Archimede

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view post Posted on 16/11/2008, 15:30

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Archimede



Non abbiamo notizie sicure sulla vita di Archimede: l'unica data certa è quella della sua morte avvenuta durante la conquista di Siracusa nel 212 a.C. Secondo il grammatico bizantino Tzetze (XII sec.) avrebbe avuto allora 75 anni.

Si racconta che il padre fosse l'astronomo Fidia. In gioventù, Archimede avrebbe avuto modo di conoscere i discepoli di Euclide durante la sua residenza ad Alessandria. Sarebbe poi ritornato a Siracusa, dove si dedicò all' attività scientifica e fu in rapporti con il sovrano Gerone. Riguardo alla sua morte, avvenuta in occasione dell'assedio romano di Siracusa durante la seconda guerra punica, sembra che un soldato romano, non avendolo riconosciuto, lo uccise, mentre il console Marcello ne avrebbe voluta salva la vita

(Malista de to Arximhdhj paqoj hniase Markellon. Etuxe men gar autoj ti kaq'eauton anaskopwn epi diagrammatoj: kai th qewria dedwkwj ama thn te dianoian kai thn prosoyin ou prohsqeto thn katadromhn twn Rwmaiwn oude thn alwsin thj polewj:

Ma più di tutto Marcello fu addolorato dalla sventura che toccò ad Archimede. Per una malaugurata circostanza lo scienziato si trovava solo in casa e stava considerando una figura geometrica, concentrato su di essa, oltreché con la mente, anche con gli occhi, tanto da non accorgersi che i Romani invadevano e conquistavano la città.)





 
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view post Posted on 16/11/2008, 20:37

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Fu matematico, fisico, inventore di grandissima genialità. I suoi studi e le sue scoperte ebbero enorme importanza nella storia della scienza. Nacque a Siracusa, in Sicilia, nel 287 avanti Cristo, ma compì i suoi studi ad Alessandria, con i seguaci di Euclide. La sua fama è legata soprattutto alle sue scoperte nel campo della geometria e dell'idrostatica, una scienza che studia l'equilibrio dei fluidi. In meccanica creò la vite senza fine, la carrucola mobile, le ruote dentate. Si deve a lui la teoria della leva che lo portò a pronunciare la famosa frase «Datemi un punto d'appoggio e vi solleverò il mondo». Il celebre 'principio di Archimede', da cui derivò la legge sul peso specifico dei corpi, sarebbe stato scoperto dallo scienziato in circostanze singolari. Gerone, re di Siracusa, sospettava che l'orefice che gli aveva fornito la corona, invece di oro massiccio avesse usato una mistura d'oro e d'argento. Il sospettoso re incaricò Archimede, suo amico personale, di scoprire la frode senza però intaccare la corona.
Fu così çhe Archimede diede inizio a una serie di ricerche e di studi che lo condussero a porre le basi dell'idrostatica. Uomo di scienza e di studi, Archimede venne costretto, suo malgrado, a trasformarsi in inventore d'armi quando Siracusa entrò in guerra con Roma. La lotta sarebbe stata impari e il risultato a favore dei Romani scontato, se Archimede, su continue pressioni di Gerone, non avesse creato delle macchine militari perfette. Catapulte che lanciavano pietre enormi contro le navi lontane; uncini di ferro che aggregavano le navi più vicine e le sconquassavano; massi che venivano spinti dalla cima delle colline, mediante il sistema della leva, e cadevano sugli invasori; feritoie dalle quali partivano, con un effetto che oggi chiameremmo a mitraglia, nugoli di frecce; specchi dì bronzo che, concentrando i raggi del sole, bruciavano a distanza (ma forse è una leggenda) le navi nemiche: furono queste le macchine da guerra che tennero in scacco i Romani, di gran lunga più potenti, per tre anni.Con la testa fra le nuvole. A questi studi militari Archimede si dedicò soltanto per accontentare il suo amico re. Il suo campo, come lo definiremmo oggi, era quello della ricerca pura e anche nel comportamento Archimede era il prototipo dello scienziato. Trascurato nella persona, oltremodo distratto, si dice che a volte dimenticasse persino di mangiare. Quando gli si presentava alla mente un problema particolarmente urgente, con la punta del dito si disegnava sul corpo, unto d'olio, i dati del problema. Singolare fu il modo in cui giunse a una delle sue più importanti scoperte: «Ogni corpo immerso in un liquido è sottoposto a una spinta verticale diretta dal basso verso l'alto uguale al peso del liquido che esso sposta». Enunciato per sommi capi, è questo il famoso principio di Archimede, una delle basi dell'idrostatica in particolare, e dell'intera storia della scienza in generale. Archimede giunse a tale fondamentale intuizione mentre, facendo il bagno, si rese conto che il suo corpo, nell'acqua sembrava più leggero. Questo fatto, elaborato dall'istintiva fulmineità del suo genio, gli permise di giungere immediatamente all'intuizione, se non alla formulazione, del suo principio. La classica scintilla che balena in una frazione di secondo e che illumina di sé tutti i secoli a venire. Narrano le cronache del tempo che il distrattissimo Archimede, preso da improvviso entusiasmo per la scoperta, uscisse nudo di casa e corresse per le vie di Siracusa, tra gli sguardi attoniti dei suoi concittadini, gridando «Eureka! Eureka!» (Ho trovato! Ho trovato!). Proprio la sua distrazione fu causa della sua morte. Durante il saccheggio di Siracusa il console Marcello, comandante delle truppe romane, grande ammiratore del genio di Archimede, aveva dato ordine che venisse risparmiata la vita all'uomo che, con le sue continue invenzioni, per tre anni aveva bloccato e semidistrutto la sua flotta. Archimede, incurante di quanto stava succedendo attorno a lui, era intento ai suoi studi, completamente chiuso nel suo mondo di ricerca e di pensiero.





