Le molecole della vita

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view post Posted on 19/11/2008, 13:45

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Introduzione
La maggior parte delle molecole presenti nelle cellule animali e vegetali, a parte l'acqua, è costituita da sistemi di grosse dimensioni (macromolecole), dove centinaia o migliaia di atomi sono connessi da legami chimici. Nonostante l'enorme complessità dei sistemi biologici e il numero elevato di elementi chimici disponibili sul pianeta, queste macromolecole sono composte principalmente da idrogeno, carbonio, azoto e ossigeno. Sebbene presenti in minore quantità, anche fosforo e zolfo giocano ruoli fondamentali nella struttura e nel metabolismo cellulare. Oltre a questi sei elementi, solo piccole quantità di metalli o alogeni entrano nella costruzione delle molecole biologiche, le quali possono essere classificate in quattro categorie principali: carboidrati, proteine, acidi nucleici e lipidi.

I carboidrati sono le molecole organiche più abbondanti in natura. Essi sono costituiti, fondamentalmente, da strutture idrocarburiche alle quali sono legati molti gruppi polari (essenzialmente gruppi OH) che rendono queste molecole altamente solubili in acqua. I carboidrati sono spesso rappresentati da grossi polimeri, noti come polisaccaridi, le cui unità monomere hanno struttura ciclica (anelli a cinque o sei membri come glucosio e fruttosio) legate fra di loro a formare lunghe catene lineari o ramificate. Le funzioni svolte dai carboidrati sono molteplici: essi rappresentano una riserva di energia chimica (glucosio, amido, glicogeno), sono parti essenziali delle strutture di supporto delle piante (cellulosa), così come delle pareti cellulari batteriche, e rappresentano componenti fondamentali degli acidi nucleici (D-ribosio e 2-deossi-D-ribosio).

Le proteine costituiscono un altro importantissimo gruppo di polimeri biologici con una grande versatilità di funzioni. Gli enzimi, ad esempio, sono una classe di molecole proteiche estremamente specializzate, con la funzione di catalizzare e regolarizzare le reazioni cellulari. Altre proteine sono deputate a funzioni di trasporto: l'emoglobina trasporta ossigeno dai polmoni alle zone dell'organismo che lo richiedono. Un ruolo analogo è svolto dalle emocianine nel caso, ad esempio, degli artropodi. Vi sono poi proteine che svolgono la funzione di supporti strutturali: il collagene, ad esempio, è la proteina principale del tessuto connettivo e delle ossa.

Gli acidi nucleici sono certamente le macromolecole di maggiori dimensioni presenti nella cellula. Queste molecole, che hanno la funzione di replicare e trascrivere l'informazione genetica, sono costituite da polimeri di due tipi: acidi deossiribonucleici (DNA) e acidi ribonucleici (RNA). Il DNA può essere definito come la molecola dell'eredità ed è il depositario dell'informazione genetica nelle cellule. Esso tuttavia non viene utilizzato direttamente nella sintesi delle proteine. Questa funzione è invece assolta dall'RNA che ha il compito di effettuare la trascrizione e la traduzione di questa informazione. Il flusso dell'informazione genetica può quindi essere diviso in due stadi fondamentali:
DNA (trascrizione) RNA (traduzione) Sintesi delle proteine. Una interessante eccezione a questo meccanismo è rappresentata da alcuni virus (retrovirus), nei quali l'informazione genetica è immagazzinata sotto forma di RNA anziché di DNA.

Infine, ricordiamo brevemente i lipidi, anche se questi non verranno trattati in dettaglio nelle successive sezioni. I lipidi, rappresentano una classe eterogenea di composti organici presenti in natura, che vengono raggruppati non tanto sulla base di gruppi funzionali specifici, quanto sulla base di proprietà comuni di solubilità. Essi hanno pochissima tendenza a essere solubili in acqua, ma sono fortemente solubili in solventi organici aprotici (per esempio dietiletere e acetone). Da questo punto di vista, dunque, il loro comportamento è molto diverso da quello di carboidrati, acidi nucleici e amminoacidi, che sono praticamente insolubili in solventi organici. Si possono suddividere i lipidi in due gruppi principali. Il primo gruppo è costituito dai lipidi strutturalmente caratterizzati da una porzione non-polare di grosse dimensioni (parte idrofobica) e da una porzione più piccola polare (parte idrofila). I triacilgliceroli, i fosfolipidi, le prostaglandine e le vitamine idro-solubili fanno parte di questo primo gruppo. Il secondo gruppo è invece costituito da composti che contengono il cosiddetto nucleo steroideo, un sistema tetraciclico di anelli che caratterizza, ad esempio, il colesterolo, gli ormoni steroidei e gli acidi biliari.

Nei paragrafi successivi esamineremo in dettaglio soprattutto la chimica di carboidrati e proteine, mentre descriveremo solo parzialmente gli acidi nucleici, facendo soprattutto riferimento alla struttura del DNA e al suo meccanismo di replicazione.
 
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view post Posted on 19/11/2008, 17:46

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Carboidrati

carboidrati sono una classe di composti costituiti da idrogeno, carbonio e ossigeno, il cui nome è dovuto al fatto che esso venne suggerito inizialmente per indicare un gruppo di composti organici, isolabili da sostanze naturali, di formula generale Cn(H2O)m, formalmente corrispondenti a idrati del carbonio. Dal punto di vista chimico i carboidrati corrispondono a polidrossialdeidi o polidrossichetoni oppure a composti in grado di produrre queste molecole per idrolisi. Questa definizione identifica immediatamente i gruppi funzionali presenti: gruppo aldeidico (CHO), gruppo chetonico (C=O) e funzioni alcoliche OH. La presenza simultanea dei gruppi OH e del gruppo aldeidico o chetonico, tuttavia, fa sì che la forma effettiva prevalente sia quella emiacetalica o emichetalica come vedremo nel seguito. Nella nomenclatura usualmente utilizzata per questi composti, vengono indicati come monosaccaridi o monosi i carboidrati che non sono in grado, per idrolisi, di dar luogo a zuccheri più semplici, il termine disaccaride indica uno zucchero in grado di fornire due unità monosaccaridiche, il termine trisaccaride tre unità monosaccaridiche e cosi via. I termini oligosaccaride e polisaccaride indicano, invece, zuccheri che, idrolizzati, danno da 2 a 10 molecole di monosaccaride o più di 10 rispettivamente. Esempi di monosaccaridi fortemente diffusi in natura sono il glucosio e il fruttosio, disaccaridi molto comuni sono il saccarosio (il comune zucchero da tavola) che può essere scisso in una molecola di glucosio e una di fruttosio e il maltosio che invece, idrolizzato, dà due unità di glucosio. Un polisaccaride estremamente diffuso è la cellulosa. La cellulosa, come anche l'amido, non è altro che un polimero del glucosio. Entrambi, sottoposti a idrolisi, danno molte unità di glucosio.

