Introduzione

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view post Posted on 5/11/2008, 13:29

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problema dell'origine e della struttura dell'universo è stato affrontato per millenni da mitologie, religioni e sistemi filosofici delle diverse civiltà umane, ma soltanto nel XX secolo è divenuto oggetto di indagine scientifica e la cosmologia costituisce oggi un'importante disciplina dell'astrofisica. Come vedremo il progresso scientifico, pur cancellando la rassicurante visione antropocentrica prevalsa per millenni, ha anche messo in luce il sottile ma profondo legame fra la nostra esistenza e le proprietà fisiche fondamentali del cosmo.

I primi ad affrontare il problema dell'origine (arché) senza fare appello agli dei o al sovrannaturale, ma in termini di leggi naturali, furono i filosofi ionici. Secondo Anassimandro, ad esempio, tutta la materia deriva da un principio primo, da lui chiamato apeiron (" illimitato"). Secondo Leucippo e Democrito i mondi si formano e si disgregano, e la materia è costituita da particelle indivisibili, gli atomi. I Greci scoprirono la sfericità della Terra, e descrissero il movimento dei pianeti con modelli sempre più complessi. Aristarco di Samo propose nel III secolo a.C. il modello eliocentrico ma, in assenza di una corretta fisica del moto, e anche per ragioni filosofiche, prevalse il modello geocentrico, che durante il Medioevo si inserì in modo naturale nella visione antropocentrica del cristianesimo. Il sistema eliocentrico fu riproposto soltanto nel 1543, anno della pubblicazione del De Revolutionibus Orbium Coelestium di Copernico, e si impose grazie ai lavori di Tycho Brahe, Keplero, e Galileo. Con l'affermazione del sistema copernicano risultò evidente che le stelle erano altrettanti soli, forse infiniti, con infiniti mondi abitati (come sostenuto da Giordano Bruno, bruciato sul rogo per eresia nel 1600).

Nei Principia Mathematica (1687), Isaac Newton formulò la celebre legge di gravitazione universale, secondo la quale la forza di attrazione di due corpi è proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Per la prima volta veniva scoperta una legge fisica valida ovunque, sia sulla Terra che nello spazio (di qui la sua qualifica di universale). Oggi sappiamo che la gravità è una delle quattro forze fondamentali presenti in natura; le altre sono l'elettromagnetismo, l'interazione forte e quella debole. La gravità è in realtà la meno intensa delle quattro (basti notare che la forza di repulsione elettromagnetica fra due elettroni è circa 1040 volte superiore alla loro attrazione gravitazionale), ma le interazioni forte e debole hanno un raggio di azione limitato, e l'elettromagnetismo ha cariche opposte che tendono a neutralizzarsi. Ecco perché il moto dei corpi celesti è dovuto alla gravità. Il tentativo di applicare la legge di gravitazione all'universo intero, edificando in tal modo una cosmologia newtoniana, si urta però a dei limiti importanti. Una distribuzione inizialmente statica e finita di stelle nello spazio sarebbe destinata a "crollare" su se stessa, e l'universo non potrebbe dunque essere né stabile né eterno. A Newton parve allora naturale supporre una distribuzione uniforme di stelle nello spazio infinito. In tal caso, però, non è possibile ottenere una descrizione matematicamente coerente nell'ambito della fisica newtoniana.

Per avere una descrizione dinamica dell'universo occorre anche sapere come è distribuita la materia nello spazio ma, se a partire dal 1838 fu possibile misurare le distanze delle stelle più vicine, fino agli inizi del XX secolo non fu possibile determinare né la distanza né la natura delle nebulose, in particolare di quelle a spirale. Per questi motivi, mentre da un lato la meccanica newtoniana conobbe, nel XVIII e XIX secolo, una serie di straordinari successi, portando alla previsione del ritorno delle comete periodiche, alla scoperta di Nettuno, al calcolo delle orbite dei pianetini, dall'altro non si ebbe invece la nascita di una cosmologia scientifica, anche se vi furono le importanti osservazioni da parte di William Herschel, mirate a determinare la struttura della Via Lattea e la natura delle nebulose. Herschel, almeno in un primo tempo, si convinse che le nebulose fossero sistemi stellari come la Via Lattea. Questa ipotesi era stata già avanzata, insieme ad altre speculazioni cosmologiche, da Thomas Wright e da Immanuel Kant. Degna di nota è inoltre la concezione dell'universo come ammasso omogeneo di sistemi stellari, nato in seguito alla frammentazione di una particella primordiale, che viene descritta da Edgar Allan Poe nel suo poema in prosa Eureka (1848); si tratta sostanzialmente di una versione newtoniana dell'atomo primitivo di Lemaître, di cui tratteremo più avanti.





Edited by birillino8 - 19/11/2008, 13:18
 
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view post Posted on 19/11/2008, 13:11

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I miti delle origini


In principio fu Χαος, la Voragine, un vuoto oscuro, un abisso cieco, notturno, sconfinato, dove nulla può essere distinto.

Poi apparvero Γαια, la Terra, ed Ερος, l'Energia dell'Amore primordiale.

Gaia generò Ουρανος, il Cielo, e Ποντος, il Flutto marino.

Il primo dei figli maschi generati da Γαια e Ουρανος è il Titano Ωχεανος, l'Oceano che circonda l'universo girando su se stesso in un circuito chiuso; l'ultimo dei Titani è Κρονος.

Κρονος ucciderà il padre Ουρανος che giaceva perennemente sopra Γαια: si separa così la Terra dal Cielo e si crea uno "spazio libero" tra di loro, sopra il quale il cielo stellato rappresenta un "grande soffitto".

