Fiabe di Natale

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view post Posted on 2/2/2009, 15:09

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Non si sa per certo quando nacque Gesù Cristo, e ci si domanda: perché la data fu collocata in concomitanza del solstizio d'inverno? Cercheremo di spiegarvelo. Si deve sapere, che fin dai tempi antichi, i popoli che vivevano nell'Europa ( Celti, Finnici, Danesi, Lapponi, Unni, Romani etc. etc. ), erano influenzati dal mutar delle stagioni, a cui davano, sia pur con espressioni diverse, un unico significato: la lotta del sole, simbolo di luce prosperità e vita, con la notte, simbolo di tenebre, disgrazie e morte. Il culmine di questa lotta, era il solstizio d'inverno, ovvero il periodo dell'anno, nel quale la notte prendeva il sopravvento sul giorno; nelle gelide terre del nord Europa questo fenomeno naturale, per via della vicinanza al polo, era sentito maggiormente. Ecco che la paura atavica dell'uomo per le tenebre e i suoi abitanti, portarono questi popoli a riti per ingraziarseli. I resti dei banchetti venivano lasciati tutta la notte sui tavoli e il fuoco rimaneva acceso, per dar modo alle anime dei morti di rifocillarsi e scaldarsi. Le porte delle case venivano bagnate da sangue di cavallo sacrificato al sole, per scacciare gli spiriti malvagi che la notte si aggiravano per le vie dei paesi. Anche la natura ricoperta di neve, sembrava soccombere alla lunga notte invernale e per questo che nelle campagne della Francia, Germania, Irlanda, Scozia e nella penisola Scandinava, venivano accesi grandi falò; sugli alberi venivano messi dolcetti e cibo affinché si risvegliassero; le case venivano adornate con rami di sempreverdi come biancospino o agrifoglio, si accendevano candele e nel camino c'era sempre un ceppo che ardeva; ogni popolo aveva le sue usanze e credenze. Fu naturale collocare, la nascita di Colui che avrebbe sconfitto le tenebre, in questo magico periodo. L' Evangelizzazione di queste terre, creò una fusione tra vecchio e nuovo, tale da lasciare tracce di questi popoli, in ogni festività che si celebra in questo periodo dell'anno. I fuochi che ancora oggi brillano nelle campagne di alcuni paesi la notte di S. Lucia; i doni che Santa Claus ( San Nicola ) porta ai bambini; gli alberi di Natale che fino a pochi anni fa, venivano adornati con dolcetti e candele, ora sono pieni di lucine e palle colorate; le veglie, i cenoni, ci riportano in queste atmosfere magiche dei tempi antichi.
 
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view post Posted on 2/2/2009, 23:03

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Fantasia di Natale




Era la vigilia di Natale. Nella vecchia casa si erano riuniti i parenti e gli amici più intimi per celebrare tutti insieme la festa più bella dell'anno. C'erano la vecchia nonna, la mamma, i due gemelli, Maria, la sorella maggiore, il parroco, un giovane dottore e persino i due cani. Per ultimo giunse il vecchio maestro con la sua solita aria svanita ed il cappotto logoro. Ma era sempre così allegro, gioioso e buono che tutti gli volevano bene. " Cosa avete portato?" gli chiesero i gemelli correndogli incontro. Il maestro, pur non avendo nulla, dava sempre l'impressione di avere tutto, proprio come un mago. " Ho qualcosa che farà piacere a tutti!" rispose e, prese dalla tasca del cappotto una scatola da cui estrasse una polvere. Il maestro mise la polvere sul ceppo del camino ed il fumo si diffuse per tutta la stanza. Allora la scena cambiò per ognuno. Tim, uno dei gemelli, si ritrovò a cavallo di un superbo destriero bianco. In mano teneva una spada scintillante e cavalcava terre lontane e sconosciute.


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Tom, il fratello, si ritrovò su una nave che solcava l'oceano e lui ne era il valido capitano. Maria si ritrovò vestita con il più bell'abito da sposa che avesse mai sognato e il dottore invece si vide passeggiare per strada accanto alla sua adorata sposa, Maria e con loro vi era un tenero bambino dai riccioli color ebano. Il parroco per un attimo non scorse nulla ma il fumo lentamente si diradò e allora poté scorgere la città di Betlemme e udire mille campane suonare a festa. Nel cielo splendeva la stella cometa ed il parroco sentì il cuore colmarsi di gioia. La nonna invece vide una fanciulla seduta sopra ad un cuscino di velluto. Guardò meglio e vide sé stessa, bella e giovane, avvolta nell'abito da sposa che le aveva confezionato la sua mamma. Infine la mamma si ritrovò tra le mani metri e metri di broccato d'oro e non finiva più di misurare il tessuto pensando all'abito elegante che avrebbe potuto confezionarsi. Anche i cani ebbero la loro visione e mugolarono felici scodinzolando allegramente. A mezzanotte in punto le campane della chiesa suonarono. Allora il maestro spazzò via il fumo e l'aria tornò nitida e chiara. Tutti si risvegliarono in tempo per mangiare il budino e bere lo spumante. Il sogno magico era svanito, ma nel cuore di ognuno regnava un vago sentimento di pace e felicità.

