Le Dee della Mitologia:A

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view post Posted on 22/12/2008, 22:46

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La donna nella Mitologia

A


Acca Larenzia


Moglie di Faustolo, pastore del re Numitore; allattò Romolo e Remo; le feste in suo onore, a Roma, erano dette Larentalia. Venne confusa con la divinità romana dello stesso nome a cui Anco Marzio dedicò un tempio al Velario

Adrastea e Melissa



Ninfe di Creta, alle quali Giove, appena nato, fu affidato da Rea, sua madre, quando questa lo volle salvare dall'essere divorato dal padre Cromo (Saturno), come gli altri figli.


Adrasteia



Altro nome della Necessità imperante su tutto l'Universo e madre di Cromo (Saturno), padre di Zeus.

Aedona



Uccise il figlio per errore; Giove la cangiò in usignuolo e anche ora lamenta dolcemente col canto il suo triste fato.


Afrodite


Nome greco di Venere

Aglaia



La prima delle tre Grazie

Aglauro



Figlia di Cecrope, re di Atene; per invidia della sorella Ena amata da Mercurio, cercò di ostacolare quest'amare, ma fu dal dio mutata in sasso.

Alcesti



Bellissima figlia di Pelia, non esitò ad accettare la morte per prolungare la vita al marito Admeto, a cui Proserpina stessa, commossa per così bell'atto di amor coniugale, la rimandò.

Alcione



Moglie di Ceice; vedendo il cadavere del marito, che si era gettato in mare, galleggiare sulle onde, si gettò in mare anche lei e ambedue furono cangiati in alcioni, uccelli che volano sulle onde anche quando il mare è agitato. È una delle Pleiadi.

Alcmena


Figlia di Elettrione, re di Micene, e moglie di Anfitrione; ebbe, da Giove Ercole.


Amadriadi



Ninfe dei boschi. Nascevano e morivano con le querce e in questo differivano dalle Driadi .

Amazzoni



Guerriere che combatterono con Ercole; nella guerra di Troia aiutarono i Troiani; alla fine, dopo aver lottato aspramente contro gli uomini, furono da loro vinte e sottomesse.

Andromaca



Figlia di Eezione, moglie di Ettore e madre di Astianatte; presa Troia, divenne schiava di Pirro che la portò in Epiro e la sposò; passò poi ad Eleno, figlio di Priamo.

Andromeda



Figlia di Cefeo; venne esposta a un mostro marino per far cessare un flagello; Perseo se ne innamorò, uccise il mostro e la fece sua sposa.

Anfitrite



Ninfa che, volendo rimaner vergine, fuggi alle insidie di Nettuno; un delfino la ritrovò e la ricondusse al dio, che la fece sua sposa e regina del mare; è madre di Tritone.

Angerbode



Nella mitologia nordica, divinità femminile gigantesca e malefica, moglie di Loke e madre di mostri, fra i quali il lupo Fenrir .

Angerona



Dea del silenzio presso i Romani

Angizia



Dea dei serpenti, venerata dagli abitanti delle rive del lago Fucino.

Anna Perenna



Divinità romana dell'anno, la cui festa cadeva il 15 marzo; fu confusa qualche volta con Anna, sorella di Didone.

Anticlea



Figlia di Autolico e madre di Ulisse

Antigone



Figlia di Edipo e di Giocasta; accompagnò il padre cieco e ramingo, seppellì il corpo di Polinice suo fratello contro il volere del crudele re Creonte; rinchiusa perciò in un'oscura prigione si impiccò ed Emone suo fidanzato si uccise.

Antiope



Figlia di Nitteo e sorella di Lico. Regina delle Amazzoni (v. Ippolita).

Aracne



Tessitrice della Lidia, che fu convertita in ragno da Minerva, gelosa ella sua abilità.

Argia



Figlia di Adrasto, sposa di Polinice. Con Antigone andò in cerca del cadavere del marito e di quello del fratello di lui, Eteode, malgrado il divieto di Creonte che poi la uccise.