I monosaccaridi si possono classificare in base

al numero di atomi di carbonio presenti nella molecola (si utilizzano i termini triosi, tetrosi, pentosi, esosi, per indicare tre, quattro, cinque, sei atomi di carbonio rispettivamente) oppure
in base alla funzione aldeidica (aldosi) o chetonica (chetosi) presente.
Le due diverse terminologie si possono combinare tra di loro; così, un monosaccaride con sei atomi di carbonio e una funzione aldeidica diventa un aldoesoso, mentre se gli atomi di carbonio sono cinque e la funzione è di tipo chetonico si parla di chetopentoso

Struttura dei carboidrati: monosaccaridi

Struttura lineare del D-(+)-glucosio (secondo la proiezione di Fisher) e rappresentazione dei due enantiomeri D e L della gliceraldeide.

Esaminiamo in dettaglio la struttura del monosaccaride più diffuso in natura: il D-(+)-glucosio, un aldoesoso, mostrato in Figura 1. Il simbolo (+) indica che questo zucchero, come gli altri monosaccaridi, è otticamente attivo e ha la capacità di ruotare in senso orario il piano della luce polarizzata. Il simbolo D fa riferimento all'ultimo carbonio chirale (C5) e indica che la configurazione di quest'ultimo è la stessa del carbonio chirale della D-gliceraldeide. I due enantiomeri D e L della gliceraldeide sono mostrati anch'essi in Figura 1. La configurazione D o L della gliceraldeide può essere collegata facilmente a quella dei monosi, poiché tutti i monosi possono essere preparati a partire da questa molecola mediante una serie di allungamenti successivi della catena di atomi di carbonio (sintesi di Kiliani-Fisher). Per questo motivo si dice che un monosaccaride è di serie D o serie L a seconda che l'ultimo atomo di carbonio chirale della catena abbia la stessa configurazione della D o della L-gliceraldeide.


Rappresentazione schematica dell'attacco da parte del gruppo OH di un alcool sul carbonio carbonilico: l'attacco puo' avvenire su entrambe le facce del piano molecolare e porta alla formazione di due atomi di carbonio chirali con configurazione opposta. R indica lo scheletro residuo della molecola contenente la funzione alcolica.


La forma prevalente nella quale si trova il glucosio non è, in realtà, quella lineare corrispondente alla proiezione di Fisher e mostrata in Figura 1, ma una struttura ciclica, corrispondente, da un punto di vista chimico, ad un emiacetale. La struttura ciclica emiacetalica si forma in seguito all'attacco da parte dell'ossigeno (nucleofilo) della funzione alcolica (gruppo OH) legata al carbonio 5 sul carbonio carbonilico (elettrofilo) della funzione aldeidica CHO. Poiché il carbonio carbonilico, caratterizzato da una ibridizzazione sp2, ha una struttura planare (i tre leganti del carbonio e il carbonio stesso stanno tutti sul medesimo piano), l'attacco da parte del gruppo OH può avvenire su entrambe le facce del piano della molecola (i due possibili attacchi sono schematizzati in Figura 2). Questo ha una conseguenza molto importante: il nuovo centro chirale che si forma in seguito all'attacco, può avere due diverse configurazioni a seconda della faccia sulla quale tale attacco è avvenuto. Per questo motivo le corrispondenti forme cicliche risultanti non sono altro che due diversi diastereoisomeri che differiscono per la sola configurazione del nuovo centro chirale che si è formato (la configurazione di tutti gli altri centri chirali rimane invariata rispetto alla forma aperta). Esse vengono indicate con il termine specifico di anomeri: anomero α e anomero β. I due anomeri sono rappresentati in Figura 3 secondo due diverse convenzioni. La prima rappresentazione (in alto) è stata ottenuta utilizzando le formule di Haworth. Come si vede nel caso dell'anomero α il gruppo OH legato al carbonio emiacetalico (C1) è in posizione cis rispetto al gruppo OH adiacente, mentre nel caso dell'anomero β esso si trova in posizione trans. Una migliore rappresentazione, che riproduce in modo più realistico l'effettiva struttura tridimensionale della molecola, è costituita dalle strutture a sedia riportate in basso in Figura 3. Da queste strutture, che rappresentano le conformazioni più stabili dei due anomeri, è evidente come i gruppi più ingombranti attaccati agli atomi di carbonio dell'anello (OH e CH2OH) siano in posizione equatoriale. Fa eccezione il gruppo OH del carbonio C1 (carbonio anomerico) che è equatoriale nel caso dell'anomero β, ma diventa assiale nel caso dell'anomero α. La posizione assiale del gruppo OH è responsabile della minore stabilità dell'anomero α rispetto a quello β. La diversa energia dei due anomeri fa sì che in soluzione il β-D-glucosio sia notevolmente più abbondante (circa 64%) dell'α-D-glucosio (circa 36%). In realtà in soluzione si instaura un equilibrio fra le due forme emiacetaliche e la forma aperta aldeidica che è presente in una percentuale molto bassa (circa 0,02%).


Proiezioni di Haworth (in alto) e conformazioni a sedia (in basso) dei due anomeri α e β del D-(+)-glucosio.

Questo equilibrio è responsabile di un fenomeno caratteristico di molti zuccheri detto mutarotazione. Il D-(+)-glucosio può essere isolato in due forme cristalline diverse corrispondenti a ciascuno dei due anomeri: α-D-glucosio e β-D-glucosio. I due anomeri, in quanto diastereomeri, sono caratterizzati da proprietà fisiche diverse: il primo, ad esempio, ha un punto di fusione di 146 °C e il secondo di 150 °C. Anche il potere rotatorio specifico delle soluzioni dei due anomeri appena preparate è diverso: nel primo caso esso è di +112°, nel secondo caso di +18,7°. Il fatto curioso che però contraddistingue questa proprietà fisica è il seguente: per entrambe le soluzioni acquose ottenute dai due anomeri separati, essa cambia nel tempo fino a raggiungere in entrambi i casi lo stesso valore di +52,6°. Questo fenomeno viene interpretato sulla base dell'equilibrio fra le due forme anomeriche e la forma aperta. L'anomero α contenuto nella prima soluzione si converte lentamente, attraverso la forma aperta, nell'anomero β fino a che i due anomeri non raggiungono l'equilibrio. Lo stesso succede per la seconda soluzione ottenuta a partire dall'anomero β. Il potere rotatorio finale misurato, pari a 52,6°, è quello della miscela finale di equilibrio dei due anomeri.