Poiché Ουρανος ha uguali dimensioni di Γαια, non esiste una sola parte della Terra dalla quale non si veda un angolo equivalente di Cielo.

Sono nati così il Giorno e la Notte ed è nato Κοσηος, come gli uomini lo vedono.

Κρονος consente, in questo modo, l'inizio dello "scorrere del tempo" e della nostra storia...

Come sono nati l'universo, il cielo, la Terra, gli uomini? E ancora: che cosa c'era prima? Che cosa ci sarà dopo? E ci sarà un dopo? E, soprattutto, perché tutto questo?

A queste domande l'uomo ha sempre cercato di dare una risposta, in tutte le epoche e in tutte le culture e a questi quesiti possiamo dire che, ancora oggi, cerca di trovare spiegazione: agli antichi racconti mitici si sono sostituiti i modelli scientifici, anche se, talvolta, un qualche ricordo di quei miti ancora rimane, sia nell'immaginario comune, che in quello scientifico.

Il mito greco dell'origine del Mondo e degli dèi, che abbiamo molto succintamente riassunto, così come molti altri aspetti della cultura greca, ha una profonda derivazione dall'ambito del Vicino Oriente. Ricordiamo, esempio tra i tanti che si potrebbero fare, il Ciclo di Baal, che comprende una raccolta di testi mitopoietici, provenienti da quella regione che si estende dal Sinai all'Eufrate, compresa tra il Mediterraneo e il deserto arabico, che era indicata dai greci con il termine complessivo di Siria. Scritti da copie anteriori o da antica tradizione orale tra il XV e il XIV secolo a.C., vennero ritrovati nell'antica Ugarit, vicino all'odierna Latakîja (Laodicea), considerata una delle prime città del mondo, insieme a Ur e Uruk. Il Ciclo narra la lotta del dio Baal, signore della fertilità, con il dio Jamm, signore del mare e con Mut, divinità del mondo sotterraneo, e vi viene ricordato il principio delle cose:

Senza confini e senza tempo era l'Aria
ed un Vento ruotava incessantemente.
Ed il Vento divenne l'amante del suo Principio
e si riavvolse su se stesso.
E da questo nacque il Desiderio.
Il Desiderio è stato il Principio di tutto. 1

Riconosciamo, così, in questo Vento incessante e nel suo atto d'amore, il Caos e l'Energia dell'Amore primordiale presenti nel successivo mito greco, ma soprattutto emerge una sostanziale differenza tra queste idee cosmogoniche e quelle di altre culture.

In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu.
Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
Dio disse: "Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque". Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che sono sopra il firmamento. E così avvenne.
Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l'asciutto". E così avvenne. Dio chiamò l'asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona. E Dio disse: "La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie". E così avvenne: la terra produsse germogli, erbe che producono seme [...] e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme[...]. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
Dio disse: "Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra". E così avvenne: Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
Dio disse: "Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo". Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati [...]. E Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: "Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra". E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
Dio disse: "La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche [...]". E così avvenne: Dio fece le bestie selvatiche [...] e il bestiame [...] e tutti i rettili del suolo [...] . E Dio vide che era cosa buona.
E Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra".
Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. [...]
E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.2
Come risulta, infatti, dal confronto fra le prime parole della Genesi, nell'Antico Testamento, ed i miti (greco ed ugaritico) ricordati prima, mentre nelle grandi religioni monoteiste un dio preesiste alla creazione, nella maggior parte delle altre religioni - soprattutto delle più antiche - la "teogonia", la storia della nascita degli dèi, viene spesso preceduta dalla "cosmogonia", la storia della nascita del Tutto, e le stesse divinità sono immaginate essere generate da un elemento primordiale, da un "principio creatore", sia esso il Desiderio, l'Albero della Vita, l'Uovo cosmico, l'Acqua, il Vuoto, il Caos, il Vento.

In uno dei più antichi testi letterari conosciuti, l'indiano Rigveda, composto tra 4000 e 3500 anni fa - quasi contemporaneo, quindi, al Ciclo di Baal - si trovano già invocati tali princìpi creatori. L'Albero cosmico, simbolo della crescita e dell'espansione del Mondo e contemporaneamente della sua unicità, si ritrova in India, in Mesopotamia e in Scandinavia. Il Desiderio è presente sia nei Fenici che nei Maori, l'Uovo nei Veda e nei Dogon, il gigante P'an-kou in Cina e la Volta celeste nel mito di Orfeo.

Presenti, quindi, in quasi tutte le culture, tali princìpi generatori appaiono come degli archetipi del pensiero cosmogonico, simboli primitivi e universali che appartengono all'inconscio collettivo, il che spiega le apparenti analogie che si ritrovano in diversi di questi miti, senza necessariamente introdurre la necessità di un'unica cultura - terrestre o extraterrestre - che preesistesse a tutte le altre oggi conosciute. Come sostenne Frazer, uno dei fondatori dell'antropologia sociale, nel suo classico studio sulla magia e la religione, Il ramo d'oro, tali analogie "sono effetto di cause simili, che agiscono in maniera analoga sulla costituzione della mente umana in diversi paesi e sotto diversi cieli".