Quando un soldato romano gli si avvicinò e gli chiese chi fosse, Archimede non gli rispose. Molto probabilmente non lo aveva sentito. Allora il soldato, irritato, non avendolo riconosciuto, lo uccise. Era l'anno 212 avanti Cristo. Marcello, addolorato per la morte del genio, gli fece tributare solenni onoranze funebri. Indi, come perenne tributo alla sua mente prodigiosa, gli fece erigere una tomba sulla quale, secondo il volere dello stesso Archimede, venne posta una sfera inscritta in un cilindro con i numeri che regolano i rapporti fra questi due solidi. Il monumento esiste ancora.Delle opere di Archimede ricordiamo: «Della sfera e del cilindro», «Dell'equilibrio dei piani e loro centro di gravità », «Misura del cerchio», «Arenario», «Sui corpi galleggianti
 
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view post Posted on 17/11/2008, 20:35

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Le scoperte matematiche e fisiche di Archimede

Il principale interesse di Archimede fu la matematica. Ottenne dei risultati in svariati campi. Archimede fece importanti osservazioni sulle proprietà del cerchio ed approssimò p.

Archimede si interessò anche di fisica: formulò infatti una teoria sui principi idrostatici ritenuta valida tutt'oggi. Fra i suoi studi vi furono quelli che interessano il meccanismo che oggi chiamiamo leva.

Condusse, infine, altri studi sull'astronomia. Escogitò un complesso congegno per studiare i moti del Sole e della Luna: la macchina di Anticitera
 
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view post Posted on 17/11/2008, 21:32

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Kuklou metrhsij
La misura del cerchio
Le tre proposizioni



 
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view post Posted on 17/11/2008, 22:25

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L'approssimazione di p
Nel suo calcolo approssimato del rapporto tra circonferenza di un cerchio e diametro, Archimede diede un'ulteriore prova della sua abilità di calcolo. Partendo dall'esagono regolare inscritto, egli calcolò i perimetri dei poligoni ottenuti raddoppiando successivamente il numero dei lati fino a raggiungere novantasei lati. Il procedimento iterativo da lui usato per questi poligoni si ricollegava a quello che viene talvolta chiamato l'algoritmo archimedeo. Si sviluppa la serie Pn, pn, P2n, p2n, P4n, p2n, ..., dove Pn e pn sono i perimetri dei poligoni regolari di n lati circoscritti ed inscritti. A partire dal terzo termine, si calcola ogni termine in base ai due termini precedenti prendendo alternativamente le loro medie armonica e geometrica.

