Janare - le streghe di Benevento

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view post Posted on 19/6/2009, 20:24

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Janare - le streghe di Benevento



Tutti hanno sentito parlare delle "streghe di Benevento" e forse parecchi hanno visto un sabba ritratto sull'etichetta di un famoso liquore. Abbiamo pensato di farvele conoscere più da vicino attraverso gli articoli che seguono.


Etimologia del termine "janara" o "ianara"



La città di Benevento è famosa per la leggenda delle streghe.
In realtà a Benevento e nella sua provincia tali misteriose creature non vengono chiamate "streghe" ma "janare" o "ianare" (si pronuncia allo stesso modo). Il nome forse deriva da Giano. Giano era il dio bifronte, con una faccia sul viso ed un'altra dietro la testa. Proprio per questa sua caratteristica - la capacità di guardare in avanti e all'indietro, di controllare chi entrava e chi usciva - era il dio delle porte di casa (ianua), il dio del principio, il dio del mattino. Il primo mese dell'anno, proprio in quanto dà inizio all'anno nuovo, venne chiamato Ianuarius in suo onore. Secondo questa teoria, le janare si chiamerebbero così perché entrano nelle abitazioni attraverso la porta di casa (in latino ianua, -ae) il cui dio protettore è appunto Giano.
Un'altra tradizione vuole che il termine janara voglia dire "seguace di Diana" poiché la dea Diana, venerata dai Romani, corrispondeva alla Artemide dei Greci, identificata con Ecate. Ecate era rappresentata con tre teste e tre corpi (corrispondenti ad Artemide, Persefone e Demetra - o Selene). Persefone (la romana Proserpina) è la dea del mondo sotterraneo e proprio in virtù di tale identificazione, Ecate regnava anche sui demoni malvagi e sulle tenebre e vagava nottetempo spaventando gli uomini
 
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view post Posted on 19/6/2009, 21:03

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Le Streghe chi sono?




Il termine stregoneria si riferisce all'utilizzo di forze soprannaturali al fine di piegare gli eventi e la "mondanità" al proprio volere. Nella nostra cultura e nell'immaginario collettivo, la parola stregoneria viene di solito usata con differenti significati: come sinonimo di fattura, di incantesimo o addirittura come metafora per indicare il potere emotivo di una persona su un'altra.
Nella lingua inglese il termine witchcraft (stregoneria) deriva da wiccecraeft ( o wiccecraefte, wicchecraefte, wichecraft o anche wesch-craft e wicche craft), che letteralmente significa arte (capacità, abilità) della "strega" (che in inglese antico è wicca, wicce o wiccian). Chi è la strega con la sua misteriosa ed antica arte?
Il sostantivo witch (strega) potrebbe derivare dall'antico verbo teutonico wik, che significa piegare, oppure dalla radice indoeuropea weik, con accezione magico-religiosa.
In ogni caso pare opportuno definire strega chiunque faccia uso di arti magiche per piegare la realtà ai propri desideri.
Una domanda sorge spontanea: com'è stato possible che questo concetto così semplice si sia incrostato di tante connotazioni emotive? Possiamo dire, in un certo senso, che la nostra cultura e la nostra storia con tutte le sue esperienze religiose è stata caratterizzata dal suo rapporto con la stregoneria e con le streghe.
Comprendere il termine "strega" significa comprendere l'antropologia, la storia, la storia delle religioni, la storia dei rapporti tra i sessi e soprattutto l'inconscio dell'essere umano.
Se è vero che esuste una sconfinata letteratura sull'argomento, è altrettanto vero che alla base di ogni teoria sta la comprensione delle facoltà del cervello umano di costruire immagini, del suo bisogno di miti e magie, del suo bisogno di denunciare tutto ciò che non comprende, della sua capacità di trasformare comuni desideri in immagini e archetipi, e di tramutare detti desideri in demoni e streghe.
Quel che però bisognerebbe sempre tener presente, quando si parla o si pensa alle streghe è che esse sono innanzitutto delle donne. Dimenticarsi di ciò significa certamente non comprenderne neppure lontanamente la natura. "Strega" è più probabilmente che qualsiasi altra cosa, un termine che designa il mistero dell'essere femminile e che ne contraddistingue quelle connotazioni che rendono al tempo stesso la donna delicata e letale, affascinante e terribile.
La storia ha temuto la donna poichè è sempre stata concepita come storia dell'uomo.
La storia ha temuto le streghe perchè esse erano donne.
 