Per trovare quelle cause simili è sufficiente, infatti, cercare di guardare con uno sguardo lontano dal nostro quotidiano, di cittadini di un Occidente evoluto, a quello che poteva essere una volta il rapporto dell'uomo con la natura: con la volta stellata, con la nascita delle piante e degli animali, con il vento e la pioggia e la neve, con le acque, con il fuoco. Da una parte, la necessità di cercare di sopravvivere a quegli elementi, al buio immanente dopo il tramonto del Sole, alla forza degli uragani, alla violenza del mare, agli incendi delle boscaglie o della savana. Dall'altra, il desiderio, sempre presente, di cercare di utilizzare la natura per i propri bisogni: osservare il cielo per misurare il tempo, studiare i venti per percorre il mare, conoscere le variazioni stagionali per le attività agricole e pastorali, usare e dominare il fuoco. Dall'altra parte, ancora, la speranza che quelle conoscenze, che faticosamente consentivano di sopravvivere alla natura, non venissero rese vane da improvvise modificazioni nel loro aspetto, così ansiosamente osservato, registrato, studiato; modificazioni che non potevano avvenire se non per cause esterne all'uomo e riposte, perciò, in qualcos'altro, o qualcun altro, che quegli aspetti della natura era in grado di dominare meglio ancora dell'uomo: un essere superiore, una divinità. Ecco, allora, l'impulso di proiettare le proprie aspettative e le proprie certezze, o incertezze, verso queste divinità, intese, quindi, come messaggeri o itinerari verso l'ignoto, verso quella natura così poco conosciuta e nello stesso tempo così mutevole e ostile.

Molti di questi miti, come si diceva, hanno lasciato traccia nella nostra cultura e talora, in modo più o meno cosciente e più o meno esplicito, finiscono per riaffiorare, ovviamente, anche nella cultura di coloro che si occupano di scienza e, in particolare, di coloro che si occupano proprio di quei problemi scientifici che appaiono più vicini ai tentativi di dare una risposta "certa" a quelle domande fondamentali che proponevamo poc'anzi.

Cosa c'è di profondamente e consciamente diverso dalla ricerca di un universo immobile ed eterno nella "costante cosmologica", introdotta nel 1917 da Einstein nelle equazioni della Relatività generale? Quanto la frammentazione di un "atomo primitivo", prevista da Georges Lemaître nel 1931 e che aveva quasi in nuce la teoria del Big Bang, è diversa dall'idea dell'esplosione di un Uovo cosmico iniziale? E la creazione continua di materia, al ritmo di un atomo di idrogeno per metro cubo di spazio, prevista dal "modello dello stato stazionario", avanzato nel 1948 da Hermann Bondi e Thomas Gold in opposizione alla teoria del Big Bang, non ha forse in sé qualcosa degli antichi miti che narravano di divinità perpetuamente immanenti nella creazione? Il Mondo non generato e non distruttibile di Aristotele non si oppone qui, forse, al Cosmo del Timeo platonico, che ha avuto un inizio ed avrà una fine, così come lo stato stazionario si oppose al Big Bang?

Esula, certamente, dagli stretti spazi di questo intervento un esame ed una discussione complessiva, sia della vastissima storia dei pressoché infiniti miti sull'origine, sia della loro altrettanto vasta influenza sulla cultura dei tempi nei quali i vari miti sono emersi e sulle culture successive, fino alla nostra. Ci pare, tuttavia, importante sottolineare come il termine greco μυθος, che noi usiamo per identificare tutte quelle idee che nel tempo ci hanno parlato di qualcuno (o qualcosa) che ha presieduto alla creazione del Mondo e della vita e ne ha guidato gli sviluppi successivi, voglia dire semplicemente - e non per caso - racconto. Come tale, infatti, e senza una necessaria immedesimazione, finiva per essere usato da coloro che tali "miti" raccontavano - dalla Teogonia di Esiodo alle Metamorfosi di Ovidio - e, molto probabilmente, anche recepito da coloro ai quali questi "racconti" erano diretti. È solo nelle religioni monoteiste che il "racconto" sull'origine perde la configurazione di "mito" per divenire "verità rivelata"; verità dalla quale poi realmente far discendere tutta la conoscenza. Ma questo non deve stupire, se ricordiamo come queste religioni abbiano avuto la loro culla in quel Vicino Oriente nel quale la separazione tra il "racconto" delle cose avvenute, anche fantastiche, e la realtà del vissuto quotidiano non era (e talora non è ancora oggi) così netta e comprensibile come, al contrario, appare divenire sempre di più nel mondo greco. In particolare, dopo la fioritura di quelle correnti di pensiero, disperse nella vasta culla della Magna Grecia e che per semplicità di periodizzazione storica si fanno iniziare nel VII-VI secolo a.C., con Talete e con la Scuola ionica. Allora, per la prima volta, appare nel mondo occidentale un modo diverso di sentire e cercare di comprendere le cose della natura: un tentativo di separare il "mito", il "racconto", dall'osservazione dei fenomeni e dal tentativo di spiegazione degli accadimenti.

I primi animali furono prodotti nell'umidità e furono coperti di un tegumento villoso; col passare del tempo si diffusero sulla Terra. [...] Quando l'involucro si aprì, cambiarono subito il loro modo di vivere; le creature viventi nacquero dall'elemento umido fatto evaporare dal Sole. Dapprima l'uomo somigliava ad un altro animale, cioè ad un pesce.3
Così spiegava l'origine della vita Anassimandro, nel VI secolo a.C. (200 anni dopo Esiodo), e questo non è sicuramente un "mito"! Vediamo qui, pur nella semplicità - e anche nell'ingenuità - della descrizione, un primo tentativo di elaborare un concetto di evoluzione. Si pensi a quanto è stato detto riguardo alle idee di Darwin, alle accuse che ha ricevuto ben ventiquattro secoli dopo Anassimandro e alle critiche cui ancora oggi vengono sottoposte alcune idee evoluzioniste da parte di coloro che ritengono ineliminabile la presenza, nel nostro Universo, di un qualche intervento di creazione. Sia esso avvenuto solo "in principio", lasciando che poi "il caso" o "la necessità" (per parafrasare il titolo di un celebre libro di Jacques Monod) agissero ad agglutinare elementi semplici sino a costituire l'Homo sapiens. Sia, invece, questo intervento continuo e quasi quotidiano a guidare l'evoluzione lungo una strada che "doveva" portare a vedere l'universo come è oggi. Un universo nel quale le leggi della fisica, che noi conosciamo e che continuiamo ancora a cercare di conoscere meglio, non potessero dare modo alla nostra Galassia, al nostro Sole, alla Terra, all'atmosfera di formarsi in modo sia pure di poco diverso. Pena, l'impossibilità di arrivare alla nascita (o alla creazione?) della vita e dell'uomo e... se ci si consente l'immodestia di un uso esageratamente integralista del finalismo profondamente presente in certe posizioni, pena l'impossibilità di arrivare a consentire oggi a noi di scrivere queste righe e al lettore di leggerle.4