Un altro monosaccaride molto diffuso è il D-(-)-fruttosio. Il fruttsio è caratterizzato da un gruppo funzionale chetonico e da una catena di sei atomi di carbonio (si tratta quindi di un chetoesoso). La forma aperta di questo monosaccaride è rappresentata sotto forma di proiezione di Fisher in Figura 4. Anche in questo caso la presenza di funzioni alcoliche e di un gruppo carbonilico dà luogo alla formazione di strutture cicliche emiacetaliche. Oltre alla forma ciclica a sei membri descritta nel caso del glucosio, si forma in questo caso anche una struttura emiacetalica a cinque membri che deriva da un attacco del gruppo OH legato al carbonio C5 sul carbonio carbonilico (gruppo C=O). Anche in questo caso si possono avere due diverse forme anomere a seconda della direzione d'attacco del gruppo OH e della risultante configurazione del carbonio emiacetalico (C2). Le due forme anomere sono rappresentate, in Figura 4. Insieme alle strutture cicliche a sei membri esse sono in equilibrio con la forma aperta chetonica al centro.


Rappresentazione del D-(-)-fruttosio in forma aperta chetonica (proiezione di Fisher) e delle due forme emichetaliche furanosiche α-D-(-)-fruttofuranosio e β-D-(-)-fruttofuranosio.

Per indicare le dimensioni del ciclo è stato proposto per gli zuccheri un sistema di nomenclatura che utilizza il termine piranosio per l'anello a sei membri e il termine furanosio per l'anello a cinque membri (i due termini derivano dal nome dei due composti eterociclici ossigenati Pirano e Furano). Utilizzando questo tipo di nomenclatura i nomi completi per i due anomeri del glucosio sono α-D-(+)-glucopiranosio e β-D-(+)-glucopiranosio; quelli per le quattro forme emiacetaliche del fruttosio sono α-D-(-)-fruttofuranosio e β-D-(-)-fruttofuranosio (anelli a cinque termini) e α-D-(-)-fruttopiranosio e β-D-(-)-fruttopiranosio (anelli a sei termini).

La presenza all'equilibrio di una certa percentuale, per quanto ridotta di forma aperta aldeidica o chetonica, è responsabile del fatto che sia il D-glucosio che il D-fruttosio vengano ossidati dagli stessi reattivi in grado di ossidare le aldeidi e gli α-idrossichetoni. I reattivi generalmente usati per ossidare i monosi sono i reattivi di Benedict e di Tollens, l'acqua di bromo e l'acido nitrico. Il reattivo di Tollens, ad esempio, è costituito da una soluzione acquosa di nitrato d'argento e ammoniaca. In questa soluzione è presente il complesso Ag(NH3)2+, un agente ossidante blando in grado di ossidare il gruppo aldeidico a gruppo carbossilato COO-. L'argento contemporaneamente si riduce dallo stato +1 ad argento metallico (stato di ossidazione 0), che si deposita sulle pareti della provetta utilizzata per il saggio, formando uno specchio d'argento. Gli zuccheri che danno saggio positivo con i reattivi di Tollens o Benedict sono tutti i carboidrati caratterizzati dalla presenza di un gruppo emiacetalico (come il glucosio) o emichetalico (come il fruttosio). Questi zuccheri sono noti con il termine di zuccheri riducenti.

Un monosaccaride può essere convertito in glicoside facendolo reagire con un alcool in presenza di un acido. Un glicoside non è altro che la forma acetalica di uno zucchero e come qualsiasi acetale si ottiene per reazione, catalizzata da acidi, della forma emiacetalica con un alcool. Il glicoside del glucosio si chiama glucoside, quello del fruttosio fruttoside. Le due forme α e β del glicoside del glucosio ottenute per reazione con alcool metilico (metil-α-D-glucoside e metil-β-D-glucoside) sono rappresentate in Figura 5. È importante mettere in evidenza che, mentre per un monosaccaride in soluzione acquosa si ha sempre equilibrio fra i due anomeri e la forma aperta, lo stesso non accade per un glicoside. Un glicoside α o β, in quanto acetale, è stabile in soluzione acquosa e non si converte nell'altro anomero. È quindi evidente che uno zucchero, se trasformato in forma glicosidica (acetalica) non può dare mutarotazione, non essendo presente all'equilibrio la forma aldeidica (o chetonica) libera. Per lo stesso motivo i carboidrati che contengono gruppi acetalici (o chetalici) non possono venire ossidati dai reattivi di Benedict e Tollens. Per questo sono detti zuccheri non riducenti.


Conformazioni a sedia del metil-α-D-glucoside e metil-β-D-glucoside.

Struttura dei disaccaridi
Nei disaccaridi il legame che unisce le due unità monosaccaridiche è di tipo glicosidico e coinvolge il carbonio C1 di una unità (carbonio anomerico) e una funzione alcolica dell'altra unità. Esempi di disaccaridi importanti sono il maltosio, il saccarosio e il lattosio.

Il maltosio deve il proprio nome al fatto che è presente nel malto, il liquido che si ottiene dalla fermentazione dell'orzo e di altri cereali. Per idrolisi acida il maltosio fornisce due unità di D-(+)- glucosio le quali sono unite da un legame glicosidico che coinvolge il carbonio C1 (anomerico) di una unità e il carbonio C4 dell'altra unità. La struttura del maltosio è rappresentata in Figura 6. Il maltosio esiste sotto forma di due diverse forme anomere che differiscono per la configurazione del carbonio emiacetalico della seconda unità di glucosio e sono caratterizzate da due diversi valori del potere rotatorio specifico (α-maltosio > +168°, β-maltosio > +112°). Come nel caso del glucosio e del fruttosio, la presenza di un carbonio emiacetalico fa sì che i due anomeri siano in equilibrio fra di loro attraverso la forma aldeidica aperta della seconda unità di glucosio. Il maltosio è quindi caratterizzato dal fenomeno della mutarotazione ed è uno zucchero riducente.