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I luoghi e la tradizione delle Janare



Le janare sono figure caratteristiche della civiltà contadina. Nella tradizione, esse erano fattucchiere in grado di compiere malefici ed incantesimi, di preparare filtri magici e pozioni in grado di procurare aborti. Tuttavia non si conosceva l'identità delle janare: esse di giorno potevano condurre una esistenza tranquilla senza dare adito a sospetti. Di notte, però, dopo essersi cosparse le ascelle (secondo altri il petto) di un unguento magico, esse avevano la capacità di spiccare il volo lanciandosi nel vuoto a cavallo di una granata, cioè una scopa costruita con saggina essiccata. Nel momento del balzo, pronunciavano la frase:


Sott'a l'acqua, sott'a 'r vient, sott'a la noc d' Bnvient
(sotto l'acqua e nel vento, sotto il noce di Benevento)

(qualcuno ha avanzato l'ipotesi che il misterioso unguento fosse una sostanza allucinogena. In tal caso alcune delle storie fantastiche che si raccontano sarebbero nate dalle allucinazioni vissute delle persone che facevano uso di tale unguento).

Il luogo prediletto per prendere il volo era il Ponte Janara (riportato nelle foto nella pagina), costruito sopra il Torrente Janara. Il corso d'acqua nei secoli ha scavato una profonda fenditura nelle rocce. Le due rive scoscese sono dette "Coste Janare".
Il ponte fu fatto saltare in aria dai Tedeschi in ritirata durante la Seconda Guerra Mondiale ma fu successivamente ricostruito.
In fondo alle coste Janara, si trova un grande masso sotto il quale l'acqua che scorre ha creato un piccolo lago. In questo lago si creano inaspettatamente dei gorghi che risucchiano tutto ciò che si trova in acqua. Questo vortice poi scompare improvvisamente, così come è apparso. Il suo nome è "r' wurv d' 'r nfiern", cioè il "gorgo dell'inferno" e secondo la tradizione esso sarebbe un passaggio attraverso il quale si può discendere agli Inferi, come l'Averno.
 
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view post Posted on 22/6/2009, 21:45

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Il Sabba ed il vento



Secondo la tradizione, le janare si davano convegno sotto il noce di Benevento la notte del sabato. Sotto i rami di tale immenso albero - che aveva la caratteristica di essere sempre verde, in ogni stagione - celebravano i loro riti orgiastici congiungendosi con spiriti e demoni che prendevano spesso la forma di galli o di caproni.
Le ianare, tuttavia, dovevano tornare alle proprie abitazioni prima del sorgere del sole e prima del suono della campana che annunciava l'inizio di un nuovo giorno.
La loro natura era particolare. Quando di notte si trasformavano, non erano semplici creature notturne in grado di volare, ma acquistavano "la consistenza del vento", diventando di natura volatile. Il modo in cui queste entità venivano percepite dall'immaginario popolare, forse deriva dal fatto che le colline che circondano Benevento sono spazzate da venti incessanti. Il vento infatti, anche se non originariamente, forse ha qualcosa a che fare con la stessa etimologia del nome "Benevento".
Si racconta anche che le janare preferissero radunarsi nelle sere di tempesta, quando il vento soffia impetuoso e la pioggia cade incessante, mentre le tenebre, squarciate dai lampi delle folgori, lasciavano scorgere le orripilanti sembianze di quelle donne demoniache che a cavallo delle loro scope, volavano in direzione del noce di Benevento.
Le sensazioni che la leggenda delle janare inducono, si possono cogliere nella celeberrima opera "Una Notte sul Monte Calvo" di Modest Mussorgsky (sinfonia utilizzata anche per commentare alcune scene nel film di animazione "Fantasia" di Walt Disney). Secondo la tradizione, l'autore compose la sinfonia dopo aver soggiornato a Montecalvo Irpino, ospite della duchessa Maddalena Pignatelli, la quale era figlia di Pietro Fesenko, consigliere dello zar Nicola II. Si dice che Mussorgsky restò molto colpito dall'atmosfera che si respirava a Montecalvo Irpino, suggestionato dai luoghi, dalla storia, dalle leggende delle streghe che prendevano il volo per ritrovarsi ai piedi del noce di Benevento dove celebravano il loro sabba.
Se si ascolta la sinfonia e si chiudono per un attimo gli occhi, sembrerà di vedere le streghe volare, volteggiare attorno al noce, in una corsa spasmodica a cavallo della loro scopa, sino a quando l'arrivo del mattino, salutato dal suono delle campane, non dissolve le tenebre sciogliendo allo stesso tempo la riunione demoniaca.
 
