POSEIDONE (o Posidone) / NETTUNO
Statua in bronzo raffigurante Poseidone, detto "di Capo Artemisio", V sec. a.C.
Atene, Museo Archeologico Nazionale
Secondo la tradizione greca, Crono, figlio di Urano e divinità primigenia, appartenente alla prima generazione divina dei Titani, fu spodestato da tre dei suoi figli, gli Olimpici, i quali si divisero il suo regno: Zeus ebbe il dominio sul cielo e su tutte le terre, Ades fu il re dell'oscuro mondo sotterraneo e del regno dei morti, Poseidone fu signore delle acque e del mare.
Il primo dei tre, dio sovrano, appare pertanto come il fratello maggiore, soprattutto quando nel mondo greco si afferma il diritto della maggiore età. Le leggende più antiche narrano, invece, che Zeus aveva costretto il padre Crono - facendogli assumere, con l'aiuto di Gaia o dell'Oceanina Meti, una pozione apposita - a vomitare i figli che aveva inghiottito bambini (poiché gli era stato appunto predetto che sarebbe stato detronizzato da uno di loro), dal che si desume che egli fosse considerato il minore.
Gli Olimpici, guidati da Zeus, dichiararono guerra a Crono alleato con i suoi fratelli Titani. La guerra durava già da dieci anni, quando un oracolo predisse la vittoria a Zeus se egli avesse restituito la vita ai fratelli di Crono - gli Ecantochiri, cioè i "Giganti dalle cento Mani" e i Ciclopi - precipitati da Urano nel Tartaro.
Pur essendo soggetto alla volontà del fratello Zeus, Poseidone fu uno degli dei più potenti dell'Olimpo. Abitava una casa rilucente d'oro negli abissi del mare Egeo, presso la Tracia, nella quale si recava su di un cocchio d'oro, trainato da cavalli che galoppavano sul pelo dell'acqua, mentre tutte le creature marine accorrevano gioiose, tributando un caldo saluto al loro signore.
Poseidone fu allevato dai Telchini di Rodi e si unì allo loro sorella Alia, che gli dette sei maschi e, secondo alcune tradizioni, anche la figlia Rodo, da cui il nome dell'isola di Rodi. Afrodite fece impazzire i figli, inducendoli ad attentare alla propria madre, per cui Poseidone li precipitò nei visceri della terra con un colpo di tridente.
Poi sposò Anfitrite, une delle Nereidi figlie di Nereo e di Doride, ed ebbe da lei tre figli, dei quali il più noto fu Tritone, e una figlia di nome Roda (spesso confusa con Rodo), poi moglie di Elio, dio del Sole. La leggenda narra che Poseidone l'amasse da tempo ma che la Nereide gli si negasse per timidezza, nascondendosi nelle acque dell'Oceano, oltre le colonne d'Ercole. Fu infine ritrovata dai delfini, che la riportarono a Poseidone.
Ma il dio del mare non si poteva certo definire un modello di fedeltà coniugale, dato che gli vennero attribuite molte altre paternità extramatrimoniali: da una naiade ebbe Glauco che, per aver mangiato un'erba prodigiosa, divenne un'immortale divinità marina; dalla ninfa Toosa ebbe il ciclope Polifemo e Forco, che generò le Gòrgoni, le Graie, il drago Ladone e Scilla. Nacque come comune mortale ma, sconfitto in duello da Atlante, si gettò in mare e fu trasformato in dio, rappresentando la furia delle acque.
Da Medusa ebbe Pegaso - il cavallo alato - e Crisaore; con Melanto si unì sotto forma di delfino, da cui il nome Delfo del figlio; e suoi figli sembrano essere anche i Lestrigoni, giganti antropofagi che attaccarono le navi di Ulisse, quindi collocati tra il Lazio e la Campania; forse anche Briareo, gigante dalle cento braccia, detto dagli umani Aigaion, cioè Egeone, che partecipò come alleato degli Olimpici alla lotta contro i Titani.