Arianna



Figlia di Minosse re di Creta. Diede a Teseo, destinato ad esser preda del Minotauro, un gomitolo di filo che gli servì per non smarrirsi nel labirinto e per uscirne. Fuggì poi dal padre con Teseo, ma questi l'abbandonò in un'isola.

Arpie



Mostri, figlie di Nettuno e di Anfitrite. Le tre principali erano Podarge o Aello, Ocipete, Celeno; avevano volto e collo umano, nel resto erano uccelli con lunghi artigli e grandi ali,. Abitavano nelle Strofadi.

Artemide



Nome greco di Diana.

Artemisia



la vedova di un re della Caria

Asia



Ninfa figlia di Oceano e di Teti, diede il nome ad una parte del mondo

Astarte



Divinità dei Fenici, analoga a Venere.

Astréa o Dike



Figlia di Giove e Temi, o di Astreo e Aurora. Dea della giustizia. Figlia di Minosse e Pasifae

Atalanta



Figlia di Iasio, re di Climene, fu dal padre abbandonata in un bosco, dove ebbe per nutrice un'orsa. Divenuta un'abile cacciatrice, partecipò alla caccia del cinghiale Calidonio, e lo ferì per prima. Sua figlia Partenope una delle Sirene, diede il suo nome a Napoli. Figlia di Scheneo, imbattibile nella corsa, venne vinta finalmente da Ippomene, perché fermatasi a raccogliere i pomi d'oro che questi lasciava cadere dietro di sè.

Atena



Nome greco di Minerva . Diede il nome alla capitale dell'Attica, che le votò il suo massimo culto. Fu chiamata anello Pallade .

Atropo



Una delle Parche. Recide lo stame della vita, leggendo sul filo il destino d'ogni uomo

Aurora (gr. Eos)



Sorella del Sole che essa precede ogni mattina per portare agli uomini la luce.


Adrastèa.



1. Figlia di Zeus e di Ananche. Era ritenuta un'Erinni, amministrante la vendetta per incarico degli dèi e quindi identificata con la Nèmesi; gli Egizi credevano ch'essa spiasse il mondo dalla luna e che non lasciasse impunita alcuna colpa.

