi — quaderni ei pinge i suoi
Carini, li avvolge — in nuove assette; e poi

Nastri vermigli, — busta a piombo tirata,
Ed ogni cosa — spomiciata, lisciata.

Li leggi, ed ecco, —- questo cortese e gajo
Suffeno a un tratto —- ti si muta in caprajo,

ln zappatore, — ti mette proprio orrore:
Tanto ci corre — dall’uomo allo scrittore.

O che ti gira — l'anima! Il più faceto
Uomo pur ora, — basta che nel salceto

Entri dei versi — più non si raccapezza,
Divien più rozzo — della stessa rozzezza.

E dir, che mai — non è così beato
Siccome allora — c'ha un poema infilzato!

Allor s'esalta, — allora genuflesso
Egli si getta — per adorar sè stesso.

Ma chi ti piglia — papere? E chi nel seno
Non tien riposto — un briciol di Suffeno?

Ogn'uomo all'altro — l'error proprio rinfaccia,
Nè guarda a tergo — dentro alla sua bisaccia.

 
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view post Posted on 28/5/2009, 20:26

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Tu non hai, Furio, nè servi, nè armari
Non ragni o cimici, non focolari,

Ma quella gioia di babbo, quella
matrigna, un subbio vero in gonnella.


Con una coppia tal di parenti,
Che ponno i ciottoli tritar coi denti,

Te ne stai proprio arcibenone
Senza pericolo d'indigestione.

Voraci incendj, gravi ruine,
Veleni, insidie, empie rapine,

I casi, i rischj del mondo tutto
Son per voi favole senza costrutto.

Sollion, borea, sete, appetito
V'han così i muscoli rimprosciuttito,

che secchi ed aridi più d'esca o corno,
Viventi mummie movete intorno.

Puoi tu non essere felice? Ignori
Che cosa sieno sputi e sudori;

Non t'ha mai frigido catarro invaso
Di denso moccolo, cervello e naso;

E la tua massima nettezza è avere
Qual saliera aurea terso il messere;

Giacch'è miracolo davver se mai
Nell'anno un dodici volte la fai


E una pallottola fai di tal sorte,
Che fava o silice non è sì forte

Che in mano a prenserla, che a farla trita,
La non t'insudicia punto le dita.

Non voler, Furio, tenere a vile
Così bei comodi! Com'è tuo stile,

Al ciel non chiedere sesterzj cento:
Puoi dei tuoi comodi viver contento.

 
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view post Posted on 28/5/2009, 21:28

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O dei Giovenzj che fùro al mondo,
Che sono o fiano, fior più giocondo,

Meglio saprebbemi, se a quel bel tipo,
Che di domestico manca e di stipo,

Di Mida l'ampio tesor tu dessi
Pria che concedergli tuoi dolci amplessi.

“Che! non è amabile forse?” Sì, ma
Non un armadio, nè un servo egli ha.


Voltala, girala, come ti piace:
Senza un armadio nè un servo ei giace.

 
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view post Posted on 3/6/2009, 19:54

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O finocchino, Talluccio, morbidino
Come pel coniglio, qual d'oca un fegatino,

Come lobetto roseo di piccioletto orecchio,
O ragnatelo, o languido birincello d'un vecchio,

Ma rapace qual torbida procella, allor che da le
Vie le comari additano gli augei del temporale,

Or su, rendimi il pallio che mi rubasti, o inetto,
Le pergmene tinie, l'ibero fazzoletto,

Ch'osi portare in pubblico qual patrimonio avito;
Dalle tue granfie sgancialo, porgi orecchio all'invito,

Se non vuoi che col fervido staffil ti marchj alfine
Il culettino boffice, le mollicce manine,

E sotto i colpi insoliti tu ti conosca in guisa
Di paranzella agl'impeti di tempesta improvvisa.

 
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view post Posted on 5/6/2009, 20:43

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Nè ad austro, o Furio, nè a borea rio
O ad euro o a zefiro è il villin mio;

Ma esposto a quindicimila e trecento......
Oh che pestifero, che orribil vento!

 
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view post Posted on 15/7/2009, 21:40

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Su, di decrepito falerno austero
Ricolma i calici, giovin coppiero:

Tal legge l'arbitra Postumia ha messa
Lei ch'è più uvida dell'uva istessa;

E voi cercatevi altro cammino,
Acque stucchevoli, peste del vino;

Ite a' filosofi d'arcigno aspetto:
Vin qui vuol essere tionèo schietto.