 
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view post Posted on 4/2/2009, 18:09

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Gli scarponi





Era la vigilia di Natale. Una bimbetta pallida e scarna, vestita di cenci, si aggirava per le vie luminose della città chiedendo l'elemosina ai passanti che, frettolosi, neanche le badavano. Si chiamava Celestina. Era rimasta orfana a soli sette anni, e coloro che l'avevano raccolta la obbligavano a mendicare tutto il giorno e la picchiavano senza pietà se, rincasando, non portava un bel gruzzolo di denari. Quella sera la povera bimba, era anche più triste del solito e si sentiva più che mai sola ed estranea, tra quella folla lieta, tra quelle vetrine rigurgitanti di belle cose. Sapeva che quella notte il Bambino Gesù avrebbe portato giocattoli e dolci a tutti i bambini meno che a lei. Infatti come avrebbe potuto Gesù ricordarsi dell'umile
Celestina, con tanti bambini che c'erano al mondo?

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E se poi, nella sua bontà divina, Egli le avesse voluto portare qualche dolce o qualche giocattolo, dove l'avrebbe deposto? Celestina non possedeva neanche un paio di scarpette da preparare sotto la cappa del camino. Pensando a questo, la bimba si trascinava di mala voglia verso la sua povera dimora, dove non c'era nessuna persona cara ad attenderla, quando, passando davanti al negozio d'un calzolaio, si fermò. Sopra un banco stavano allineate tante scarpe d'ogni dimensione e d'ogni forma, e il padrone, di tutta quella merce, invece di sorvegliarla, stava dormicchiando in un angolo della bottega. Celestina non seppe resistere alla tentazione: con un rapido gesto afferrò il primo paio della fila, che per combinazione erano scarponi da uomo, fuggì con la refurtiva, stringendosela al petto. Finalmente anch'essa avrebbe avuto un paio di scarpe da mettere sotto il camino. Senza mai fermarsi, corse, corse attraverso le strade popolose, salì tutto d'un fiato le scale di casa ed entrò finalmente nella sua soffitta. Subito depose gli scarponi presso il camino spento, poi entrò soddisfatta nella cassa da imballaggio che le serviva da letto e, rannicchiatavisi tutta, attese. Chissà se il Bambino Gesù si sarebbe ricordato quest'anno di lei? Che cosa le avrebbe portato? Forse una bambola con un vaporoso vestito di seta rosa e di pizzo, come quella che aveva visto nella ricca vetrina? Sarebbe venuto il Bambino in persona o avrebbe mandato un angelo? Ma ecco che di colpo la soffitta fu tutta illuminata da una luce abbagliante. In mezzo alla stanza si teneva ritto un angelo, con grandi ali bianche e un viso dolcissimo incorniciato da riccioli biondi. Egli teneva aperto in mano un grande registro e, dopo aver letto attentamente in esso, esclamò:" Sì, c'é scritto Celestina. Ed é qui che abita. Anche per lei ho qualcosa." E dal suo mantello trasse fuori proprio la bambola vestita di rosa. Avvicinatosi al caminetto, stava per deporla in terra, quando vide gli scarponi. "Ma come mai stanno qui queste scarpe? Certo qui c'é uno sbaglio." Rimise allora la bambola sotto il mantello e, dopo aver lanciato uno sguardo severo alla bimba, che dal suo lettuccio lo fissava come ipnotizzata, scomparve improvvisamente. La bimba comprese il rimprovero contenuto in quello sguardo. Aveva commesso una gran cattiva azione, impadronendosi di quegli scarponi che non le appartenevano. Come mai si era lasciata vincere dalla tentazione? Per tutta la notte la povera piccola si girò e rigirò nel suo giaciglio singhiozzando pentita.