2. Epiteto di Rea, dovuto al tempio erettole da Adrasto nell'omonima città della Mísia (presso Cízico).


Afrodite





Dea greca dell'amore e della bellezza, corrispondente alla Venere dei Romani. Qualche scrittore le attribuisce per genitori Zeus e Dióne; ma piú spesso è considerata figlia di Urano, nata dalla spuma del Mar Mediterraneo orientale in una splendente giornata di primavera: appena uscita dalle acque fu trasportata da Zèfiro nell'isola di Citèra (= Cerigo) e poi a Cipro, donde il suo culto si diffuse in tutta la Grecia e in Sicilia. Era immaginata bella e fiorente, tutta riso il sembiante, tutta oro l'abbigliamento; spirava dalla sua persona soave odore d'ambrosia, e allorchè ella si toglieva e dispiegava il cinto della sua bellezza, ogni cosa piegavasi all'incanto che emanava dal suo corpo. Si narra che il suo matrimonio con lo zoppo Efèsto - voluto da Zeus - fosse stato un vero fallimento, tanto ch'essa cercò conforto nell'amore per Ares, dal quale ebbe parecchi figli (Eros, Anteros, Dimo, Fobo, Armonia). Afrodíte amò anche alcuni esseri umani, fra i quali Adone , Bute e Anchise: dall'unione con quest'ultimo le nacque Enea, sicché i Romani la venerarono come loro protettrice, considerandola progenitrice della gente Giulia. Tuttavia l'incondizionato aiuto da essa portato ai Troiani si ricollega con la leggenda del pomo d'oro lanciato dalla Discordia perché venisse concesso alla dea piú bella. In quell'occasione Zeus ordinò ad Ermes di condurre Era, Atena ed Afrodíte sul monte Ida (nella Tròade), dove furono giudicate da Pàride, il quale - quantunque Era lo allettasse con la lusinga di un vastissimo regno e Atena con l'invincibilità in combattimento - diede la palma della vittoria ad Afrodíte, che gli aveva promesso la mano di Elena. Cosí la dea si schierò coi Troiani per tutta la durata della guerra. E' da ricordare quando avvolse dentro una fitta nebbia Pàride nel duello con Menelào, salvandolo da sicura morte, e difese Enea da Diomede, che però le trapassò una mano con la lancia. Altri mortali aiutò a conseguire ambite nozze, come Peleo invaghito della ninfa marina Tetide; e altri per contro fieramente punì perchè rifuggivano da impudichi intrighi ed è qui appunto dove appare nella sua maggiore infamia l'immoralità della mitologia pagana. Così punì il Buon Ippolito e lo rese infelice facendo che la matrigna Fedra s'innamorasse di lui, e il giovane Narciso, il quale sdegnava i favori della Ninfa Eco, facendo che si invaghisse perdutamente di se stesso. Diverse altre leggende ci parlano delle violente collere e delle terribili maledizioni di Afrodíte, il cui corteo comprendeva Eros, le Càriti, le Ore e varie divinità minori. In epoca tarda si fece una chiara distinzione tra Afrodite PANDEMO, Afrodite URANIA e Afrodite PONTIA; la prima era l'Afrodite terrena, protettrice anche di amori volgari; la seconda era la Dea dell'amore celeste, datrice di ogni benedizione; la terza era l'Afrodite marina, patrona della navigazione e dei naviganti. Così il dominio di Afrodite s'estendeva su tutta quanta la natura. Merita di essere ricordata in particolare la leggenda dell'amore di Afrodite per Adone, figlio di Fenice e di Alfesibea. Leggenda d'origine asiatica, e sebbene più volte e in più modi trattata e ampliata dai poeti greci, lascia trasparire il suo senso primitivo naturalistico. Racconta dunque che il bel giovane, di cui Afrodite era innamorata, morisse durante una caccia, ucciso da un cinghiale. Ella, addoloratissima, pregò Zeus di richiamarlo in vita; ma intanto se n'era anche invaghita Persefone, Dea dei morti e non lo voleva rendere. Alfine Zeus sentenziò che per una parte dell'anno rimanesse Adone nel regno delle ombre, e nel resto dell'anno tornasse tra i vivi. Evidentemente la bestia che uccide Adone è il simbolo dell'inverno, il cui freddo sole fa spegnere la vita della natura e Adone è la natura stessa che riprende vigore al ritorno periodico della primavera.


Afrodite - Il Culto



Il culto di Afrodite ha avuto una eccezionale estensione in tutte le regioni ove le stirpi elleniche si sono stanziate ed hanno dominato. Essendo di origine orientale, ha preso piede principalmente nelle grandi isole dell'Egeo, e in particolare a Cipro che si diceva la culla della Dea, e in Cipro specialmente nella città di Pafo e Amatunte che erano più in rapporto coi Fenici. Da Cipro questo culto si estese in Panfilia, nella Licia e nella Caria, nelle coste occidentali dell'Asia Minore, nelle coste del Mar Nero, poi ancora nelle Cicladi, isola di Delo, infine in Attica e Beozia. Altra terra celebre per il culto di Afrodite fu l'isola di Citera, ove essa ebbe il soprannome di Citerea, e di qui si estese nelle coste e nell'interno del Peloponneso. Altro centro la città di Corinto donde si diffuse in città vicine, Argo, Trezene, Epidauro e Sicione. Poi si estese anche in Occidente; specialmente era celebre il tempio di Afrodite eretto sul monte Erice, oggi S. Giuliano (presso Trapani), in Sicilia; dal qual luogo il culto si estese ad altre città siciliane e italiche