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view post Posted on 23/6/2009, 22:32

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Il noce di Benevento



La leggenda del noce di Benevento risale al VII sec. d.C.
Si narra che i Longobardi, pur essendo stati convertiti al cristianesimo, continuavano a conservare delle usanze pagane e ad adorare idoli che facevano parte del loro bagaglio di tradizioni ataviche.
In particolare si racconta che adorassero la Vipera, sia in forma di idolo d'oro, che serbavano nelle proprie abitazioni, sia appendendo un serpente morto ad un albero: in questo caso, i Longobardi passavano sotto il serpente morto e gli toccavano la testa come segno di deferenza.
Secondo alcuni la Vipera che essi adoravano, aveva due teste, secondo altri era alata.
Sicuramente il culto pagano dei barbari si innestava sul culto di Iside, già presente a Benevento dove sorgeva un tempio dedicato alla dea egizia. Iside, infatti, era una divinità in grado di controllare i serpenti.
A quanto sembra, i Longobardi appendevano la pelle di un animale ai rami del noce e poi, in groppa ai cavalli con la parte anteriore del corpo rivolto verso la coda dell'animale, cavalcando velocemente, in una specie di "quintana", dovevano strappare con un'arma dei brandelli della pelle appesa all'albero, tessuti organici che essi poi mangiavano.
L'ubicazione del noce di Benevento è controversa. Secondo alcuni, esso nasceva sulle "ripe delle ghianare", lungo il corso del fiume Sabato. Secondo altri esso si trovava nello Stretto di Barba, secondo altri ancora in una località chiamata "Voto" (poiché i Longobardi sotto il noce facevano dei voti o li scioglievano).
Il noce fu fatto tagliare da san Barbato. Si narra tuttavia che l'albero, anche se tagliato, sia rispuntato più volte nello stesso luogo.
 
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view post Posted on 24/6/2009, 13:54

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San Barbato e Romualdo



San Barbato (nato nel 602 e morto nel 682) fece in modo che il noce di Benevento fosse tagliato. I Longobardi, tuttavia, continuarono a conservare le proprie usanze pagane.
Quando Benevento venne assediata dalle truppe bizantine di Costante II, san Barbato assicurò la salvezza a Romualdo, che era a capo dei Longobardi di Benevento, a condizione di non adorare più la Vipera. Romualdo promise che i Longobardi avrebbero abbandonato il culto. Le truppe di Costante II si ritirarono e così Romualdo fu salvo e fece nominare san Barbato vescovo di Benevento.
Tuttavia Romualdo continuava a conservare in casa, nascostamente, una vipera l'oro.
San Barbato riuscì a farsi consegnare la vipera d'oro da Teoderada, la moglie di Romualdo. Fuse l'oro e ne fece un calice per celebrare l'eucarestia.
 
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view post Posted on 24/6/2009, 19:48

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Le janare entrano in casa



La natura incorporea delle janare, faceva sì che potessero entrare nelle abitazioni penetrando sotto le porte, come un soffio di vento, oppure penetrando dalle finestre come un lieve spiffero.
Per evitare che esse potessero entrare, dietro alle porte e alle finestre venivano appesi sacchetti di sale o scope. La tradizione vuole che la janara, prima di entrare in casa, dovesse contare tutti gli acini di sale o tutti i fili o le fibre che formano la scopa. La ianara, così, era costretta ad espletare il compito ma nel frattempo sopraggiungeva l'alba e la ianara era costretta a ritornare nella propria abitazione.
 
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view post Posted on 25/6/2009, 20:31

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I malefici



I malefici che una janara poteva provacare erano diversi. La ianara poteva provocare aborti o essere la causa di infertilità, poteva entrare di notte nelle abitazioni e "torcere" i bambini, facendoli piangere per il dolore ed a volte causando la loro deformità. Le ianare erano anche responsabili della sensazione di "oppressione" sul petto che a volte si avverte mentre si giace supini - come se qualcuno con le proprie mani esercitasse una pressione sul nostro sterno. Questa sensazione di oppressione a volte è accompagnata dalla impossibilità di gridare o di chiedere aiuto. Le vecchine spiegano tali sensazioni con la solita frase, in cui riecheggia una saggezza antica: "Sono le ianare che ti premono".
Le persone del popolo erano impressionate dai racconti sulle janare. Quando in un gruppo di persone che si intrattenevano a parlare in qualche vicolo, qualcuno pronunciava la parola "ianara", immediatamente le donne alzavano le mani al cielo ed esclamavano la frase "oggi è sabato", che sembra avesse un valore scaramantico.
 
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view post Posted on 26/6/2009, 19:17

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Cavalli sudati e treccine



Le ianare erano conosciute anche per i dispetti che facevano ai contadini, manomettendo i loro strumenti di lavoro, facendo marcire le loro provviste.
Alcuni contadini assicurano che di mattina, recandosi nella stalla, trovavano i cavalli sudati (si racconta che a volte succedesse lo stesso con le mucche) come se avessero cavalcato per tutta la notte; a volte i crini delle loro criniere erano raccolti in numerose treccine. Ovviamente la responsabilità di tali prodigi, veniva attribuita alle janare.
 