Figlio suo è anche l'aggressivo gigante Anteo figlio di Gea (o Gaia, la Madre Terra) che costringeva tutti coloro che attraversavano la sua terra - la Libia o il Marocco - a lottare con lui. Dopo averli vinti e uccisi, con i loro crani ornava il tempio dedicato a Poseidone. Era invulnerabile finché toccava con i piedi la madre Terra che gli infondeva rinnovato vigore, ma Eracle, durante il suo passaggio in Libia, riuscì ad averne la meglio, sollevandolo sulle spalle.
Persino Cariddi, secondo alcuni mitografi, era figlia di Poseidone e di Gea, mentre altri ne attribuiscono la paternità a Forco. Durante la sua vita umana aveva mostrato una grande voracità e, quando Eracle attraversò la sua terra con i buoi di Gerione, Cariddi ne divorò alcuni. Per castigo Zeus la precipitò in mare con un fulmine ed ella divenne il terribile mostro.
Da Lisianassa Poseidone ebbe Busiride che figura nella leggenda come re d'Egitto, posto sul trono da Osiride quando questi intraprese il viaggio intorno alla terra. Tuttavia il suo nome non compare nelle dinastie faraoniche e potrebbe essere una deformazione di "Osiride".
Era un tiranno crudele, colpevole di molti misfatti, al quale l'indovino cipriota Frasio aveva vaticinato che solo il sacrificio di un forestiero, una volta l'anno, avrebbe allontanato la carestia che si era abbattuta sull'Egitto.
Il vate fu quindi la prima vittima e lo stesso Eracle, transitando per il Paese, fu catturato e destinato al sacrificio, ma riuscì a sciogliersi dai vincoli e a riacquistare la libertà, dopo aver ucciso Busiride e tutti i sacerdoti.
Secondo una leggenda era figlio di Poseidone - e non di Oceano, come tutti i fiumi - anche Acheloo, dio del fiume omonimo, oggi Aspropotamo. Come dio-fiume aveva il potere di assumere qualunque forma e quindi si trasformò in serpente e poi in toro per combattere Eracle quando questi chiese in moglie Deianira, già sposata con Acheloo. Nella lotta che ne seguì, Eracle gli strappò un corno e Acheloo si dichiarò vinto; rinunciò a Deianira e donò al rivale il proprio corno - o forse quello della capra Amaltea, già nutrice di Zeus - che, consacrato a Copia, dea dell'abbondanza (cornu copiae), acquistò il potere di elargire fiori e frutti in quantità. Mutilato e sconfitto, Acheloo si gettò nel fiume, che prese il suo nome.
Figli di Poseidone sono anche Alebione e Dercino, che vivevano in Liguria: quando Eracle attraversò la loro terra con i buoi di Gerione, i due cercarono di sottrarglieli ma egli li uccise.
Anche il cavallo alato Arione sarebbe suo figlio, sebbene i mitografi discordino sulle sue origini: chi lo dice nato da una delle Erinni, che abitavano nell'Ade - il regno dei Morti - insieme con le Moire, la Notte, Cerbero e la Morte stessa, personificata da Tanatos, fratello di Ipno il Sonno, entrambi figli della Notte. Chi lo dice nato invece da Demetra, chi da Zefiro e da un'Arpia, chi racconta che Poseidone lo fece emergere dai visceri della terra, percossa dal suo tridente.
Lo stesso è per le Arpie, che in alcuni autori sono mostri nati da Poseidone e da Gea, mentre in altri sono figlie di Taumante ed Elettra. Ugualmente incerto è il loro numero: per alcuni erano tre, Aello, Celeno e Ocipete; per altri erano molto più numerose, di cui le più note si chiamavano Acheloe, Alope, Ocitoe, Podarge e Tiella. Virgilio le descrive come mostri dal viso di fanciulle e dal corpo di uccello. Incitate da Era le Arpie perseguitavano l'indovino Fineo, insudiciandogli la mensa, per punirlo di aver dato ospitalità al fuggiasco Enea. Furono relegate nelle isole Strofadi dai figli di Borea.