Anomeri α e β del maltosio in equilibrio con la forma aldeidica aperta.

Il saccarosio, che costituisce il normale zucchero da tavola, è ottenuto per estrazione dalla canna da zucchero e dalla barbabietola. Il saccarosio fornisce per idrolisi acida una miscela equimolare di D-glucosio e D-fruttosio. La struttura di questo disaccaride è mostrata in Figura 7. I carboni carbonilici di entrambi i monosaccaridi (C1 del glucosio e C2 del fruttosio) sono impegnati nella formazione di legami glicosidici e sono quindi carboni di tipo acetalico (legame α-glucosidico e β-fruttosidico. Per questo motivi il saccarosio è uno zucchero non riducente. Esso è stabile in soluzione acquosa e non dà quindi mutarotazione.




Per idrolisi parziale della cellulosa si ottiene il cellobosio. Questo disaccaride differisce dal maltosio solo per la configurazione del legame glucosidico: le due unità di glucosio che lo costituiscono sono infatti unite da un legame β-glucosidico come risulta evidente dalla Figura 8, dove è rappresentato l'anomero β. Come il maltosio anche il cellobosio, poiché contiene un carbonio emiacetalico, è uno zucchero riducente ed è caratterizzato dal fenomeno della mutarotazione.




Polisaccaridi
Un polisaccaride è un composto la cui molecola è costituita da molte unità (centinaia e, a volte, migliaia) monosaccaradiche tenute insieme da legami glicosidici.

La cellulosa, oltre ad essere il polisaccaride più abbondante, è anche il composto organico più diffuso in natura. Stime approssimative indicano che ogni anno ne vengono sintetizzate circa 1011 tonnellate. Basta ricordare che il legno, ad esempio, è composto da circa il 50% di cellulosa e il cotone da circa il 90%. L'idrolisi completa della cellulosa (effettuata con una soluzione di HCl al 40%) dà soltanto molecole di D-glucosio, mentre l'idrolisi parziale fornisce cellobosio. Questo indica che il legame che collega le varie unità monosaccaridiche è di tipo β-glucosidico. Anche se il disaccaride cellobosio è uno zucchero riducente e dà mutarotazione, questo non è vero per la cellulosa. Ciò può essere spiegato con il fatto che la probabile presenza di atomi di carbonio emiacetalici solo alla fine di lunghe catene polisaccaridiche (circa 14000 unità) non è sufficiente per osservare le reazioni tipiche associate alla presenza di un carbonio emiacetalico.




La struttura lineare delle catene di cellulosa fa sì che i gruppi OH, data la loro collocazione equatoriale sull'anello, siano uniformemente diretti verso l'esterno della catena. L'orientazione dei gruppi alcolici fa sì che le varie catene si possano associare saldamente fra di loro grazie alla formazione di legami idrogeno (ogni legame idrogeno coinvolge l'atomo di ossigeno del gruppo OH di una catena e l'idrogeno del gruppo OH di una catena parallela). Queste interazioni attrattive determinano un impaccamento delle varie catene di cellulosa dando luogo a un polimero rigido, fibroso, assai poco solubile e che possiede la resistenza ideale per costruire le pareti delle cellule vegetali.

Il polisaccaride più abbondante dopo la cellulosa è l'amido, anch'esso formato da unità di glucosio: è presente nelle piante sotto forma di granuli nelle radici, nei tuberi e nei semi. L'amido può essere separato in due polisaccaridi principali: amilosio e amilopectina. L'amilosio è costituito da catene continue, non ramificate, di unità di D-glucosio (se ne possono avere fino a 4000) e si differenzia dalla cellulosa poiché le varie unità sono legate fra di loro da legami α-glicosidici. L'amilopectina è un polisaccaride strutturalmente più complesso. Esso è caratterizzato da una struttura molto ramificata e contiene due tipi diversi di legami glicosidici: (a) un legame α-glicosidico fra il carbonio C1 di una molecola di glucosio e il carbonio C4 della molecola successiva come nel caso dell'amilosio; (b) un legame α-glicosidico fra gli atomi di carbonio C1 e C6 di due unità di glucosio.

 
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Amminoacidi e proteine

Da un punto di vista chimico le proteine non sono altro che delle poliammidi dove le unità monomere sono costituite da α-amminoacidi. Gli amminoacidi che si ottengono dall'idrolisi acida o basica delle proteine (una ventina) sono tutti caratterizzati, a parte la glicina che è il più semplice di essi, da un carbonio chirale al quale sono legati i due gruppi funzionali NH2 e COOH. Questo carbonio ha sempre configurazione L. Tale tipo di notazione, come già fatto notare nel caso degli zuccheri, sta a indicare che il carbonio α degli amminoacidi ha la stessa configurazione del carbonio chirale della L-gliceraldeide. La formula generica di un α-amminoacido è mostrata in Figura 11, dove la configurazione del centro chirale è messa in evidenza tramite una proiezione di Fisher ed è paragonata a quella della L-gliceraldeide.




Le cellule utilizzano i diversi α-amminoacidi per sintetizzare le proteine necessarie. Gli amminoacidi, a loro volta, possono essere sintetizzati da tutti gli organismi viventi. Tuttavia alcune specie biologiche, fra cui l'uomo, non sono in grado di sintetizzare alcuni degli amminoacidi che compongono le rispettive catene proteiche. Questi amminoacidi essenziali devono quindi essere recuperati dall'ambiente esterno tramite la dieta. Le proteine (animali e vegetali) che vengono così ingerite, sono idrolizzate e gli amminoacidi ottenuti vengono ricombinati nell'ordine richiesto per la sintesi delle proteine necessarie. Nel caso degli umani gli amminoacidi essenziali sono otto: Valina (Val), Leucina (Leu), Isoleucina (Ile), Fenilalanina (Phe), Triptofano (Trp), Treonina (Thr), Metionina (Met), Lisina (Lys). La loro struttura è mostrata in Figura 12. Entro parentesi è riportato il simbolo con il quale questi amminoacidi vengono comunemente indicati.