Afrodite la Venere Italica



Venere è stata una delle più importanti Deità dell'Italia antica, la Dea della primavera, del sorriso della natura, le era sacro il mese dei fiori, Aprile. Il nome stesso di Venere significa bellezza e grazia. Però in Italia questa Dea. dalla bellezza unica ed ammaliante, ebbe anche un'importanza politica, credendosi ch'ella esercitasse una benefica influenza sulla concordia fra i cittadini e sulla socievolezza tra gli uomini. Dall'importanza che il culto di una tale Dea aveva presso i Latini, si ebbe che quando Venere si fuse con Afrodite, e le leggende di questa furono accolte in occidente, facile ascolto trovò anche la leggenda di Enea, detto figlio di Venere, e fondatore della stirpe romana. In Roma v'erano tre santuari di Venere, quello della dea Murcia, della Cloacina e della Libitina. Murcia è colei che addolcisce, quindi la Dea che accarezza l'uomo e ne seconda le passioni; più tardi si identificò Murcia a Murtea, e si pensò a una Dea del mirto (simbolo di casto amore); un tempio in onore di costei sorgeva a piedi dell'Aventino presso il Circo Massimo, che si voleva fabbricato dai Latini ivi stanziati per opera di Anco Marzio. Il tempio di Cloacína si trovava vicino al Comitium, forse in quel punto ove la cloaca maxima entrava nell'area del foro e ricordava la riconciliazione tra Romani e Sabini dopo il ratto delle Sabine. Infine Libitina era Dea dei morti; nel suo tempio, di cui non si è mai riusciti a trovare il luogo,si conservavano gli arredi necessari per i trasporti funebri. Nè faccia meraviglia che la Dea del piacere (libet) divenisse Dea dei morti; spesso nell'antica mitologia la vita più rigogliosa è messa in qualche rapporto colla morte, e anche qui può dirsi che gli estremi si toccano. A queste forme più antiche del culto latino di Venere se n'aggiunsero col tempo delle altre, segnatamente quello della Venus Victrix onorata di un tempio sul Campidoglio, e della Venus Genetrix venerata soprattutto da Giulio Cesare che faceva discendere da lei per via di Enea la sua famiglia, e che a lei votò un tempio dopo la vittoria di Farsalo; questo tempio fu costruito con grande sfarzo nel settembre del 46 A C..

Afrodite nella letteratura



La nascita e la storia di una Dea così bella ed intrigante non poteva non ispirare l'arte in ogni sua forma. Si comincia con un innno di Omero, per passare ad Afrodite Urania, la regina dell'amore, sovrana del cielo, della terra e del mare, cantata da una moltitudine di poeti. Da ricordare i filosofi Parmenide ed Empedocle, Eschilo ed Euripide e più altri. Bellissima l'invocazione a Venus Genetrix con cui Lucrezio cominciò il suo poema della natura; nè meno degno d'ammirazione l'elogio che di Venere scrisse Ovidio nel quarto dei Fasti, imitando in parte Lucrezio. Del resto non v'è celebrazione della primavera che non contenga le lodi di Venere; ricordiamone una sola, quella d'Orazio, dove tra le particolarità della dolce stagione è annoverata anche la danza delle Grazie diretta da Venere. Nel XVI e XVII secolo è presente innumerevoli volte nella lirica amorosa e il suo mito viene elaborato anche drammaticamente, citiamo a caso H. Sachs (1517), P.N. Frischlin (1596) e da J. Smith (1677). Ma anche il XVIII secolo tributa ammirazione alla dea dell'amore, così fanno per esempio G.A. Búrger (1773) e J.G. Herder (Huld und Liebe, 1778-1779 circa). Riallacciandosi alla tematica di Tannhàuser e della statua di Venere, il Romanticismo riprese antichi motivi della tradizione medioevale in cui la dea incarna un potere demoniaco e fatale. sicongiunse con la figura del poeta bavarese duecentesco dell'amore cortese Tannhàuser la leggenda del monte di Venere: caduto in balia della dea, il cavaliere perde l'occasione per ottenere il perdono dei propri peccati.