Da Eurite Poseidone ebbe il figlio Alirrozio, protagonista di due diverse versioni del mito: secondo la prima, tentò di usare violenza ad Alcippe figlia del dio Ares, che quindi lo uccise; secondo l'altra, Alirrozio si adirò perché l'Attica era stata destinata ad Atena anziché al padre Poseidone e, per rappresaglia, cercò di recidere l'ulivo che la dea aveva donato a quella regione; ma l'ascia gli cadde dalle mani e gli tagliò la testa.
Da Ifimedia, figlia di Triope, ebbe i giganti Oto ed Efialte, detti Aloadi, che crescevano in modo smisurato: quando raggiunsero l'altezza di quasi venti metri decisero di assaltare l'Olimpo e dare battaglia agli dei, manifestando l'intenzione di prosciugare il mare, riempiendolo di massi, e di allagare la terra. Suscitarono quindi le ire divine e, secondo una versione, furono fulminati da Zeus; secondo un'altra, furono uccisi con l'inganno da Artemide, che assunse le forme di una cerbiatta e si slanciò tra i due, che si trafissero a vicenda nella fretta di colpirla.
Amò anche Alope figlia di Cercione, contro il volere del padre di lei, ed ebbe un figlio che fu abbandonato dalla nutrice nella foresta. Poseidone mandò una giumenta, animale a lui sacro, per allattare il bambino che, dopo diverse disavventure, fu allevato da un pastore e chiamato Ippotoo, poi capostipite della tribù degli Ippotoontidi. Alope fu invece messa a morte da Cercione e fu trasformata in fonte da Poseidone.
Secondo una diversa versione del mito di Poseidone, questi era padre dello stesso Cercione, di cui altri mitografi attribuiscono invece la paternità a Efesto. Cercione era il re di Eleusi e possedeva forza e crudeltà smisurate: costringeva alla lotta i viandanti e poi squartava i vinti, legandoli alle cime ravvicinate di alberi opposti, che poi rilasciava, provocando così lo smembramento delle sue vittime. Fu ucciso da Teseo.
Cicno, di Poseidone e di Calice, era il re di Colone nella Troade. Si oppose allo sbarco dei Greci e da solo ne uccise oltre mille, combattendo contro lo stesso Achille, da cui fu più volte colpito senza riportare alcun danno, perché era invulnerabile.
Eufemo, nato da Poseidone e da Europa, eccelleva nella corsa al punto da poter scivolare sulle acque senza bagnarsi i piedi.
Secondo alcuni mitografi, succedette a Tifi come pilota della nave Argo e prese parte alla caccia contro il Cinghiale Calidonio, figlio della scrofa Fea, che secondo alcuni fu invece la sua nutrice.
Era questi grande come un toro, con setole acuminate come dardi, zanne lunghe come falci e alito che uccideva chiunque lo respirasse. Fu mandato da Artemide a devastare il paese di Oeneo, re di Calidone.
Epopeo, re di Sicione, era figlio di Poseidone e di Canace. Accolse Antiope, figlia bellissima del fiume Asopo o del tebano Nitteo, amata da Zeus sotto le spoglie di satiro. Prima della nascita dei due figli avuti da quell'unione, Antiope fuggì per timore del padre, e trovò rifugio presso Epopeo. Il padre si uccise per il dolore ma chiese al fratello Lico di vendicarlo, e questi attaccò Sicione e trucidò Epopeo, riprendendo con sé la nipote.
Di Poseidone e di Amimone, figlia di Danao, è Nauplio ("il Vecchio", antenato di un eroe dallo stesso nome), fondatore della città di Nauplia. Figlio suo sembra essere anche Asopo, dio del fiume omonimo, avuto da Pero; e forse anche il mostro Gerione, fratello di Echidna, la cui madre era Calliroe, figlia di Oceano e di Teti, mentre la paternità è incerta tra Poseidone e Crisaore.
Ma, secondo alcuni mitografi, Crisaore è lui stesso figlio di Poseidone e della Gòrgone, mentre Calliroe ebbe da Poseidone il figlio Minia.