Il suo metodo per calcolare le radici quadrate, per trovare il perimetro dell'esagono circoscritto e per calcolare le medie geometriche era simile a quello usato dai Babilonesi.
Il risultato del calcolo archimedeo relativo alla circonferenza era costituito da un'approssimazione al valore di p espressa dalla disuguaglianza 3(10/71) < p< 3(10/70), che era un valore migliore di quello ottenuto dagli Egiziani e dai Babilonesi (va tenuto presente che né Archimede, né alcun altro matematico greco fece mai uso della nostra notazione p, per indicare il valore del rapporto tra la circonferenza di un cerchio e il suo diametro). Questo risultato viene presentato da Archimede nella Proposizione 3 del trattato Sulla misurazione del cerchio, una delle opere più popolari di Archimede durante il periodo medievale. Questo piccolo trattatello, che è probabilmente incompleto nella forma in cui ci è pervenuto, comprende soltanto tre proposizioni, una delle quali è la dimostrazione, mediante il metodo dell'esaustione, del teorema secondo cui l'area del cerchio è uguale a quella di un triangolo rettangolo che abbia come lati la circonferenza e il raggio del cerchio stesso. E' poco probabile che Archimede sia stato lo scopritore di questo teorema, giacché esso viene presupposto nella quadratura del cerchio attribuita a Dinostrato.
 
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view post Posted on 17/11/2008, 22:55

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Il principio idrostatico

Archimede a buon diritto può essere chiamato il padre della fisica matematica, non solo per il suo trattato Sull'equilibrio dei piani, ma anche per un altro trattato in due libri, Sui galleggianti. Anche qui, partendo da un semplice postulato sulla natura della pressione dei fluidi, ottenne alcuni risultati molto profondi. Fra le proposizioni iniziali ve ne sono due che formulano il noto principio della spinta idrostatica di Archimede:
Qualsiasi solido più leggero di un fluido, se collocato nel fluido, si immergerà in misura tale che il peso del solido sarà uguale al peso del fluido spostato (I, 5)
Un solido più pesante di un fluido, se collocato in esso, discenderà in fondo al fluido e se si peserà il solido nel fluido, risulterà più leggero del suo vero peso, e la differenza di peso sarà uguale al peso del fluido spostato (I, 7)

La deduzione matematica del principio che regola il comportamento dei corpi galleggianti fu indubbiamente la scoperta che fece balzar fuori dal bagno il distratto Archimede, che corse a casa nudo gridando "Eureka!" (Ho trovato!).
Può anche darsi, sebbene sia meno verosimile, che tale principio lo abbia aiutato a verificare l'onestà di un orefice sospettato di avere fraudolentemente sostituito con dell'argento l'oro di una corona (o più probabilmente di una ghirlanda), fabbricata per il re Gerone di Siracusa, amico (se non parente) di Archimede. Tale frode avrebbe potuto facilmente essere scoperta per mezzo del metodo più semplice, consistente nel confrontare le densità dell'oro, dell'argento e della corona mediante il semplice accorgimento di misurare gli spostamenti di acqua quando pesi uguali di ciascuna sostanza vengono immersi uno alla volta in un recipiente colmo d'acqua. L'architetto romano Vitruvio attribuisce ad Archimede quest'ultimo metodo, mentre un poema latino anonimo scritto verso il 500 d.C., intitolato De ponderibus et mensuris, riferisce che Archimede si servì del principio della spinta idrostatica.

