| L'eredità di Attalo III
Nel 133 a.C. il re di Pergamo Attalo III aveva lasciato in eredità a Roma il proprio regno. Tiberio sostenne che era compito dei comizi tributi provvedere alla organizzazione dei nuovi territori. Con i proventi si sarebbe potuta finanziare la legge agraria.
Nella tradizione romana la politica estera era sempre stata una competenza del senato. L'azione di Tiberio non fece che portare contro di lui anche quei senatori che fino ad allora lo avevano sostenuto.
Tiberio cominciò ad essere visto come un aspirante alla tirannide e un perturbatore dell'ordine pubblico.
Scipione Nasica uccide Tiberio
Alla scadenza del mandato di tribuno, Tiberio si ricandidò per l'anno successivo. Un fatto che aveva avuto un solo precedente duecento anni prima.
Il giurista Mucio Scevola, fino ad allora favorevole a Tiberio, affermò la illegalità della rieleggibilità dei tribuni.
Il timore che Tiberio attentasse alla repubblica si diffuse.
Alcuni nobili, guidati dal pontefice massimo Scipione Nasica, cugino di Tiberio, decisero di ricorrere alla violenza.
Il giorno delle elezioni, Tiberio si recò in Campidoglio per una riunione dei suoi seguaci. Scoppiarono dei disordini.
Il senato era riunito in un tempio vicino sotto la presidenza di Mucio Scevola. Scevola rifiutò i poteri eccezionali offertigli.
Scipione Nasica si mise a capo di un gruppo di senatori e si recò alla riunione di Tiberio. Tiberio portò una mano alla testa per mostrare che la sua vita era in pericolo. Il gesto venne inteso come una richiesta della corona. I tumulti si intensificarono.
Scipione Nasica, protetto dalla sua carica religiosa, uccise Tiberio, forse personalmente, nei pressi del tempio di Giove Capitolino. Caddero altri trecento seguaci di Gracco.
Il corpo di Tiberio fu gettato nel Tevere. Aveva 29 anni.
Publio Cornelio Scipione Nasica Serapione dovette lasciare Roma per sottrarsi all'ira della folla. Venne inviato come ambasciatore in Asia Minore. Morì a Pergamo un anno dopo (132 a.C.).
Scipione Emiliano, la legge agraria e gli italici
La legge continuò ad essere applicata, anche se tra mille difficoltà.
Scipione Emiliano, che aveva approvato la morte violenta del cognato Tiberio, ritenuto colpevole di attentato allo stato, richiese di limitare il potere della commissione togliendole i casi controversi.
Scipione sollevò anche il problema degli italici che non avrebbero beneficiato della legge agraria, limitata ai cittadini romani, e anzi ne sarebbero stati seriamente danneggiati.
Nel 129 a.C. Publio Cornelio Scipione Emiliano Africano Minore morì alla vigilia del suo intervento in senato sulla questione degli italici e della legge agraria. Forse fu assassinato. Aveva 56 anni.
Fulvio Flacco
Nel 125 a.C. il console Fulvio Flacco propose di estendere la cittadinanza a tutti gli italici. La proposta venne respinta e il console venne inviato in Gallia a difendere Marsiglia dagli attacchi dei celti.
Fregelle
Dopo il rifiuto della proposta di Flacco la città di Fregelle, le cui rovine non sono lontane da Monte Cassino, si ribellò. Il pretore Lucio Opimio la rase al suolo (125 a.C.).
Gaio Gracco tribuno
Nel 123 a.C. Gaio Gracco, fratello di Tiberio, divenne tribuno. Gaio aveva scritto una biografia del fratello ed era stato membro della commissione triumvirale. Il movimento graccano riprendeva dopo dieci anni. Venne restituito nuovamente il potere alla commissione triumvirale.
Grano a prezzo politico
Gaio presentò subito la legge frumentaria:
- distribuzione di grano a prezzi ridotti per i ceti meno abbienti: sei assi e un terzo per ogni moggio, probabilmente la metà del prezzo di mercato;
- finanziamento della legge con i proventi della nuova provincia d'Asia.
La plebe romana passò dalla parte di Gaio.