Ippotoe era figlia di Mestore, figlio di Pérseo, e di Lisidice. Poseidone se ne invaghì e la rapì, portandola nelle isole Echinadi, dove ella gli dette il figlio Tafio, a sua volta padre di Pterelao, re dei Teleboi.
Figlio di Poseidone e della Pleiade Alcione è Irieo, padre di Orione e re di Iria, città della Beozia. Secondo altre leggende, Irieo era invece un umile contadino che, per aver accolto nella sua capanna Zeus, Poseidone ed Ermes, fu premiato con l'esaudimento di un desiderio. Chiese pertanto un figlio, che gli dei fecero nascere fecondando la pelle del bue sacrificato in loro onore. Quel figlio fu Orione.
Secondo altre versioni, il gigantesco cacciatore Orione era invece figlio dello stesso Poseidone e di Euriale. Accolto nei cieli in forma di costellazione, era apportatore di pioggia. Dice Virgilio (Eneide, I, 873-877, nella trad. di A. Caro): "... quando / Orion tempestoso i venti e 'l mare / Sì repente commosse, e mar sì fero / Venti sì pertinaci, e nembi e turbi / Così rabbiosi ..." Così pure Parini (La caduta, 1-4): "Quando Orion dal cielo / Declinando imperversa, / E pioggia e nevi e gelo / Sopra la terra ottenebrata versa, / ...".
Probabilmente figlio di Poseidone (ma in qualche versione viene attribuito a Pelope) è anche Scirone, che abitava sulla costa di Megara. Secondo una delle varie leggende che lo riguardano, costringeva i viandanti a lavargli i piedi e poi li precipitava nelle acque sottostanti, dove un'enorme testuggine ne divorava corpi. Fu ucciso da Teseo.
Una delle leggende lo dice sposo di Cariclo, figlia di Cicreo, a sua volta figlio di Poseidone e di Salamina. Poiché un serpente flagellava l'isola omonima, Cicreo lo uccise e gli abitanti lo scelsero come proprio re in segno di riconoscenza. Divenne il protettore dell'isola, oggetto di culto: durante la battaglia di Salamina un serpente apparve tra le navi e l'oracolo di Delfi rivelò che era l'incarnazione di Cicreo, accorso in aiuto dei Greci.
Una delle figlie di Poseidone, Lamia, fu amata da Zeus e mise al mondo la Sibilla Libica. Le Sibille erano profetesse rivelatrici degli oracoli di Apollo, e molte sono le sacerdotesse con questo nome e le leggende che le riguardano. Secondo una delle tante storie, la prima profetessa fu appunto la figlia di Lamia, chiamata Sibilla dai Libici.
Altri figli di Poseidone, avuti da Tiro, discendente di Eolo, sono i gemelli Neleo e Pelia. Abbandonati alla nascita dalla madre, furono nutriti dalla giumenta inviata da Poseidone, cui l'animale era consacrato. Secondo una leggenda, Pelia fu colpito da un calcio della giumenta che gli deturpò il volto, da cui il suo nome, derivato dal greco pelion, cioè "livido". Diventati adulti, i due gemelli ritrovarono la madre, soggetta alle angherie della propria matrigna Sidero; Pelia uccise quest'ultima, nonostante ella si fosse rifugiata nel tempio di Era, e tale sacrilegio fu la causa della sua morte, dopo una vita lunga e densa di fatti e misfatti.
Dalla ninfa Satiria - considerata figlia di Minosse, re di Creta - Poseidone ebbe Taranto, eponimo della città omonima, mentre il nome di lei fu dato al locale Capo Satirione. Così si giustifica la tradizione che attribuisce origini cretesi alla città di Taranto.