Aglaia



Aglaia fa parte delle Cariti, divinità minori che impersonavano la grazia, l'attrazione amorosa e la bellezza, erano ancelle della dea dell'amore Afrodite secondo Omero; secondo Esiodo erano le figlie di Giove e di Eurinome, una delle figlie di Oceano. Le Cariti, pur non avendo avuto in origine un numero definito, vengono spesso rappresentate in gruppo di tre. Esiodo attribuisce loro il nome di Aglaia (la splendente), Eufrosine (la gioia) e Talia (la fioritura).

Alcesti



Apollo, condannato da Zeus a servire un uomo per un intero anno, andò da Admeto a fare il sorvegliante delle sue greggi elo aiuto nell'impresa che il padre della fidanzata, Alcesti, gli aveva assegnato per consentire al matrimonio: aggiogare a un carro due animali selvaggi, un leone e un cinghiale. Alle nozze però Admeto dimenticò di sacrificare ad Artemide, e la dea, come segno premonitore della sua prossima morte, gli fece trovare dei serpenti nel giaciglio . Quando giunse l'ultima ora per Admeto, ancor giovane, Apollo ottenne dalle dee del destino, le Moire, che il suo protetto potesse continuare a vivere, ma solo a patto che un altro fosse disposto a morire in sua vece. Dopo una lunga e vana ricerca solo Alcesti si dichiarò pronta a morire per il marito. Eracle, che proprio allora si trovava a palazzo come ospite, riuscì lottando a strapparla a Thanatos, la Morte, e a riportarla indietro, dal regno dei morti, ad Admeto. In un'altra versione Persefone, dea degli Inferi, fece tornare Alcesti nel Regno dei vivi premiando il suo sacrificio.

Alcmena



Anfitrione, figlio di Alceo e di Astidamia o di Lisidice, sposò Alcmena, figlia di Elettrione e di Anasso, che Zeus rese madre di Eracle. Alcmena dichiarò la sua intenzione di rifiutarsi al marito fin tanto che questi non avesse vendicato l'assassinio dei suoi fratelli a opera degli abitanti dell'isola di Tafo, sulla costa dell'Acarnania. Anfitrione, il quale con Alcmena era stato gentilmente ospitato dal re di Tebe Creonte, partì per l'isola di Tafo e, conducendo una campagna militare vittoriosa, soddisfò la condizione postagli da Alcmena, che nel frattempo, tratta in inganno da Zeus che prese le spoglie di suo marito, restò incinta. Quando, di ritorno, Anfitrione si accorse che sua moglie doveva essersi giaciuta con un altro e che pure non era conscia di aver commesso alcuna colpa, costernato andò a consultare l'indovino Tiresia, il quale gli raccontò che cosa era accaduto durante la sua assenza. Anfitrione si rappacificò dunque con Alcmena e questa diede alla luce due gemelli: Eracle figlio di Zeus e Ificle figlio di Anfitrione.

Amazzoni



II regno delle Amazzoni veniva situato agli estremi confini geografici della civiltà greca, nella Tracia o nella Scizia, in Asia, a sud o sud-ovest del Mar Nero o nel Caucaso. Oltre ad Ares esse adoravano in particolar modo Artemide, la dea della verginità e della forza femminile. In suo onore avrebbero costruito il famoso santuario di Efeso. Per assicurare la continuità della loro stirpe, si univano ogni tanto con uomini dei popoli vicini. Ai figli maschi non davano alcuna importanza: o li uccidevano o li vendevano schiavi; ma si racconta anche che li accecassero o li sottoponessero ad altre mutilazioni.