Ritornando al mito greco ricordato all'inizio, va sottolineata l'importanza, al suo interno, svolta dalla figura di Κρονος, il Tempo. Emerge dal breve racconto come il "tempo" venga creato dopo altri personaggi, ma come sia la sua presenza (e il suo atto di parricidio) a dare origine allo "spazio" e agli eventi successivi. Naturalmente, anche il problema dell'origine del tempo è stato uno dei problemi discussi dalle cosmogonie e non tutte le culture lo hanno affrontato e tentato di risolvere nello stesso modo.

Esisteva il tempo prima della creazione delle altre cose, spazio e divinità creatrice compresa? Scorre il tempo in modo lineare, simile ad una freccia, come considerato nella cultura occidentale? Oppure si avvolge intorno a se stesso, simile ad un serpente, come in alcune culture dell'India? E, in entrambi i casi, ha avuto un origine? Se esisteva prima della creazione del Mondo, allora fa parte o meno del Mondo stesso, qualunque sia ora il senso del suo scorrere?

Sant'Ambrogio, nel IV secolo, scrisse nell'Hexameron che Dio creò il Cielo e la Terra all'inizio del tempo e, quindi, il tempo non sarebbe esistito prima del Mondo e più tardi, nel XIII secolo, Guglielmo d'Auvergne, nel De Universo, sostenne che, come il Mondo comprende tutto lo spazio e non esiste un "di fuori", il tempo, iniziato a scorrere all'atto della creazione, non ha un "prima", poiché contiene tutti i tempi. Dunque, nel "tempo che ha preceduto l'inizio del tempo" - si chiedeva Guglielmo, affermando contemporaneamente l'inconsistenza della domanda - esisteva qualcosa? Porsi tali questioni equivale, da un punto di vista concettuale, a chiedersi oggi: cosa c'era prima del Big Bang? In quale spazio si sta espandendo il nostro Universo? La cosmologia moderna non evita questa domanda, ma, poiché la nostra scienza non ama lasciare dei paradossi insoluti, ecco che la risposta, molto semplicemente, è: l'Universo coincide con lo spazio-tempo e la sua origine non può essere considerata come un fenomeno temporale.

In qualche modo, ammantati dalla Relatività generale e dalla meccanica quantistica, siamo, allora, tornati daccapo ai nostri miti sulle origini. Anche la scienza moderna ha, così, creato un suo mito cosmogonico, nonostante risuonasse da lontano il divieto di Tommaso d'Aquino nella Summa theologica: "Che il Mondo abbia avuto un principio è oggetto di fede, indimostrabile, e non oggetto di scienza". Divieto ribadito da Alberto Magno nella Physica: "Il principio del Mondo per creazione non è affatto fisico e non può essere provato dalla fisica".

Temo che non se ne esca; proviamo, quindi, a concludere con altre parole dal Ciclo di Baal ricordato all'inizio:

E da esso [il Desiderio] nacque il Verbo,
marciume di una miscela umida.
Il Verbo apparve con l'aspetto di un Uovo
e da esso uscirono esseri incoscenti,
poi coscienti
contemplatori dei Cieli!

Vi si ritrovano, come abbiamo visto, sia le tracce originarie di alcune delle più antiche cosmogonie, sia, nella "miscela umida", la reminiscenza dell' "elemento umido fatto evaporare dal Sole" dal quale Anassimandro fa nascere le creature viventi, ma soprattutto - e per questo ci piace qui ricordarlo - appare estremamente significativa l'ultima frase, laddove vengono ricordati esseri nati dall'Uovo, dapprima incoscienti, poi coscienti. E quale primo atto di coscienza, ecco la "contemplazione dei cieli". È dunque sin dai primi, più antichi miti che hanno formato la nostra cultura che, come primo gesto di autoaffermazione dell'Homo sapiens, compare il suo sguardo rivolto al cielo, a porsi quelle domande che ricordavamo all'inizio e a cercare di rispondervi, per seguire la "virtute e conoscenza" dell'Ulisse dantesco, nonostante ed oltre i vani tentativi di tutti coloro che hanno cercato - e cercano ancora - di porre dei limiti invalicabili a quella "virtute" e anche a quella "conoscenza".
 
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view post Posted on 19/11/2008, 17:34

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L'Universo caldo del Big Bang

L'espansione implica che la densità dell'universo sta diminuendo. Viceversa, nel passato l'universo doveva essere più denso e più caldo. In linea di principio, andando abbastanza indietro nel tempo possiamo raggiungere l'istante nel quale le dimensioni dell'universo si annullano, densità e temperatura divengono infinite, e si ha una singolarità. Se l'espansione fosse avvenuta a velocità costante, l'inverso della costante di Hubble misurata attualmente, 1/H0, darebbe direttamente il tempo trascorso a partire da quell'istante iniziale.