Legato al ciclo di Eracle è un altro figlio di Poseidone, chiamato Sileo, che probabilmente aveva per fratello Diceo, ossia "il Giusto", cioè di nome e di fatto l'opposto del fratello. Questi era infatti il crudele padrone di una vigna, in Tessaglia, e costringeva i passanti a lavorare per lui, prima di metterli a morte. Eracle, ricevuto l'ordine di punire Sileo, si mise al suo servizio ma, invece di accudire le viti, devastò la vigna e uccise lo stesso Sileo con un colpo di zappa. Poi si innamorò della figlia di lui e la sposò ma, di lì a poco, dovette assentarsi e la giovane morì per il dolore del distacco. Lo stesso Eracle fu trattenuto a forza dal gettarsi sulla pira funebre dell'amata moglie.
Come si è visto, molti dei figli di Poseidone avevano, come caratteristica comune, una mostruosa forza bruta.
Così Amico - il Gigante nato anch'egli dal dio del mare, che aveva inventato il pugilato e il cesto, e regnava sui Bebrici in Bitinia - metteva a morte, prendendoli a pugni, gli stranieri che approdavano nella sua terra. Quando vi sbarcarono gli Argonauti egli li sfidò in combattimento; Polluce accettò la sfida e, con la sua prontezza e abilità, riuscì vincitore sulla violenza del gigante. La posta della lotta era che il vincitore avrebbe ucciso l'avversario, ma Polluce si contentò di far promettere ad Amico, vincolandolo con un solenne giuramento, di rispettare in futuro gli stranieri.
E lo stesso loro padre, forza benevola e generosa per gli uomini che lo onoravano e ne temevano la collera, quando si scatenava incarnava una violenza primitiva e incontrollabile. Tanto che al mare in tempesta, le cui onde battono le coste facendo tremare la terra, veniva legata un'altra prerogativa di Poseidone, quella di scatenare i terremoti.
I poemi omerici ci narrano di Poseidone che insieme ad Apollo costruì le mura inespugnabili di Troia, per ricompensare il re Laomedonte della sua ospitalità. Ed è anche ben nota l'irriducibilità della sua ira nei confronti di Ulisse, che gli aveva accecato il figlio Polifemo, e che egli ostacolò continuamente nel lungo viaggio di ritorno in patria, malgrado gli interventi a favore del suo protetto di Atena e dello stesso Zeus.
I Greci, grandi navigatori, ovviamente avevano un particolare culto per la massima divinità marina. Non vi fu luogo o città della Grecia dove non venissero innalzate statue o templi per il dio che squassava le onde col tridente. Gli fu costruito un tempio sull'istmo di Corinto e là si svolgevano i giochi Istmici, ai quali accorrevano tutti i Greci. Gli si intitolavano anche città, come Paestum, nell'Italia meridionale, che nacque come Posidonia, ossia città di Poseidone.
Poseidone è anche legato a tutte le sorgenti e alle acque che scorrono sulla terra, e come signore dei cavalli era particolarmente venerato nella Tessaglia, famosa per i suoi allevamenti. Si ritiene che sia il culto di Poseidone che il cavallo provenissero dall'Anatolia; e la figura di Poseidone trova strette analogie con delle divinità sumeriche, che esprimevano profezie collegate al mare.
La divinità corrispondente al Poseidone dei Greci, prese il nome di Nettuno presso i Romani; ma non essendo essi, a differenza dei Greci, dediti precipuamente alla navigazione ed esplorazione di terre lontane, il dio era onorato come il protettore dei pescatori e dei battellieri, ed era esaltato come signore dei cavalli, e gli venivano perciò dedicate le corse nel circo.
A Poseidone/Nettuno era sacro anche il delfino, sempre apprezzato dai marinai in quanto il suo apparire era segno di mare calmo e, quando nuotava vicino alle imbarcazioni, si riteneva che contribuisse a mantenerle in rotta. E al dio delle acque era stata consacrata anche una pianta: il pino. Le navi erano infatti quasi interamente costruite con tavole di legno di pino (o di cedro del Libano), considerato il migliore per la loro realizzazione.
Per i Romani la consorte di Nettuno era Venilia, antichissima divinità marina, forse una ninfa. Secondo alcuni si unì con Giano o con Fauno o con Dauno mentre, per Virgilio, era madre di Turno, re dei Rutuli, poi ucciso in duello da Enea.