La sequenza con cui i vari amminoacidi si susseguono lungo la catena proteica costituisce la struttura primaria della proteina. Quando le catene polimeriche che si ottengono dall'unione dei vari amminoacidi non sono molto lunghe (peso molecolare inferiore a 10.000) si utilizza il termine polipeptide, anziché quello di proteina. Più precisamente una molecola formata da due amminoacidi legati da un legame ammidico si chiama dipeptide, se gli amminoacidi sono tre (quindi con due legami ammidici presenti) si usa il termine tripeptide, e così via fino a dieci. Per un numero di amminoacidi compreso fra dieci e venti si usa il termine oligopeptide, mentre il termine polipeptide è riservato a molecole formate da molte decine di amminoacidi. La successione di amminoacidi, saldati fra di loro da legami ammidici (comunemente indicati con il termine di legami peptidici) viene precisata utilizzando in sequenza i simboli caratteristici dei vari amminoacidi. Per convenzione i vari amminoacidi vengono scritti a partire da sinistra cominciando dall'amminoacido che ha il gruppo NH2 libero (ovvero non impegnato in un legame peptidico) e procedendo verso destra in direzione dell'amminoacido con il gruppo COOH libero. L'amminoacido a sinistra (NH2 libero) viene indicato come amminoacido N-terminale, mentre quello a destra (gruppo COOH libero) è detto amminoacido C-terminale.

La sequenza Gly-Ser-Ala, ad esempio, indica un tripeptide in cui una molecola di glicina (amminoacido N-terminale) è legata ad una molecola di serina (in posizione centrale) e questa, a sua volta, ad una molecola di alanina (amminoacido C-terminale). I legami peptidici coinvolti sono ovviamente due: Gly-Ser e Ser-Ala. La struttura del tripeptide Gly-Ser-Ala è mostrata in Figura 13, con l'indicazione dei legami peptidici presenti.




È necessario, a questo punto, esaminare in dettaglio la natura del legame peptidico (caratteristiche geometriche ed elettroniche). Una comprensione di questi aspetti è indispensabile per rendersi pienamente conto dei livelli di complessità superiori alla struttura primaria, che vengono generati dal ripiegamento della catena polipeptidica nello spazio (struttura secondaria e terziaria della proteina). A questo proposito consideriamo in dettaglio il legame peptidico di Figura 13 fra le due unità di glicina e serina. Il dimero Gly-Ser è rappresentato in modo da metterne in evidenza le caratteristiche strutturali fondamentali. È evidente come tutti gli atomi legati direttamente al carbonio e all'azoto della funzione ammidica siano sullo stesso piano (piano del foglio). I soli legami che fuoriescono dal piano sono quelli fra i carboni tetraedrici e i sostitutenti (due atomi di idrogeno per la glicina e un atomo di idrogeno ed un gruppo CH2OH per la serina). Queste caratteristiche strutturali sono confermate da studi cristallografici ai raggi X i quali mettono in evidenza altri aspetti interessanti: per esempio il legame C-N è insolitamente corto per un legame singolo (1,32 Å) e il legame C=O (1,23 Å) un po' più lungo di un normale legame carbonilico. Inoltre gli angoli di legame attorno all'atomo di azoto ammidico sono molto vicini a 120° e non a 109° come ci si può aspettare per un azoto che forma tre legami in uno stato di ibridizzazione approssimativamente di tipo sp3. Questa geometria può essere giustificata assumendo che il legame peptidico (e in generale il legame ammidico) possa essere descritto accuratamente solo come un ibrido di risonanza delle due formule limiti I e II mostrate in Figura 14. La formula limite I mette in evidenza un doppio legame carbonio-ossigeno, mentre lo stesso legame è descritto come singolo nella formula limite II. Analogamente il legame fra il carbonio carbonilico e l'atomo di azoto è singolo in I, ma diventa doppio in II. Il movimento del doppietto elettronico dall'azoto alla regione del legame C-N e il conseguente spostamento del doppietto p sull'atomo di ossigeno comporta una separazione di carica in II (azoto positivo e ossigeno negativo). Come è ben noto dalla teoria della risonanza la molecola reale non corrisponde né a I né a II, ma è una combinazione delle caratteristiche di entrambe le formule limiti. Così il legame C-N avrà nella realtà un non trascurabile carattere di doppio legame (il che spiega il legame insolitamente corto) e l'azoto avrà una struttura più o meno planare, con angoli vicini a 120°, necessaria per permettere la coniugazione del doppietto elettronico. L'accentuato carattere di doppio legame presente nel legame peptidico impedisce di fatto una libera rotazione attorno all'asse C-N e mantiene questi due atomi e i quattro atomi ad essi legati tutti sullo stesso piano. È invece libera la rotazione attorno ai legami fra il carbonio carbonilico e il carbonio tetraedrico (chirale) e fra quest'ultimo e l'atomo di azoto. Queste caratteristiche strutturali sono di importanza fondamentale nel determinare la struttura secondaria del polipeptide o della proteina.







La struttura secondaria riguarda l'orientazione nello spazio dei vari amminoacidi in regioni localizzate di una catena polipeptidica. Consideriamo una ipotetica catena di cui rappresentiamo in Figura 15 (in alto) un breve tratto composto da cinque generici amminoacidi, mettendo in evidenza per ogni monomero l'orientazione corretta dei vari legami. Come si vede la struttura complessiva corrisponde ad una successione di piani (un piano per ogni legame peptidico) tutti coincidenti con il piano del foglio e separati dai gruppi CHR (carbonio tetraedrico chirale). Poiché l'ossigeno del carbonile e l'idrogeno del gruppo NH sono in posizione relativa trans, i gruppi R si trovano alternativamente da una parte e dall'altra rispetto al piano generale dell'intera struttura. Poiché la catena si snoda nello spazio con successivi ripiegamenti (una specie di nastro ripetutamente ripiegato su se stesso), immaginiamo che due segmenti della stessa catena si dispongano paralleli accoppiandosi tramite la formazione di legami idrogeno fra l'atomo di idrogeno del gruppo NH di un segmento e l'ossigeno del gruppo carbonilico dell'altro segmento. Si ottiene in questo modo la struttura riprodotta in basso in Figura 15. Nonostante l'effetto stabilizzante dei legami idrogeno, tuttavia, la struttura completamente planare mostrata non esiste nelle proteine naturali a causa delle repulsioni steriche che essa comporta fra i gruppi R dei due segmenti di catena affacciati. Nella realtà le catene si contraggono attraverso rotazioni più o meno significative attorno ai legami singoli N-C* e C*-C(carbonilico) che permettono di allontanare i gruppi R ingombranti e allentare la repulsione. A causa di queste rotazioni la struttura da planare diventa corrugata dando luogo a quella che è nota come struttura β a pieghe o configurazione β. Questo tipo di struttura secondaria è rappresentata schematicamente in Figura 16. Come si vede la struttura tridimensionale della configurazione β può essere assimilata nel suo complesso a una sorta di porta a soffietto (o fisarmonica) nella quale, sugli spigoli formati dai vari piani, si trovano posizionati i carboni tetraedrici C*. In realtà, questo tipo di struttura è in grado di accomodare gruppi R non troppo voluminosi. Questo è quello che accade, per esempio, nel caso della fibroina, la proteina della seta, nella quale è presente il 48% di glicina (R=H) e il 38% di serina (R=CH2OH) e alanina (R=CH3).