Georges Lemaître per primo suggerì, nel 1931, che l'intero universo potesse essere nato a partire da un atomo primordiale. La fisica dell'epoca non era matura per affrontare il problema, e l'idea di Lemaître fu ripresa soltanto dopo la seconda guerra mondiale. Nel 1948 il fisico Gamow e i suoi collaboratori studiarono le reazioni nucleari che avrebbero potuto verificarsi quando l'universo era caldo e denso.

Che l'universo non fosse eterno appariva però ancora inaccettabile a diversi fisici ed astronomi; nel 1949, nel corso di un popolare programma radiofonico della BBC, l'ipotesi di un'origine dell'universo fu battezzata sprezzantemente "idea del Big Bang" dall'astrofisico inglese Fred Hoyle, il quale propose in alternativa, contemporaneamente ai colleghi Bondi e Gold, un universo in espansione ma immutabile, senza un'origine nel passato, e con densità costante nel tempo: per compensare la diminuzione di densità dovuta all'espansione, Hoyle ipotizzò la creazione continua di nuova materia. In questo caso, dunque, stelle e galassie nascono, invecchiano e muoiono, ma vengono regolarmente sostituite da altre. L' universo ha pertanto le stesse proprietà non solo nello spazio, come nel caso del Big Bang, ma anche nel tempo: questa è l'essenza del cosiddetto principio cosmologico perfetto. Le due teorie si sono fronteggiate per diversi anni, ma le osservazioni hanno alla fine confermato la validità del Big Bang.

È forse bene chiarire prima che cosa si intende oggi per teoria del Big Bang. Essa non pretende di descrivere l'istante iniziale, ma è in grado di spiegare in che modo dalla fase ad alta densità e temperatura in cui si trovava l'universo nei primi secondi di vita si è arrivati all'universo che noi osserviamo. In effetti sappiamo che la relatività generale non è più idonea a descrivere l'universo negli istanti iniziali, quando la scala dell'universo era confrontabile con la cosiddetta lunghezza di Planck, 10-33cm, ovvero quando l'universo aveva un' età di
10-43 secondi, dobbiamo prendere in considerazione gli effetti quantistici; purtroppo non disponiamo ancora di una teoria che unifichi meccanica quantistica e relatività generale, e non è ancora possibile sapere se la nuova teoria eliminerà o no la singolarità iniziale. La miglior candidata a questo ruolo appare essere la teoria delle supercorde, ma è difficile al momento attuale prevederne gli sviluppi.

Una prima conferma del Big Bang viene dal confronto fra l'età delle stelle più vecchie e l'età dell'universo, stimata a partire dall'inverso della costante di Hubble (occorre in realtà scegliere anche un modello cosmologico). Si ottengono infatti età comprese fra i 12 e i 15 miliardi di anni: il che rappresenta un ottimo accordo, considerando gli errori sulle osservazioni e le incertezze sui vari parametri.

Il successo più importante della teoria del Big Bang rimane comunque la spiegazione delle abbondanze degli elementi. Attorno al primo secondo di vita, l'universo era composto da protoni, neutroni, elettroni, fotoni, e neutrini. Per qualche minuto, finché temperatura e densità furono abbastanza elevate, una serie di reazioni nucleari portò alla formazione di nuclei di elio (due protoni e due neutroni legati dalle forze nucleari) e, in misura minore, di altri elementi leggeri. Le abbondanze previste dalla teoria del Big Bang sono in buon accordo con le osservazioni, che mostrano come l'elemento più diffuso nell'universo sia l'idrogeno (75%), seguito dall'elio, mentre gli elementi più pesanti rappresentano soltanto una frazione trascurabile della densità totale. Con il procedere dell'espansione, e la conseguente diminuzione di densità e temperatura, la nucleosintesi primordiale si è arrestata. Gli elementi più pesanti che ritroviamo in abbondanza sulla Terra e che sono essenziali per la vita, come il carbonio, l'azoto o l'ossigeno, sono stati invece prodotti dalla fusione nucleare all'interno delle stelle. Le stelle risplendono infatti per gran parte del tempo trasformando idrogeno in elio, e solo nell'ultima parte della loro vita esse sintetizzano elementi più pesanti. Le prime stelle più massicce — quelle, cioè, che consumano il loro combustibile nucleare più in fretta — hanno diffuso nello spazio interstellare gli elementi pesanti da loro sintetizzati esplodendo come supernovae. Questi elementi sono poi finiti nel gas che, per contrazione gravitazionale, ha dato origine ad altre stelle, come il nostro Sole. Vedremo meglio in seguito la problematica aperta dalla relazione fra le proprietà osservate dell'universo e la vita, ma si può già sottolineare il fatto che la nostra esistenza appare legata ad una straordinaria catena di coincidenze, che si possono far risalire in ultima analisi ai valori delle costanti fisiche fondamentali.

