VERCINGETORIGE

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view post Posted on 17/11/2008, 21:06

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VERCINGETORIGE



Capo arverno ( Roma 46 a.C.). Figlio di un nobile, Celtillo, nel 52 a.C. aderì alla ribellione delle tribù galliche contro i Romani, ottenendone il comando, mentre gli Arverni lo acclamarono loro re.

Dopo alcuni insuccessi iniziali, adottando la tattica della a terra bruciata » per impedire i rifornimenti al nemico ed entrando la battaglia campale, riuscì a mettere in difficoltà Cesare, che subì un grave scacco all'assedio di Gergovia.

Ma, avventuratosi in campo aperto venne duramente sconfitto e si rinchiuse allora nella fortezza di Alesia. Dopo una difesa disperata, fallito anche il tentativo da parte di un grosso esercito di Galli di forzare dall'esterno il blocco posto dai Romani alla città, Vercingetorige si arrese consegnandosi al vincitore. Condotto a Roma, fu giustiziato dopo aver ornato il trionfo di Cesare nel 46.
 
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view post Posted on 17/11/2008, 22:02

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I due comandanti
Le notizie che ci giungono da questo condottiero Gallico sono esclusivamente legate al racconto di Cesare. Di sicuro si sa che era originario della tribù degli Arverni nella parte a sud della Francia attuale. Il suo prestigio era fondato sul gande coraggio (dote richiesta a tutti i capi gallici), sul fatto di provenire da una delle popolazioni dalle antiche tradizioni celtiche e di essere custode di un famoso sito druidico (i druidi erano i sacerdoti dei celti) meta di pellegrinaggio da parte delle tante tribù galliche. La sua origine quindi e l'autenticità del suo odio nei confronti dei romani fecero sì che Vercingetorige riuscisse lì dove nessuno mai prima di lui era riuscito, unire sotto un solo comandante tutte le popolazioni della Gallia. Cesare, che vedeva la faccenda dal suo punto di vista, afferma che questa impresa era riuscita a Vercingetorige grazie ad una serie di minaccie e lusinghe, nonchè di un dispotico autoritarismo.

Vercingetorige riuscì perfino ad infliggere una sconfitta a Cesare, a Gergovia , ma spinto dalle esigenze politiche interne ai suoi popoli affrontò Cesare in campo aperto e fu pesantamente sconfitto e costretto alla ritirata nella città di Alesia dove, nuovamente sconfitto, si offrì come prigioniero. Così ci racconta Plutarco: indossò l'armatura più bella, bardò il cavallo, uscì in sella dalla porta e fece un giro attorno a Cesare che lo aspettava seduto. Qui giunto scese da cavallo e spogliatosi delle armi restò in silenzio ai suoi piedi. Cesare lo portò a Roma come ornamento della sua vittoria, quindi lo fece uccidere (46 a.C.).
 
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