Se i gruppi R diventano più ingombranti la struttura secondaria preferita è quella indicata con il termine α elica, certamente la struttura secondaria più importante per le proteine naturali. In essa la catena polipeptidica è avvolta a spirale a formare un'elica destrorsa con 3,6 amminoacidi per ogni giro (il termine destrorsa sta a indicare che se si gira l'elica in senso orario, questa si avvita allontanandosi dall'osservatore). Questa struttura, riportata in figura 17, è stabilizzata da due fattori:

Ogni gruppo ammidico della catena forma legami idrogeno con un gruppo ammidico sovrastante e uno sottostante lungo l'elica a una distanza di tre amminoacidi (per la precisione per ogni legame peptidico il gruppo N-H punta verso il basso approssimativamente parallelo all'asse dell'elica e il gruppo C=O in direzione opposta in modo da ottimizzare l'interazione O...H);
i gruppi R ingombranti sono orientati verso l'esterno dell'elica per minimizzare le repulsioni.
Un esempio di α-elica è dato dalla α-cheratina che costituisce la proteina dei peli, delle unghie e della lana. Un altro esempio è la miosina che è la proteina dei muscoli.




La struttura terziaria fa riferimento al ripiegamento nello spazio dell'intera catena proteica. Anche se non esiste una separazione netta fra struttura secondaria e struttura terziaria, si può dire che la prima fa riferimento alla configurazione spaziale degli amminoacidi vicini l'uno all'altro, mentre la seconda tiene conto della distribuzione spaziale di tutti gli atomi di una catena. Così alcuni tratti della catena possono essere presenti sotto forma di α-elica e altri come configurazione β, a seconda del tipo di amminoacidi presenti, mentre i residui segmenti polipeptidici sono caratterizzati da strutture non periodiche, diversamente dalle due precedenti, chiamate conformazioni a spira o ad ansa. L'intera catena è poi avvolta in modo più o meno complesso a formare la struttura terziaria.

Interazioni di varia natura giocano un ruolo importante nel determinare la struttura terziaria:

I ripiegamenti della catena proteica avvengono in modo tale da orientare il maggior numero possibile di gruppi polari (gruppi idrofili) verso l'ambiente esterno acquoso e i gruppi non polari (gruppi idrofobi come quelli di valina, leucina, isoleucina, fenilalanina) verso le zone interne della proteina, il più lontano possibile dalle molecole d'acqua circostanti.
Interazioni elettrostatiche fra siti positivi (come ione ammonio) e siti negativi (come ioni carbossilato).
Legami idrogeno.
Legami disolfuro.
Questi ultimi si formano fra i gruppi CH2SH di due molecole di cisteina. I gruppi SH si ossidano per formare un legame disolfuro -S-S- fra due segmenti avvolti della stessa catena o fra due catene, come accade, per esempio, nell'insulina umana. Questa proteina, in particolare, è costituita da due catene polipeptidiche: le catene A e B formate da 21 e 30 amminoacidi rispettivamente. Due legami -S-S- connettono le due catene in due diverse posizioni: un legame coinvolge la cisteina di A in posizione 7 e la cisteina di B nella stessa posizione, l'altro legame connette le due posizioni 20 e 19 di A e B rispettivamente. Inoltre un legame si instaura all'interno della catena A fra le posizioni 6 e 11. I legami sono indicati schematicamente




Alcune proteine, dette proteine globulari, sono avvolte in modo molto complesso a formare una specie di gomitolo di forma approssimativamente sferica. Un esempio di proteina globulare è la mioglobina, una proteina preposta, insieme all'emoglobina, suo analogo strutturale, al trasporto e all'immagazzinamento dell'ossigeno nei vertebrati (l'emoglobina lega l'ossigeno molecolare nei polmoni e lo trasporta alla mioglobina nei muscoli; quest'ultima immagazzina l'ossigeno fino a quando esso non viene richiesto per le ossidazioni metaboliche). La struttura tridimensionale della mioglobina è stata determinata in dettaglio. Per questo lavoro fu assegnato il premio Nobel nel 1962 ai due ricercatori britannici J.C. Kendrew e M.F.Perutz. Questa proteina è costituita da una singola catena polipeptidica formata da 153 amminoacidi avvolta su se stessa a formare una specie di scatola. Sono presenti lungo la catena otto sezioni di α-elica, separate da ripiegamenti (anse) della catena, i quali includono circa il 75% del numero complessivo di amminoacidi. Il ripiegamento della catena è tale da orientare verso l'interno i gruppi idrofobi di fenilalanina, valina, isoleucina e metionina, mentre la superficie esterna della molecola è rivestita di catene idrofile come lisina, arginina e serina.

Oltre ad appartenere alla classe delle proteine globulari, la mioglobina, come l'emoglobina, viene anche classificata come proteina coniugata. Le proteine coniugate includono una parte non proteica, che può essere, per esempio, uno zucchero, detto gruppo prostetico. Nel caso di mioglobina e emoglobina il gruppo prostetico è il gruppo eme che occupa una cavità della molecola. L'eme è costituito da uno ione Fe2+ che forma quattro legami di coordinazione con gli atomi di azoto di una molecola di porfirina (vedi Figura 19) e un quinto legame, approssimativamente perpendicolare al piano dell'anello porfirinico, con l'azoto dell'anello imidazolico di una istidina appartenente alla catena polipeptidica. Il sesto sito di coordinazione rimane così libero per coordinare una molecola di ossigeno, come mostrato a destra in




Molte proteine di elevato peso molecolare sono in realtà degli aggregati di due o più catene proteiche e sono caratterizzate da una struttura quaternaria che corrisponde alla disposizione tridimensionale delle varie catene nell'aggregato. Un esempio di struttura quaternaria è dato nuovamente dall'emoglobina che è costituita da quattro catene separate: due di queste sono costituite da 141 amminoacidi e le rimanenti da 146 amminoacidi ciascuna. Le quattro catene, ognuna delle quali possiede un gruppo eme che può coordinare l'ossigeno, sono disposte in una struttura globale di tipo tetraedrico nella quale l'aggregazione delle quattro unità è stabilizzata principalmente da effetti idrofobici.
 