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view post Posted on 26/6/2009, 20:24

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Il bambino nel "fascione"



Sino agli inizi degli anni Sessanta, era in uso in alcune zone interne del sud avvolgere i neonati nel "fascione". Esso era costituito da strisce di stoffa avvolte attorno al corpo del bambino allo scopo di farlo crescere "diritto". Si pensava, infatti, che le ossa ancora in formazione dei neonati, se non tenute diritte durante i primi giorni di vita (di soliti i primi 30-40 giorni), avrebbero potuto presentare delle malformazioni.
Ci è stato raccontato che alla fine degli anni '40, un bambino dormiva nel letto matrimoniale dei genitori, tra il padre e la madre. Era nato da poche settimane ed ancora portava il "fascione" (il suo corpo era completamente avvolto nelle bende, ad eccezione della testa). Inspiegabilmente il mattino seguente il bambino fu trovato sotto il letto ed incominciò ad avere forti dolori allo stomaco. La spiegazione fu che "le ianare gli avevano succhiato il liquido dallo stomaco". Per farlo guarire, gli fu dato da bere del latte particolare.
 
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view post Posted on 26/6/2009, 20:44

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La moglie janara



Si racconta che una notte un marito si accorse che la moglie si era alzata dal letto. L'uomo di nascosto seguì la donna spiando tutto ciò che ella faceva. Vide la moglie afferrare un vasetto contenente un misterioso unguento, cospargersi il corpo con quell'impasto e buttarsi nel vuoto dalla finestra, prendendo il volo.
Resosi conto, quindi, che la moglie era una janara, il marito sostituì l'unguento magico della moglie con del semplice olio che tuttavia aveva lo stesso aspetto.
Di lì a pochi giorni, la janara si alzò nottetempo e, preso nuovamente il solito vasetto, si cosparse il corpo dell'unguento contenuto nel vasetto, quindi si buttò dalla finestra. Quella notte, però, non prese il volo ma precipitò a terra e morì.
 
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view post Posted on 26/6/2009, 21:12

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Il marito al Sabba



Questa storia l'abbiamo sentita raccontare dalle vecchiette ma probabilmente deriva da un poemetto napoletano ottocentesco dal titolo "Storia della famosa noce di Benevento".
La storia racconta che un marito scoprì che la propria moglie era una ianara. Le rivelò ciò che aveva scoperto e le chiese di essere condotto al Sabba per poter partecipare anch'egli alla riunione di tutte le janare. Il sabato seguente, la moglie janara condusse il marito al Sabba che si celebrava sotto un grande noce. Lì erano raccolte tutte le ianare del mondo - secondo alcuni erano circa 2.000.
Nel convegno malefico, si mangiava e si beveva. L'ingenuo marito, notando che il cibo era sciapito, chiese del sale, ma appena ebbe condito col sale la pietanza che stava mangiando e l'ebbe assaggiata, il banchetto notturno che si trovava dinnanzi a lui scomparve improvvisamente. Egli restò isolato nella campagna, in un luogo a lui sconosciuto. Il mattino seguente incontrò un contadino e gli chiese dove si trovassero. Il contadino gli rispose: "alle porte di Benevento".
 
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Il gobbo di Peterola



Francesco Redi (letterato e scienziato fiorentino, 1626-1697) in una lettera "giocosa" a Lorenzo Bellini (di cui ce ne parla Cifaldi in un brano del 1883 contenuto nel libro "Benevento e i Sanniti", ed. Pierro, 1996, collana Monumenti e Miti della Campania felix, supplemento a Il Mattino) parla di un gobbo che viveva a Peterola. Un bel giorno un altro gobbo, suo conoscente, era ritornato da un viaggio senza presentare più la sua deformità. Interrogato sulla sua guarigione, spiegò che una notte, avendo perso la strada, si era ritrovato presso il noce di Benevento attorno al quale satiri, demoni, streghe e stregoni ballavano e cantavano. Una strega gli si era avvicinato e lo aveva invitato a ballare. Egli aveva dimostrato tanta leggiadrìa nella danza che le creature infernali presenti al convegno, avevano deciso di togliergli la gobba che portava sulla spalla.
Il gobbo di Peterola, ascoltata la storia, di nascosto si mise in cammino in direzione di Benevento in cerca del famoso noce. Finalmente giunse al luogo in cui si celebrava il sabba ed anch'egli trovò quelle creature infernali che danzavano e cantavano attorno al noce. Una di quelle creature, gli si accostò e lo invitò a ballare. Il gobbo di Peterola accettò di buon grado di prendere parte alle danze ma i suoi movimenti risultarono essere goffi e sgraziati. Le creature infernali che danzavano, allora, disgustati dai movimenti tutt'altro che eleganti del gobbo di Peterola, decisero di attaccargli sul petto la gobba che avevano rimosso dalla schiena del gobbo che avevano guarito. Così il gobbo di Peterola tornò a casa con due gobbe: una sul torace e l'altra sulle spalle.


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