Il trattato archimedeo Sui galleggianti contiene molte altre scoperte oltre alle semplici proprietà dei fluidi che abbiamo descritto sin qui. Quasi tutto il secondo libro, per esempio, tratta della posizione di equilibrio di segmenti di paraboloidi quando siano immersi in un fluido, mostrando che la posizione di quiete dipende dal peso specifico relativo del paraboloide solido e del fluido in cui galleggia. Tipica di questa trattazione è la proposizione quarta:
Dato un segmento retto di un paraboloide di rivoluzione il cui asse a sia maggiore di 3/4 p (dove p è il parametro), e il cui peso specifico sia inferiore a quello di un fluido, ma abbia rispetto ad essa un rapporto non inferiore a (a - 3/4 p)^2 : a^2, se il segmento del paraboloide viene immerso nel fluido con l'asse inclinato secondo qualsiasi inclinazione rispetto alla verticale, ma in modo che la base non tocchi la superficie del fluido, non resterà in quella posizione, ma ritornerà nella posizione in cui l'asse è verticale.


 
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view post Posted on 17/11/2008, 23:23

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La leva



Archimede non fu il primo a far uso della leva e non fu neppure il primo a formularne il principio generale.

Alcuni scritti aristotelici contengono l'enunciazione del principio secondo cui due pesi posti su una bilancia si fanno equilibrio quando sono inversamente proporzionali alle rispettive distanze dal fulcro.

I peripatetici, poi, associavano questo principio con la loro ipotesi che il moto rettilineo verticale fosse l'unico moto terrestre naturale. Essi sottolineavano il fatto che gli estremi dei bracci disuguali di una bilancia, quando vengono fatti ruotare attorno al fulcro, tracciano circonferenze piuttosto che segmenti rettilinei: l'estremo del braccio più lungo si muove lungo una circonferenza più ampia e pertanto la sua traiettoria si avvicina di più al moto rettilineo verticale naturale di quanto non faccia l'estremo del braccio più corto. Pertanto il principio della leva è una conseguenza naturale di questo principio cinematico.
Archimede, d'altro canto, deduceva il principio da un postulato statico più plausibile, ossia che corpi a simmetria bilaterale sono in equilibrio. Supponiamo, cioè, che una sbarra imponderabile lunga tre unità e sostenente tre pesi unitari, uno a ciascuno degli estremi e uno

nel mezzo (vedi figura), sia in equilibrio su un fulcro situato nel centro. Per il postulato archimedeo di simmetria, il sistema è in equilibrio. Ma il principio di simmetria mostra anche che, considerando soltanto la metà destra del sistema, questo rimane comunque in equilibrio, se i due pesi, che sono distanziati di due unità, vengono avvicinati nel punto di mezzo del braccio destro. Ciò significa che un peso unitario posto a due unità di lunghezza dal fulcro sostiene sull'altro braccio un peso di due unità che sia collocato alla distanza di una unità dal fulcro.
Attraverso una generalizzazione di questo procedimento, Archimede stabilì il principio della leva, basandosi soltanto su principi statici, senza ricorrere al ragionamento cinematico aristotelico. Come insegna la storia della scienza, nel Medioevo sarebbe stata realizzata una sintesi tra i due punti di vista, statico e cinematico, che avrebbe comportato notevoli progressi sia nella scienza in generale, sia nella matematica in particolare.