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Appena fu mattina, si vestì in fretta, prese i malaugurati scarponi e corse dal vecchio calzolaio, che trovò appunto sulla soglia della sua bottega, e gli porse le scarpe rubate confessandogli piangendo la sua colpa. Poi fuggì via e ritornò nella sua soffitta. Ma qui l'aspettava una grande sorpresa. Seduta in mezzo al piano del camino, stava la bambola vestita di rosa, circondata da una grande quantità di dolci appetitosi; Celestina sgranò gli occhi....non era un sogno,ma il premio per il suo gesto.

 
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view post Posted on 4/2/2009, 20:25

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I fili d'oro



Una graziosa leggenda spiega l'origine dei fili d'oro e d'argento con cui gli abeti vengono ornati. In una lontana notte di Natale, in una casa di campagna con tanti bambini, l'albero era pronto, già ornato di candeline e di palle colorate.

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Era così bello che anche il cane e il gatto erano rimasti a lungo in ammirazione e i topi avevano messo il musino fuori dalle tane. Anche i ragni che stavano nascosti negli angoli bui della stanza, incuriositi dall'insolito chiarore, vollero rendersi conto di quel che stava succedendo. Si arrampicarono di ramo in ramo, di palla in palla, di candelina in candelina. Sì era un bell'albero, convennero e tornarono soddisfatti ai loro angoli nascosti. La mattina i bambini si alzarono felici e corsero ad ammirare il loro albero.

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Meraviglia! Non c'erano soltanto le palle colorate, le arance e i gingilli, ma i rami erano ornati da un lungo filo d'oro che faceva brillare l'albero. In quella notte di prodigio anche la bava dei ragnetti si era trasformata in un filo prezioso. Da quel lontano Natale ogni albero si ornò di luminosi fili d'oro e d'argento.
 
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view post Posted on 4/2/2009, 22:14

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I gioielli dei poveri



L'imperatore di Bisanzio Julianos Paravitas aveva inviato in Cappadocia un suo rappresentante per riscuotere le tasse. L'uomo di Bisanzio giunse dopo un viaggio sfibrante tra quelle vallate riarse e poverissime; radunò i capi delle comunità che lo consigliarono di rivolgersi a Basilio, l'uomo più stimato e amato dal popolo. Il problema infatti era grosso; come raccogliere denaro da gente che aveva a malapena da sostenersi col magro frutto di quella terra rocciosa e deserta? Basilio chiese tre giorni di tempo all'Inviato dell'Imperatore e andò a parlare con tutte le famiglie che vivevano nelle tipiche grotte della zona. Le tasse non le potevano pagare per la semplice ragione che di denaro, da quelle parti, praticamente non ne circolava. Consegnarono dunque a Basilio tutti quei piccoli oggetti di qualche valore che erano loro rimasti come testimonianza di tempi solo di poco migliori.



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Quando venne il terzo giorno e l'Inviato dell'Imperatore si trovò davanti agli occhi quei poveri oggetti, nella dura crosta che l'incarico amministrativo aveva formato dentro il suo animo, si aprì una crepa. Restituì a Basilio le piccole gioie che gli aveva portato e decise di tornare a Bisanzio a mani vuote e di rischiare la collera dell'Imperatore. Basilio, appena riuscì a riaversi dalla sorpresa di vedere un amministratore che si comportava in modo umano, si rese conto che non era più in grado di restituire oggetto per oggetto ai legittimi proprietari, perché al momento di consegnare il pegno come pagamento delle tasse, aveva mischiato tutto insieme. Per non far nascere litigi usò uno stratagemma; fece tanti pani quante erano le famiglie della comunità. In ogni pane racchiuse un gioiello, poi ad ogni famiglia consegnò un pane, raccomandando di tagliarlo in tante parti uguali quanti erano i componenti. L'oggetto prezioso sarebbe diventato di proprietà di chi l'avesse trovato nella sua porzione. Da allora é rimasta la tradizione in Grecia di preparare a Natale un dolce molto semplice e di forma circolare, con una moneta al suo interno.

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L'ultimo giorno dell'anno il dolce viene diviso secondo l'antico rituale e chi trova nella sua porzione la moneta é considerato il fortunato della famiglia per tutto l'anno.
 
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view post Posted on 7/2/2009, 22:10

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I 4 Angeli.



Gli angeli sono quattro, come quattro sono le settimane che preparano al Natale ed ognuno di essi indossa un vestito di un colore che rappresenta una particolare qualità. Il blu significa il silenzio ed il raccoglimento; il rosso rappresenta l'amore; il bianco é il simbolo della luce che brilla nel cuore di chi crede ed il viola, che é formato dall'unione del blu e del rosso, indica l'amore vero, quello profondo, che nasce quando si sta in silenzio e si ascolta la voce del Signore dentro di noi.