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view post Posted on 23/11/2008, 19:39

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nucleici

Vi è una certa analogia strutturale fra acidi nucleici e proteine. Cosi come le proteine sono polimeri lineari di amminoacidi, gli acidi nucleici sono polimeri lineari i cui mattoni costituenti sono i nucleotidi. Queste unità monomere possono essere ottenute per degradazione in condizioni blande degli acidi nucleici, mentre un'idrolisi completa (acida, basica o enzimatica) ne fornisce i componenti fondamentali: questi sono rappresentati da uno zucchero (il D-ribosio nel caso dell'RNA e il deossiribosio nel caso del DNA, entrambi in forma furanosica), una base eterociclica (purinica o pirimidinica) e uno ione fosfato. La struttura del β-D-ribosio e del β-2-deossi-ribosio è mostrata in Figura 20 (il termine deossi sta semplicemente a indicare che il gruppo OH in posizione 2 è sostituito da un idrogeno).

Le quattro basi che si ottengono per idrolisi del DNA

Esse sono l'adenina, la guanina, la citosina e la timina. Le basi che si ottengono dall'RNA sono le stesse eccettuata la timina che è sostituita dall'uracile, anch'esso mostrato in Figura 21. Un nucleoside si ottiene combinando una molecola di D-ribosio (RNA) o di 2-deossiribosio (DNA) con una base eterociclica azotata tramite un legame β-N-glicosidico.

In Figura 22 sono mostrate le strutture di due nucleosidi: uno derivato dall'RNA ed uno dal DNA. Il primo (adenosina) contiene infatti come unità mosaccaridica il D-ribosio legato alla base adenina e il secondo (deossiadenosina) contiene il 2-deossi-D-ribosio legato alla medesima base. Gli altri nucleosidi associati al DNA sono la deossiguanosina (2-deossi-D-ribosio + guanina), la deossicitidina (2-deossi-D-ribosio + citosina), la deossitimidina (2-deossi-D-ribosio + timina). Analogamente, i rimanenti nucleosidi per l'RNA sono la guanosina (D-ribosio + guanina), la citidina (D-ribosio + timina) e l'uridina (D-ribosio + uracile). Un nucleotide, che costituisce la vera unità monomera dell'acido nucleico, può essere ottenuto da un nucleoside esterificando una molecola di acido fosforico con un ossidrile libero della componente monosaccaridica, normalmente l'ossidrile attaccato al carbonio C3' o C5' (nei nucleotidi gli atomi di carbonio dello zucchero sono indicati con i numeri 1', 2', 3', ...). La struttura generale di un nucleotide del DNA, in cui l'esterificazione è avvenuta sul gruppo OH in posizione 5', è mostrata

Nel seguito di questa sezione focalizzeremo la nostra attenzione soprattutto sul DNA di cui esamineremo a grandi linee la struttura fondamentale e il meccanismo di replicazione.

1. La struttura primaria degli acidi nucleici
Esaminiamo ora la sequenza con cui i vari monomeri si succedono lungo la catena di un acido nucleico a formare lo scheletro covalente o struttura primaria del polimero. Se consideriamo un filamento di DNA, lo scheletro è costituito da unità alternate di deossiribosio legato ad una base (nucleoside), e di fosfato. L'acido fosforico è doppiamente esterificato e forma un ponte fra il carbonio C3' di un nucleoside e il carbonio C5' di un altro nucleoside. Le basi eterocicliche, legate al carbonio anomerico C1', si distaccano dall'ossatura del polimero costituita dall'alternarsi di unità di acido fosforico e di zucchero. Una rappresentazione schematica della struttura primaria di un tratto di filamento di DNA è riportata in Figura 24. La sequenza delle basi, ovvero l'ordine con cui le varie basi si succedono lungo la catena, può essere specificato elencando semplicemente le lettere che indicano le singole basi, partendo, a sinistra, dall'estremità della catena con il gruppo OH in posizione 5' libero e procedendo verso destra in direzione della posizione 3' libera. I simboli che vengono utilizzati per le varie basi sono le lettere (maiuscole) iniziali del nome: A=adenina, G=guanina, C=citosina, T=timina, U=uracile.

2. Struttura secondaria del DNA
Come nel caso delle proteine anche gli acidi nucleici sono caratterizzati da una struttura secondaria. Un modello per la struttura secondaria del DNA fu proposto nel 1953 da J.D. Watson e F.H.C. Crick e fu confermato nel 1962 da M. Wilkins tramite tecniche ai raggi X. Secondo questo modello due lunghe catene di DNA sono avvolte in una doppia elica attorno allo stesso asse. Le due catene polimeriche sono disposte parallelamente l'una all'altra, ma corrono in direzione opposta: questo significa che a entrambe le estremità della doppia elica è presente l'estremità 5' di un filamento e l'estremità 3' dell'altro filamento. Le due eliche destrorse sono orientate in modo tale da avere lo scheletro di zucchero e fosfato nella parte esterna della struttura con le basi rivolte verso l'interno. Legami idrogeno fra le basi tengono insieme la doppia elica. L'ampiezza massima della spirale è di 20 Å. Dieci coppie successive di nucleotidi, con dieci coppie di basi, danno luogo ad un giro completo della spirale.