Andromaca



Nella guerra di Troia, Andromaca perse il padre, sette fratelli e infine anche Ettore, tutti per mano di Achille. Dopo la morte di Ettore e la caduta di Troia, Andromaca fu data come preda di guerra al figlio di Achille, Neottolemo (detto anche Pirro). Prima che fosse costretta a lasciare Troia, i greci precipitarono il suo figlioletto Astianatte dalle mura della città per sterminare la stirpe di Priamo. Da figlia di re che era divenne dunque schiava e concubina di Neottolemo, cui diede tre figli, Molosso, Pielo e Pergamo. Dopo l'assassinio di Neottolemo per mano di Oreste, Andromaca poté sposare Eleno, figlio di Priamo come Ettore, e con lui regnò sull'Epiro.


Antigone



Dopo che suo padre si fu cavato gli occhi per l'orrore dell'incesto commesso con Giocasta, Antigone lo accompagnò per tutto il suo vagare ramingo in esilio fino a Colono, dove egli morì. Quindi ritornò a Tebe con la sorella Ismene. Qui per aver dato al fratello morto una sepoltura simbolica, cosa che le era stata vietata, fu da Creonte condannata a morte e murata viva. Quando poi l'anziano indovino Tiresia annunciò a Creonte che, così facendo, aveva attirato su di sé una maledizione, egli diede ordine di seppellire Polinice e di riaprire l'antro per liberare Antigone, ma questa si era già tolta la vita.

Arianna



Figlia di Minosse re di Creta. Diede a Teseo, destinato ad esser preda del Minotauro, un gomitolo di filo che gli servì per non smarrirsi nel labirinto e per uscirne. Fuggì poi dal padre con Teseo. Giunti all'isola di Dia (che più tardi sarebbe stata chiamata Naxos) le loro strade si divisero o perché Arianna fu sedotta da Dioniso o perché Teseo, perfidamente, abbandonò Arianna addormentata sulla riva del mare, dove questa poco dopo incontrò Dioniso; in certe versioni Teseo prosegue il viaggio insieme a Egle, una delle figlie di Panopo. Altri raccontano che Teseo si comportò in questo modo per ordine degli dei. Ovidio, nei Fasti e nell'Ars amatoria, narra che Dioniso sposò Arianna e dopo la sua morte la condusse sull'Olimpo come immortale.


Artemide



La giovane dea della caccia viveva in compagnia delle sue ninfe nella natura libera. Come dea protettrice degli animali selvatici, Artemide aveva un particolare rapporto con orsi e cervi. A volte era accompagnata a caccia dal fratello gemello Apollo, ma di solito evitava il contatto con gli uomini e puniva chiunque, volontariamente o meno, le si avvicinasse. Trasformò Atteone in un cervo, perché l'aveva guardata mentre faceva il bagno. Teneva se stessa e alcune donne mortali a ditanza dagli uomini, e pretendeva lo stesso anche dalle sue ninfe.



Artemisia



Era la vedova di un re della Caria, deteneva il potere, in quanto tutrice del figlio. Narra Erodoto, con ammirazione ma anche con sorpresa, che ella prese parte con molto zelo alla spedizione di Serse contro i greci e che guidò personalmente le sue cinque navi, pur avendo a quel tempo un figlio già adulto.

Atena



Dea della prudenza in guerra, della saggezza, delle arti e dei mestieri, divinità protettrice di Atene, ma venerata anche in molte altre città. Era una delle dodici grandi divinità olimpiche. Figlia di Zeus e di Metide, a sua volta figlia di Oceano e di Teti. Dai romani veniva venerata come Minerva. Atena non ebbe mai rapporti d'amore e rimase vergine. Una volta si oppose con successo a un tentativo di violenza da parte di Efesto, ma non poté impedire che il suo seme cadesse sul terreno. Dalla terra così fecondata nacque Erittonio, che Atena affidò alle figlie del re di Atene, Cecrope.
 
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