 
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view post Posted on 6/9/2009, 12:30

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O di Calpurnio corte, a cui troppo
Casse e valigie non son d'intoppo,




O buon Veranio, Fabullo amato,
Codesto sudicio v’ha ben conciato!

Che fate? ditemi, avete mai
Fame e intemperie patito assai?

Sta nelle tavole scritta a guadagno
La spesa? O misero, e anch’io mi lagno,

Però che al sèguito di Memmio ascritto,
Mi fu lo scapito dato a profitto.

“O Memmio, a comodo tuo, qual conviene,
M’hai questo manico ciurlato bene!"

Un caso simile è il vostro, e v’ ha
Un giudeo sordido pasciuto. Or va',

Ti sdruscia, a’ nobili! Via col malanno,
Di Remo e Romolo vergogna e danno!

 
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view post Posted on 6/9/2009, 19:50

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Chi potrà mai veder, chi mai succhiersela,
Fuor che un mangione, un biscazziere, un sudicio,
Che un Mamurra abbia quanto pria la Gallia
Chiomata aveasi e l’ultima Britannia?
Romolo buggeron, ciò vedi e tolleri?
E costui pettoruto e soperchievole
Se la spasseggerà per tutti i talami,
Come Adoncello o colombello candido?
Romolo buggeron, ciò vedi e tolleri?
Bardassa, ingordo, biscazzier sei proprio.
Tu dunque, o capitano unico, all’ultima
Isola occidental facesti il valico,
Perchè codesto sciupacchiato bischero
Si pappasse migliaia di sesterzj?
Qual liberalità del par malefica?
Sciupò forse e diè fondo a un picciol gruzzolo?
Prima sbocconcellossi il patrimonio,
Poi la preda del Ponto, indi l'iberica,
Cui pur troppo conosce il Tago aurifero.
E temono costui Gallie e Britannie?
E covate un tal serpe? È ad altro egli abile
Che a pacchiar grassi patrimonj? O suocero
E genero potenti, e a questo titolo
Tratto avete lo stato a precipizio?

 
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view post Posted on 7/9/2009, 20:07

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Alfeno ingrato, o agl’intimi compagni anco ingannevole,
Nulla il tuo dolce, il povero amico tuo commiseri?

E me tradire, o perfido, ed ingannar non dubiti?
I frodolenti e gli empj fatti agli Dei non piacciono.
Ma tu no’l curi, e il misero mio cor lasci agli spasimi.
Ah di' che faran gli uomini, in chi vuoi più che fidino?

Tu tu, sleal, quest’anima allettasti alla pania,
Tu m’inducesti a credere tutto a’ miei voti agevole.

Ed ora ritraendoti, fai che le nebbie e l’aure
Ogni tuo detto, ogni opera al vano aere si portino!

Oblia pure: son memori gli Dei, la Fede è memore,
E ti faranno l'anima dal pentimento rodere.

 
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view post Posted on 14/9/2009, 13:55

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O Sirmione — o vago occhio di quante
Isole e terre — in chiari laghi e in vasti
Mari sopporti — il duplice Nettuno,
Come di cuore — e quanto lieto io torno
A vagheggiarti — A me quasi non credo
Aver la Tinia — e di Bitinia i campi
Lasciati, e gli occhi — in te bear securo.
Oh, qual’e mai — felicità più bella,
Che dopo lungo — e faticoso errore
Stanchi tornare — al focolar paterno,
E d’ansie scevri — e liberi del peso
D’aspri pensieri — in sul bramato letto




Stender le membra — in placida quiete?
Di tanti affanni — il solo premio è questo.
Salve tu dunque, — o Sirmion leggiadra,
E omai ti godi — il tuo signor; godete
Voi pur del lago — onde lidie, e con quanto
Scroscio di risa — è in voi tutte ridete.

 
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view post Posted on 14/9/2009, 20:22

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Vuoi tu permettermi, lpsitilluccia,
Mio dolce còccolo, bellezza mia,
Che teco, il vespero, men venga a cuccia?

Se sì, di grazia, fa' che non sia
Da qualche zotico sprangato l’ uscio;
Nè :aver tu l’uzzolo d'uscir dal guscio.

Sta’ in casa, e apprestami quel che sai tu,
Però che devono le bestie nostre
D’un fiato correre ben nove giostre.

E di far subito ti prego inoltre:
Pranzai, son sazio, sto a pancia in su,
E sfondo, scusami, camicia e coltre.

 
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