I legami idrogeno che tengono insieme la doppia elica non possono formarsi in modo casuale, ma devono formarsi solo fra specifiche coppie di basi. Le coppie consentite nel caso del DNA sono: adenina-timina (A-T) e citosina-guanina (C-G). Le due basi adenina e timina possono interagire tramite due forti legami idrogeno, mentre citosina e guanina possono formare tre legami idrogeno. L'effetto stabilizzante complessivo dovuto a queste interazioni è di circa 10 kcal/mol nel primo caso e circa 17 kcal/mol nel secondo. Le due coppie di basi considerate con l'indicazione dei legami idrogeno e i valori dei relativi parametri strutturali sono mostrate in Figura 26. Altri accoppiamenti non sono consentiti perché, o si avrebbero coppie di basi troppo voluminose o i legami idrogeno che si verrebbero a formare non sarebbero altrettanto forti e stabilizzanti. Questo fatto fa sì che le due catene della doppia elica siano del tutto complementari: ogni volta che una molecola di adenina (A) compare in una catena, una timina (T) deve essere presente nella corrispondente posizione sulla catena opposta. In modo analogo una guanina (G) da una parte implica la presenza di una citosina (C) dall'altra

3. La replicazione del DNA
Il DNA immagazzina, come già detto, il codice genetico nelle cellule viventi. L'informazione genetica è codificata nelle sequenze particolari di basi presenti che determinano, a loro volta, l'esatta sequenza in cui i vari amminoacidi devono comparire nelle proteine sintetizzate come, ad esempio, un enzima. La trasmissione del codice genetico da una cellula all'altra avviene attraverso una duplicazione esatta della catena del DNA. La replicazione del DNA implica la separazione dei due filamenti della doppia elica, ognuno dei quali funziona come un vero e proprio stampo che determina la sequenza di basi dei due nuovi filamenti che si vanno formando. Immediatamente prima della divisione cellulare, la doppia elica di DNA comincia a svolgersi ad una delle due estremità e su ciascuna delle due catene iniziano a formarsi le due catene complementari. Questo tipo di replicazione, schematizzata in Figura 27, è considerata di tipo conservativo poiché in ognuna delle due nuove doppie eliche è presente un filamento proveniente dall'elica originale. In realtà, la replicazione implica una serie piuttosto complessa di reazioni catalizzate da enzimi diversi. A titolo di esempio, l'enzima DNA-polimerasi catalizza la reazione di addizione di nuovi nucleotidi alla catena in crescita.

La sintesi di entrambe le due nuove catene di DNA avviene nella direzione (estremità 5') (estremità 3'). Ricordando che le due catene originali corrono parallele, ma in direzioni opposte, si ha come conseguenza che al bivio di replicazione (vedi Figura 27) una delle due nuove catene deve presentare libero un OH all'estremità 3' e l'altra nuova catena un OH all'estremità 5'. È interessante notare che, mentre il complementare del filamento 3' 5' viene sintetizzato come una catena continua senza interruzioni, il complementare dell'altro filamento viene prodotto come una serie di corte catene. Enzimi specifici provvedono poi a saldare fra di loro questi segmenti e a formare il nuovo filamento completo di DNA

 
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view post Posted on 24/11/2008, 17:41

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Glossario

Acetale. Una classe di composti organici caratterizzati da un gruppo funzionale costituito da un atomo di carbonio al quale sono legati due gruppi -OR. Gli acetali sono composti stabili in ambiente acquoso, mentre vengono idrolizzati in ambiente acquoso acido per dare un aldeide (o un chetone) e due molecole di alcool. Nel caso si ottenga un chetone si parla più propriamente di chetali.

Aldeidi. Una classe di composti organici caratterizzati dal gruppo funzionale -CH=O

Ammidi. Una classe di composti organici caratterizzati dal gruppo funzionale -C(NRR')=O (R=H o gruppo alchilico)

α-idrossichetoni. Chetoni caratterizzati dalla presenza di un gruppo OH legato al carbonio in posizione a rispetto al gruppo carbonilico (il carbonio α è quello immediatamente adiacente al carbonio carbonilico).

Chetoni. Una classe di composti organici caratterizzati dal gruppo funzionale C=O.

Carbonio chirale. Un atomo di carbonio con quattro sostituenti diversi fra di loro. Il termine carbonio asimmetrico è equivalente

Chetale.Vedi acetale.

Diastereoisomeri.Due stereoisomeri (vedi più avanti) che non sono l'uno l'immagine speculare dell'altro.

Elettrofilo.Una specie chimica (atomo, molecola o ione) in grado di accettare un coppia di elettroni per la formazione di un nuovo legame.

Emiacetale, Emichetale.Un composto organico caratterizzato da un gruppo funzionale costituito da un carbonio al quale sono legati un gruppo OH e un gruppo OR. Gli emiacetali e gli emichetali si ottengono per reazione di un alcool con aldeide o un chetone rispettivamente.

Enantiomeri. Due stereoisomeri (vedi più avanti) che sono l'uno l'immagine speculare dell'altro. L'unica proprietà fisica per la quale due enantiomeri si differenziano, è la loro capacità di ruotare il piano della luce polarizzata: se un enanantiomero ruota tale piano di un angolo α in senso orario (+), l'enantiomero opposto lo ruota dello stesso valore, ma in senso antiorario (-).

Nucleofilo. Una specie chimica con una coppia di elettroni disponibile che può essere donata ad una specie povera di elettroni per formare un nuovo legame.

Ossidazione.Cessione di elettroni. Se un atomo si ossida, aumenta il numero che definisce il suo stato di ossidazione.

Potere rotatorio specifico. Questa grandezza rappresenta la rotazione in gradi provocata da un grammo di sostanza otticamente attiva sciolto in un ml di soluzione con un tubo polarimetrico lungo un decimetro. I poteri rotatori specifici sono di norma riportati ad una temperatura di 25°C utilizzando la riga D della lampada al sodio (lunghezza d'onda = 5896 Å).

Proiezione di Fisher. Un modo convenzionale per rappresentare su una superficie bidimensionale la configurazione di un centro chirale. Il centro chirale è rappresentato dall'incrocio di due linee. I segmenti verticali che si dipartono dal centro indicano due legami che si allontanano dall'osservatore, mentre i due segmenti orizzontali indicano due legami diretti verso l'osservatore.

Riduzione. Acquisizione di elettroni. Se un atomo si riduce, diminuisce il numero che definisce il suo stato di ossidazione.

Stereoisomeri. Si tratta di molecole che hanno la stessa formula bruta e nelle quali i vari atomi sono legati fra di loro nello stesso ordine, ma sono orientati diversamente nello spazio. Le diverse orientazioni non possono essere interconvertite le une nelle altre per semplice rotazione attorno ai legami, ma soltanto previa rottura di questi. Due stereoisomeri sono quindi due strutture non sovrapponibili.



 
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