Gli studi di Archimede sul principio della leva fanno parte del suo trattato, in due libri, Sull'equilibrio dei piani. Questo non è il più antico libro esistente su quella che potremmo chiamare scienza fisica: infatti, Aristotele, circa un secolo prima, aveva pubblicato un'opera molto nota in otto libri, intitolata Fisica. Ma mentre il metodo di trattazione aristotelico era speculativo e non-matematico, la trattazione archimedea era simile alla geometria di Euclide. Da due insiemi di semplici postulati Archimede deduceva alcune conclusioni molto astruse, stabilendo quella stretta relazione tra la matematica e la meccanica che doveva diventare così importante sia per la fisica, che per la matematica.
Il primo libro dell'Equilibrio dei piani prende in considerazione figure rettilinee e si chiude con la discussione sui centri di gravità del triangolo e del trapezio. Il secondo libro concentra l'attenzione sul centro di gravità di un segmento di parabola e comprende una dimostrazione del fatto che questo centro si trova sul diametro del segmento e divide questo diametro in segmenti che stanno nel rapporto di 3 a 2. Il procedimento usato per la dimostrazione è il noto metodo di esaustione. Uno studente che abbia una qualche familiarità con il calcolo infinitesimale e con il principio della leva può facilmente verificare il risultato.


La macchina di Anticitera




Nel 1902, presso il relitto di una nave, rinvenuto presso l'isola di Anticitera, tra il Peloponneso e Creta, furono trovati dei frammenti di rame fortemente corrosi, che apparivano i resti di un congegno di orologeria con complicati ingranaggi. Il meccanismo risale alla prima metà del I sec. a.C., ma il congegno apparve talmente diverso da qualsiasi oggetto noto risalente all'antichità classica, che alcuni studiosi sostennero che dovesse trattarsi di un moderno orologio, affondato casualmente nel luogo del relitto.

Le iscrizioni sui frammenti, leggibili solo in parte, mostrano come il congegno riguardasse i moti del Sole e della Luna. Secondo la ricostruzione di Price, il meccanismo costituiva una sorta di calendario perpetuo, che permetteva di calcolare le fasi della Luna, passate e future. A questo scopo, un complesso ingranaggio trasferiva il movimento da una ruota, che rappresentava il ciclo solare, a un'altra che indicava le rivoluzioni siderali della Luna, secondo il rapporto di 254 rivoluzioni siderali della Luna ogni 19 anni solari.

Dal punto di vista tecnologico, sono due le caratteristiche salienti del meccanismo. La prima è la complessità degli ingranaggi, che producono il rapporto desiderato, 254:19, con l'impiego di una ventina di ruote dentate. E' questa complessità che fa classificare l'oggetto tra i "lavori di orologeria". La seconda caratteristica è la più notevole ed è la presenza di un differenziale, cioè di un meccanismo che permette di ottenere una rotazione di velocità pari alla somma o alla differenza di due rotazioni date. La funzione del differenziale era quella di mostrare, oltre ai mesi lunari siderali, le lunazioni, ottenute sottraendo il moto solare al moto lunare siderale.

Price arriva alla conclusione che la presenza di questo singolo oggetto di alta tecnologia è sufficiente per modificare le nostre idee sulla civiltà classica e smentire definitivamente i luoghi comuni sul disprezzo dei Greci per la tecnologia e sull'insuperabile solco che l'istituzione della schiavitù avrebbe creato tra la teoria e le scienze sperimentali ed applicative.

Il più antico calcolatore a ingranaggi lo conosciamo col nome di Macchina di Anticitera, ed è dell’87 a.C. Anticitera era una piccola isola presso Creta; la macchina fu trovata tra i resti di una nave affondata. Solo nel 1951 si è cominciato a capire come funzionava. Si trattava di un complesso planetario, mosso da vari ingranaggi a ruote dentate, che serviva per calcolare il sorgere del sole, le fasi lunari, i movimenti dei 5 pianeti allora conosciuti, gli equinozi, i mesi e i giorni della settimana. La funzione di alcuni quadranti non è stata ancora ben chiarita. Per farlo funzionare bastava girare una piccola manovella. Con pochissime modifiche avrebbe potuto funzionare come un calcolatore matematico. Infatti, la sua logica di funzionamento, che era di molto superiore a quella degli orologi automatici ad acqua di quel tempo, sarà la stessa dei calcolatori meccanici che verranno costruiti prima di quelli elettronici.
 
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