Dopo la nucleosintesi, vi è stato un altro evento importante che costituisce un'ulteriore conferma della validità del Big Bang. Alcune centinaia di migliaia di anni dopo l'istante iniziale, la temperatura si abbassò fino a poche migliaia di gradi, permettendo ad elettroni e protoni di legarsi in modo stabile, formando atomi neutri di idrogeno: è l'epoca della ricombinazione. Soltanto allora la luce cominciò a propagarsi liberamente nello spazio: l'universo divenne così "trasparente". Con l'espansione, la lunghezza d'onda di quei fotoni è via via aumentata, e la loro energia diminuita: noi oggi ci ritroviamo ancora immersi in un oceano cosmico di fotoni, la cui temperatura equivale soltanto a 2,73 gradi sopra lo zero assoluto. Si tratta della cosiddetta radiazione cosmica di fondo, osservata per la prima volta nel 1965 da Penzias e Wilson; le osservazioni successive a varie lunghezze d'onda, e in particolare quelle del satellite della NASA COBE (COsmic Background Explorer), hanno confermato che essa ha le caratteristiche previste dalla teoria del Big Bang. Non solo: con il Very Large Telescope europeo in Cile sono state recentemente compiute osservazioni di una lontana nube di gas ad un redshift superiore a 2. Poiché la velocità della luce è finita, quanto più è lontano un oggetto, tanto maggiore è il tempo che la sua luce impiega per raggiungerci. Dunque le suddette osservazioni mostrano come era la nube nel lontano passato, quando l'universo aveva un' età di pochi miliardi di anni, e permettono di stimare quale fosse allora la temperatura della radiazione di fondo, che risulta effettivamente più elevata di quella attuale, come previsto dalla teoria del Big Bang.


 
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view post Posted on 19/11/2008, 20:45

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Materia oscura ed energia del vuoto

La temperatura della radiazione di fondo risulta essere fortemente isotropa, ovvero il suo valore rimane quasi costante in qualunque direzione la si misuri. Ciò costituisce una conferma dell'ipotesi che la materia nell'universo sia distribuita uniformemente: altrimenti, se al momento della ricombinazione la materia fosse stata molto disomogenea, avrebbe dovuto causare delle significative fluttuazioni di temperatura nella radiazione di fondo.

L'universo che osserviamo attraverso i nostri telescopi non appare però affatto omogeneo. Innanzitutto le galassie si trovano in gruppi ed ammassi; inoltre sono state osservate strutture ancora più grandi e complesse, come enormi vuoti, filamenti e "muraglie" di galassie, su scale dell'ordine di 100 milioni di anni-luce (come si può vedere in figura 3). È dunque inevitabile supporre che, all'epoca della ricombinazione, vi fossero piccole fluttuazioni di densità nel gas primordiale. In tal modo le zone in cui la densità era un po' più alta, esercitando un'attrazione gravitazionale superiore, hanno progressivamente inglobato la materia circostante sino a formare stelle e galassie, a coronamento di un processo durato alcune centinaia di milioni di anni. Le fluttuazioni di densità, a loro volta, hanno generato piccole fluttuazioni nella temperatura della radiazione di fondo, che sono state effettivamente rivelate nel 1992 da COBE (figura 4). Le variazioni sono però di appena un centomillesimo rispetto alla temperatura media, e anche 15 miliardi di anni non sarebbero apparentemente bastati per formare le galassie e le altre strutture osservate. Si tenga presente che la gravità è in competizione con l'espansione, la quale rallenta il processo di accrescimento gravitazionale della materia.



Figura 4. Mappa del cielo che mostra le variazioni di temperatura nella radiazione cosmica di fondo, misurate per la prima volta da COBE, un satellite della NASA, nel 1992. Queste variazioni sono la traccia fossile delle fluttuazioni di densità esistenti quando l'universo aveva poche centinaia di migliaia di anni, che hanno poi portato alla formazione delle galassie

Allo scopo di risolvere questo problema, gli astrofisici hanno fatto ricorso alla materia oscura. In effetti, sappiamo che nell'universo vi è una gran quantità di materia "invisibile", di cui non riusciamo ad osservare una radiazione elettromagnetica, né come luce visibile, né come onde radio o raggi X e gamma. La materia oscura però esiste, in quanto ne vediamo gli effetti gravitazionali sul moto delle stelle e del gas nelle galassie, e delle galassie stesse negli ammassi. Si stima che nelle galassie vi sia 10 volte più massa di quella che noi possiamo osservare sotto forma luminosa, e che negli ammassi di galassie vi sia una massa almeno 100 volte superiore.

Che cos'è dunque la materia oscura? È improbabile che si tratti soltanto di stelle poco luminose o di buchi neri, ovvero di materia sotto forme a noi note, composta da particelle familiari come protoni, neutroni e elettroni, in quanto ci sono dei forti limiti alla quantità di tali particelle che possono essersi formate nell'universo primordiale. I neutrini sono un candidato possibile per la materia oscura, e potrebbero effettivamente essere dotati di massa, ma questa risulta troppo piccola per dare un contributo cosmologico dominante; inoltre le simulazioni effettuate al calcolatore mostrano che neanche con i neutrini è possibile riprodurre le caratteristiche delle strutture osservate. Si deve dunque supporre che esistano particelle più massicce, come suggeriscono le teorie di grande unificazione della fisica. I candidati però sono tanti, e l'esistenza di almeno una di queste particelle è ancora tutta da dimostrare.