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Durante la prima settimana, un grande angelo discende dal cielo per invitare gli uomini a prepararsi per il Natale. E' vestito con un grande mantello blu, intessuto di silenzio e di pace. La maggior parte della gente non sente il suo arrivo perché é troppo indaffarata nelle faccende quotidiane. L'angelo blu canta con voce profonda e soltanto quelli che hanno un cuore attento possono sentirlo. Egli canta: " Il cielo scende sulla terra. Dio viene ad abitare nel cuore degli uomini. Prestate attenzione! Apritegli la porta". E quelli che lo sentono incominciano a prepararsi per il Natale;

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cantano lodi al Signore, pregano, si impegnano a diventare più buoni per essere degni di colui la cui bontà é infinita... Durante la seconda settimana, un angelo col mantello rosso scende dal cielo e porta un cesto vuoto con la mano sinistra. Questo cesto é intessuto di raggi di sole e può contenere soltanto ciò che é leggero e delicato. L'angelo rosso passa su tutte le case e cerca; guarda nel cuore di tutti gli uomini per vedere se trova un po' di amore....Se lo trova, lo prende lo mette nel cesto e lo porta in alto, in cielo. E lassù le anime di tutti quelli che sono sepolti in terra e tutti gli angeli prendono questo amore e ne fanno della luce per le stelle. Nella terza settimana, un angelo bianco e luminoso discende sulla terra. Tiene sulla mano destra un raggio di sole. Va verso gli uomini che conservano in cuore l'amore e li tocca col suo raggio di luce. Essi si sentono felici perché nell'inverno freddo e buio sono rischiarati ed illuminati. Il sole brilla nei loro occhi, avvolge le loro mani,i loro piedi e tutto il corpo. Anche i più poveri e gli umili sono così trasformati ed assomigliano agli angeli, perché hanno l'amore nel cuore. Soltanto coloro che hanno l'amore nel cuore possono vedere l'angelo bianco... Nella quarta settimana e ultima settimana di Avvento, appare in cielo un angelo dal mantello viola. L'angelo color viola passa su tutta la terra tenendo col braccio sinistro una cetra d'oro.

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Suona una musica dolcissima e canta soavemente. Ma per poterlo udire occorre avere un cuore silenzioso ed attento. Egli canta il canto della pace. Molti piccoli angeli lo accompagnano e cantano con lui. " Pace in terra agli uomini di buona volontà" canta, dopo di cui tutti i semi che dormono sulla terra si svegliano perché essa ha ascoltato questo canto ed ha tremato di gioia.
 
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view post Posted on 12/2/2009, 09:05

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Petruscia



I mercanti che andavano alla fiera dell'Est sostavano abitualmente alla Gospoda, una locanda situata nelle terre del Conte Piotr, che i contadini chiamavano affettuosamente Petruscia, perchè era molto benvoluto. Anche il Conte Piotr sostava alla Gospoda quando andava a far visita alla madre, la Contessa Aniela. era usanza che il giorno della vigilia di Natale, le donne del paese salissero al Castello con i bambini a fare gli auguri alla Contessa e a ricevere doni.

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Quel giorno era la vigilia di Natale e petruscia arrivò come al solito alla Gospoda con la slitta carica di regali. Il fedele Walenty lo accompagnava. Al momento di rimettersi in cammino, il locandiere disse al Conte: " Si é fatto tardi, c'é una bufera nell'aria, aspettate domani". Ma quella volta Petruscia era spinto avanti da una fretta angosciosa, come da un presentimento. Walenty frustò i cavalli e partirono. Poco dopo la bufera aveva avvolto ogni cosa.

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I cavalli accecati non trovavano la strada e il freddo attanagliava i due uomini. L'indomani mattina, la mattina del giorno di Natale, i cavalli guidati dal loro senso di orientamento, sostarono bianche ed intirizziti davanti all'ingresso del Castello; avevano portato la slitta a destinazione, ma nella slitta i due passeggeri non davano più segno di vita. I servitori accorsi, trovarono Petruscia ormai esanime e walenty svenuto ma ancora vivo, coperto con la pelliccia del Conte. " L'ha coperto con la sua pelliccia" mormorarono i servitori commossi. Quando Walenty si riebbe gli raccontarono che la vecchia Contessa era morta la sera prima chiedendo di suo figlio. Era morta nel momento preciso in cui Petruscia aveva voluto a tutti i costi partire con la bufera. Dal Paradiso Petruscia e la Contessa Aniela guardavano sorridendo il fedele Walenty che in ricordo del suo buon padrone indossava la pelliccia che gli aveva salvato la vita.