I cavalieri giudici
Con una legge giudiziaria Gaio rivide la procedura per il reato di peculato nelle province:
- i giurati dovevano provenire dal ceto dei cavalieri, la seconda classe per censo, e non più dai senatori.
I cavalieri, che si occupavano prevalentemente di affari, si schierarono con Gaio.
I cavalieri pubblicani
Gaio fece una legge per concedere a compagnie di pubblicani condizioni favorevoli per l'appalto della riscossione delle tasse nella provincia d'Asia.
I cavalieri ringraziarono per la seconda volta.
Soldati a carico dello stato
Fino ad allora ai soldati veniva data una paga, ma da questa venivano sottratte le spese sostenute dallo stato per varie voci. Gaio eliminò la trattenuta per il vestiario.
La truppa più povera si avvicinò alle posizioni di Gaio.
Cartagine colonia di Gaio
Roma era solita fondare delle colonie a presidio di zone recentemente conquistate. Gaio riprese la tradizione e la estese anche fuori dall'Italia.
In Italia vennero fondate Minervia, presso Scolacium (odierna Squillace), e Neptunia presso Taranto.
Rubrio, un tribuno amico di Gaio, presentò una legge per la colonizzazione di Cartagine, distrutta nel 146 a.C. Grandi lotti di 200 iugeri (50 ettari) potevano soddisfare abbondantemente la richiesta di terra dei contadini. Ma anche i mercanti potevano trovare particolari facilitazioni.
Romani, latini, italici
Nel 125 a.C. era passata una legge che consentiva la rielezione alla carica di tribuno della plebe.
Gaio si ripresentò candidato a tribuno e fu rieletto per l'anno 122 a.C.
Propose una legge per l'assegnazione della cittadinanza romana a coloro che godevano del diritto latino, e la cittadinanza latina agli italici.
La plebe romana non gradì.
Votazioni per sorteggio
Dai tempi di Servio Tullio i romani votavano per centurie a partire da quelle appartenenti alle classi più ricche. Raggiunta la maggioranza assoluta si smetteva di votare. La classi più povere non votavano quasi mai. Gaio propose di modificare l'ordine di votazione.
L'opposizione a Gaio
Il tribuno Marco Livio Druso propose:
- di realizzare dodici colonie in Italia, ognuna con 3.000 uomini, con piena proprietà della terra ed esenzione dal canone di affitto;
- parificare la condizione dei romani e dei latini sotto le armi abolendo le pene corporali per questi ultimi.
Il console Gaio Fannio, portato al consolato da Gaio nel 122 a.C. ma ora schieratosi contro di lui, additò al popolo romano i pericoli che sarebbero derivati dalla estensione della cittadinanza agli italici.
Lucio Opimio contro Gaio
Nell'aprile-giugno del 122 a.C. Gaio si recò a Iunionia Carthago per istituire la nuova colonia con 6.000 famiglie provenienti da tutta Italia.
Nell'estate del 122 a.C. Gaio non venne rieletto.
Il 10 dicembre del 122 a.C. conservava solo il titolo di membro della commissione agraria e della commissione per Cartagine.
Nel 121 a.C. non potendo agire nell'ambito politico legale passò ad altre iniziative. Organizzò una guardia armata personale.
Il senato soppresse la colonia di Cartagine.
Si ebbero scontri tra i seguaci delle due fazioni. Uno dei servi del console Opimio rimase ucciso.
Con il senatus consultum ultimum, un provvedimento emesso per la prima volta, Lucio Opimio ottenne i pieni poteri. Vennero sospese le garanzie di legge.
Nell'aprile del 121 a.C. Gaio fu assediato sull'Aventino con i suoi. Dopo alcuni inutili negoziati venne sconfitto. Fuggì per il Ponte Sublicio. Raggiunse il bosco sacro della ninfa Furrina alle pendici del Gianicolo. Si fece uccidere da uno schiavo. Aveva 33 anni.
Lucio Opimio ristabilì l'ordine arrestando circa 3.000 graccani.
Nel 120 a.C. Lucio Opimio fu citato in giudizio dal tribuno P. Decio Subulone, ma venne assolto.
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