Dal punto di vista della formazione delle galassie, le fluttuazioni di densità della materia oscura potevano essere sufficientemente grandi da permettere la formazione delle strutture osservate senza alterare l'isotropia della temperatura della radiazione cosmica di fondo. La formazione delle galassie è descritta nel capitolo seguente: qui vogliamo soprattutto sottolineare come la presenza di materia oscura influisca sulla geometria dello spazio e sul destino dell'universo. Infatti, come abbiamo visto, quanto più alta è la densità di materia nell'universo, tanto più forte è l'attrazione gravitazionale che rallenta l'espansione. Anche se consideriamo il contributo della materia oscura nelle galassie e negli ammassi di galassie arriviamo soltanto a un terzo della densità necessaria per chiudere l'universo. Fino a poco tempo fa, si pensava che la densità critica potesse essere raggiunta lo stesso, qualora la materia oscura fosse distribuita in modo diverso da quella luminosa. Gli studi e le osservazioni più recenti mostrano però che la densità di materia è davvero inferiore alla densità critica, e suggeriscono un quadro ancora più sorprendente: la materia di qualunque tipo, sia essa luminosa od oscura, non è la componente principale dell'universo! Infatti le analisi dei risultati dell'esperimento italo-americano Boomerang (si tratta di osservazioni effettuate da un telescopio a bordo di un pallone che ha volato ad un'altezza di 38 km sull'Antartico), mostrano in modo convincente che le fluttuazioni nella radiazione di fondo hanno le caratteristiche aspettate nel caso di un universo con densità uguale a quella critica, vale a dire con geometria piatta. Ma se, come si è visto, la densità di materia, tenendo conto sia di quella luminosa che di quella oscura, non può essere superiore ad un terzo della densità critica, che cos'è che si nasconde nello spazio e contribuisce ai rimanenti 2/3 della densità dell'universo? Un'informazione utile per rispondere a questo interrogativo ci viene dalle osservazioni di supernovae lontane, le quali indicano che l'espansione dell'universo sta accelerando, e non rallentando. Questa accelerazione è la caratteristica di una costante cosmologica positiva, la quale agisce come una forza repulsiva e contribuisce con la sua densità di energia alla densità totale dell'universo (ricordiamo che in relatività materia ed energia sono equivalenti). Da un punto di vista fisico, si ritiene che questo effetto sia riconducibile all'energia del vuoto. Nella fisica moderna, infatti, lo spazio vuoto non corrisponde affatto al "nulla" filosofico; in esso, grazie al principio di indeterminazione di Heisenberg, appaiono e scompaiono coppie di particelle-antiparticelle che sono virtuali, ma che hanno effetti tangibili: è proprio grazie a loro, infatti, che il vuoto può avere una densità di energia non nulla ed esercitare un effetto gravitazionale che si manifesta come una costante cosmologica. Il risultato sorprendente di queste ricerche, affascinante ma che non deve essere considerato come definitivamente acquisito, è che l'universo non è dominato dalla materia, neppure da una materia oscura sotto forme a noi ancora ignote, ma dall'energia dello spazio vuoto! E il destino del nostro universo sembra essere, a questo punto, quello di un'espansione senza fine.
 
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view post Posted on 23/11/2008, 19:29

ottimo

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Principali tappe dell'evoluzione dell'universo.


Oltre il Big Bang




Nonostante i numerosi successi, sappiamo che la teoria del Big Bang lascia senza risposta alcuni interrogativi fondamentali: ci costringe infatti ad imporre delle condizioni iniziali particolari per spiegare certe proprietà dell'universo. Qual è la causa delle fluttuazioni di densità che hanno dato origine alle galassie? Perché la temperatura della radiazione di fondo proveniente da regioni di cielo situate in direzioni opposte è così simile, visto che tali regioni non hanno mai potuto comunicare tra di loro? È poi una coincidenza sospetta il fatto che l'universo abbia una densità così vicina (se non uguale) alla densità critica. Occorre poi spiegare perché non siano mai stati rivelati sperimentalmente monopoli magnetici, mentre in teoria nell'universo primordiale se ne dovrebbe essere formato un numero enorme.

Tutte queste domande trovano una risposta se nelle prime fasi di vita dell'universo, e per un brevissimo periodo di tempo, l'espansione è stata enormemente più rapida di quella attuale, ovvero se è avvenuta in modo esponenziale: è l'ipotesi dell'inflazione. In tal caso, una regione microscopica di spazio si sarebbe gonfiata sino ad assumere la scala attuale dell'universo. Le fluttuazioni quantistiche, necessariamente presenti su scale microscopiche, avrebbero così assunto dimensioni macroscopiche, originando le fluttuazioni di densità che hanno dato origine alle galassie. Le diverse regioni dell'universo osservabile sarebbero state in contatto nel passato, e questo spiegherebbe l'alto grado di isotropia della radiazione cosmica di fondo. Inoltre, l'espansione rapidissima reso piatta la geometria dell'universo. Questo fenomeno può essere chiarito riprendendo l'analogia del pallone: la superficie di un pallone di calcio ci appare evidentemente curva, ma se immaginiamo di gonfiare il pallone fino a fargli assumere le dimensioni della Terra, la sua curvatura non è più immediatamente percepibile (non a caso l'umanità per lungo tempo ha creduto che la Terra fosse piatta). Infine, i monopoli magnetici, per quanto numerosi, sarebbero stati enormemente diluiti, mentre la materia che è oggi presente nell'universo si sarebbe formata al termine dell'espansione esponenziale. Ci si aspetta inoltre che in origine vi fosse soltanto un'unica forza fondamentale; col diminuire della temperatura, l'universo sarebbe passato attraverso delle transizioni di fase, in corrispondenza delle quali si sarebbe separata prima la forza di gravità, poi quella forte, infine l'elettromagnetismo e la forza debole.

Se questo quadro generale ha una sua giustificazione fisica nelle moderne teorie di Grande Unificazione, occorre sottolineare che l'inflazione non ne discende necessariamente. Non sono ancora chiari i meccanismi attraverso i quali l'inflazione comincia e, soprattutto, finisce, e così sono stati prodotti diversi scenari di inflazione, ognuno dei quali non è esente da difetti. Per di più le possibili verifiche sperimentali di tali scenari non sono immediate. Resta il fatto che l'andamento delle fluttuazioni di temperatura nella radiazione cosmica di fondo è in accordo con quanto previsto dall'inflazione, l'unica idea sinora proposta che sia in grado di dare una risposta ai problemi precedentemente elencati.
 
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view post Posted on 23/11/2008, 21:14

ottimo

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Questa figura mostra che variando anche di poco l'intensità della forza elettromagnetica (sulle ascisse) e della forza elettromagnetica (sulle ordinate), le proprietà dell'universo cambiano drasticamente, e che solo in una ristretta zona del grafico i valori permettono l'esistenza della vita; in quella zona è indicato il punto corrispondente ai valori misurati (da M. Tegmark, Annals of Physics, 1998, vol. 270, pp. 1-51.



L'universo e la vita: caso o necessità?


Dal punto di vista storico, la visione del rapporto tra uomo e cosmo ha subito tre importanti rivoluzioni. Nel XVI secolo, in seguito alla rivoluzione copernicana, l'umanità ha perso la sua posizione privilegiata al centro dell'universo. Nel XIX secolo, la teoria di Darwin ha mostrato che la specie umana è il risultato di un processo evolutivo non finalizzato; le diverse e complesse forme di vita, il cui adattamento all'ambiente era visto un tempo come il risultato della Divina Provvidenza, si sono in realtà esse stesse adattate all'ambiente circostante. Infine, la cosmologia del XX secolo ha compiuto la terza rivoluzione, con la scoperta che l' universo stesso non è immutabile, ma è in evoluzione.

La presenza della vita sulla Terra — e ancor più di una civiltà tecnologicamente avanzata — ci appare dunque un evento casuale e contingente, anche se si è probabilmente verificato altrove nell'universo. Questa considerazione ci conduce però ad una revisione del principio copernicano. La nostra esistenza richiede infatti condizioni assai speciali (ad esempio, non tutte le stelle hanno dei pianeti, e non tutte quelle con un sistema planetario hanno pianeti come la Terra). Appare dunque ragionevole affermare che i valori di tutte le quantità fisiche e cosmologiche non sono ugualmente probabili, ma sono vincolati dal fatto che devono esistere luoghi in cui la vita basata sul carbonio ha potuto evolvere, e che l'universo deve essere abbastanza vecchio da averne consentito l'evoluzione: questo è l'enunciato del cosiddetto principio antropico debole.

Più controversa è senz'altro la formulazione forte del principio antropico: essa afferma che l'universo deve avere quelle proprietà che consentono lo sviluppo della vita intelligente in qualche momento della sua storia. Questo principio nasce dalla constatazione che non solo le costanti fondamentali hanno valori particolari, non deducibili da alcuna teoria fisica attuale, ma anche che quei valori appaiono critici: se fossero diversi, seppur di poco, non si determinerebbero più le condizioni necessarie alla nascita della vita.

La figura 6 mostra ad esempio che cosa succederebbe se si variasse l'intensità dell'interazione elettromagnetica e di quella forte. Perché, dunque, di tutti i valori immaginabili, le costanti fondamentali hanno assunto proprio quelli che permettono lo sviluppo della vita e dell'intelligenza? Un'ipotesi attualmente di moda fra i cosmologi è che esista un insieme di universi dove le costanti fisiche assumono effettivamente valori diversi. Questa ipotesi si può inserire in uno scenario inflazionario, nel quale il nostro universo è soltanto una "bolla" fra tante altre. Il nostro sarebbe semplicemente uno fra gli universi possibili, magari rarissimo, ma con le caratteristiche necessarie per la nostra esistenza: naturalmente, gli universi che non hanno quelle caratteristiche non potranno mai essere osservati da nessuno.

Un tale dibattito si colloca evidentemente ai confini (spesso anche al di là) della scienza. L'obiettivo di una spiegazione ultima dell'universo, nella sua totalità, attraverso la formulazione di una Teoria del Tutto, che rappresenta ormai il Sacro Graal della fisica, è un obiettivo ancora lontano, se mai raggiungibile. La storia induce ad un atteggiamento umile e prudente. Dopotutto, fino al XVI secolo si pensava che l'universo fosse racchiuso entro la sfera delle stelle fisse e la sfera delle stelle fisse è andata in frantumi. Fino agli inizi del XX secolo si riteneva che la Via Lattea rappresentasse l'intero universo stellare e invece sono state scoperte altre galassie (e non a caso furono inizialmente chiamate universi-isola). Ora si considera la possibilità che ciò che chiamiamo universo non sia davvero l'Universo, inteso come totalità di ciò che esiste, obbligandoci a coniare neologismi quale quello di "Multiverso". Senza contare che la nostra descrizione fisica dell'universo non include la nostra coscienza, ma allora il discorso ci porterebbe troppo lontano.

Che l'universo osservabile sia in espansione e che fosse nel passato in uno stato ad alta densità e temperatura, più di 10 miliardi di anni fa, appare un dato incontrovertibile e rappresenta una grande scoperta della scienza del XX secolo. Ma davvero l'Universo ha avuto un'origine? Ha ancora un senso la nozione di tempo nell'universo primordiale? La cosmologia è destinata a compiere grandi progressi nel XXI secolo: sono entrati in funzione da pochi anni grandi telescopi a Terra con specchi fino a 10 metri di diametro e sono già in fase di studio nuovi telescopi fino a 100 metri di diametro, mentre sarà lanciato un nuovo telescopio spaziale di 8 metri. La fisica teorica ci riserva senz'altro nuove straordinarie sorprese riguardanti il mondo microscopico e l'universo primordiale. Nonostante ciò, appare improbabile che si riesca a levare definitivamente il velo che nasconde alla nostra comprensione l'origine ultima dell'Universo, ma forse, come nel caso del Sacro Graal, ciò che importa non è tanto arrivare alla meta, quanto ciò che si apprende cercando di raggiungerla.


 
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5 replies since 5/11/2008, 13:29   43 views
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