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I bei tappeti che ornavano le stanze migliori della locanda erano scivolati misteriosamente sui pagliericci più umili, le collane d'ambra che Petruscia portava in dono sulla sua slitta, erano cadute sulla neve ed erano diventate bianche betulle: il miracolo era avvenuto durante la notte di Natale.
 
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view post Posted on 12/2/2009, 17:03

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La lucciola


Ad adorare il bambino Gesù nella capanna di Betlemme insieme con gli altri animali accorsero anche gli insetti. per non spaventare il piccolo restarono in gruppo sulla soglia. Ma Gesù, con un gesto delle rosee manine, li chiamò ed essi si precipitarono,portando i loro doni. L'ape offrì il suo dolce miele, la farfalla la bellezza dei suoi colori, la formica un chicco di riso, il baco un filo di finissima seta. La vespa, non sapendo che cosa offrire, promise che non avrebbe più punto nessuno, la mosca si offrì di vegliare, senza ronzare, il sonno di Gesù. Solo un insetto piccolissimo non osò avvicinarsi al bambino, non avendo nulla da offrire.

Se ne stette timido sulla porta; eppure avrebbe tanto voluto dirgli il suo amore. Ma, mentre con il cuore grosso e la testa bassa stava per lasciare la capanna, udì una vocina: " E tu, piccolo insetto, perché non ti avvicini?" Era Gesù stesso che glielo domandava. Allora, commosso l'insetto volò fino alla culla e si posò sulla manina del bambino. Era così emozionato per l'attenzione ricevuta, che gli occhi gli si colmarono di lacrime. Scivolando giù, una di queste, cadde proprio sul piccolo palmo di Gesù. " Grazie", sorrise il bambinello. " Questo é un regalo bellissimo". In quel momento un raggio di luna, che curiosava dalla finestra, illuminò la lacrima. " Ecco é diventata una goccia di luce!" disse Gesù sorridendo. " da oggi porterai sempre con te questo raggio luminoso. E ti chiamerai lucciola."
 
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view post Posted on 12/2/2009, 17:33

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l'abete

C'era una volta, un abete che viveva nella grande foresta insieme con altri compagni. D'inverno la neve lo ricopriva col suo candido mantello, d'estate il sole lo accarezzava con i suoi caldi raggi, e gli

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uccelli che venivano a fare il nido fra i suoi rami gli raccontavano storie meravigliose apprese nei lontani paesi d'oltremare. Ma l'albero era scontento e si lamentava continuamente,

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desiderando sempre ciò che non poteva avere e invidiando soprattutto quegli alberi che venivano tagliati e portati dagli uomini verso chissà quali grandiosi destini. Un giorno, finalmente anch'esso fu tagliato e, condotto in città, fu messo in un vaso e deposto in mezzo ad una grande sala. Poi vennero

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delle persone che lo ornarono tutto con piccoli oggetti luccicanti, candeline multicolori, dolci e balocchi d'ogni specie. Quando fu sera, nel salone illuminato entrarono alcuni bambini che, gridando e saltando, saccheggiarono senza pietà l'albero e poi, soddisfatti, se ne andarono. Allora l'abete fu spogliato di tutti gli ornamenti e fu portato in solaio dove venne abbandonato al buio insieme con altre cose inutili. Rimasto solo, esso pianse amaramente sulla sua triste sorte e ripensò ai bei giorni trascorsi nella grande foresta,


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quando non sapeva apprezzare i doni della natura. I mesi passarono veloci; e un giorno alcune persone entrarono nella soffitta, presero l'albero ormai diventato secco, lo
tagliarono a pezzi e lo gettarono nel fuoco. Avvolto dalle fiamme, l'abete bruciava consumandosi rapidamente e di quando in quando mandava un crepitio doloroso. Ben presto del vigoroso abete, che aveva sfidato i venti del bosco, non rimase più che un mucchio di cenere. Bisogna sempre accontentarsi della propria sorte.
 
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L'omino di neve


Natale si avvicinava. La neve quell'anno era caduta in abbondanza, ed il lago che d'estate appariva come un tondo occhio azzurro rivolto verso il cielo, era diventato un tondo tappeto immacolato. I due villaggi sulle sponde opposte erano quasi spariti nella neve perché i tetti, come grandi cappelli bianchi, nascondevano le case. In uno dei due villaggi i bambini avevano fatto un bellissimo Omino di neve. Nell'altro villaggio le bambine avevano fatto una bellissima Donnina di neve.

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Infatti si narra che a Natale, quando batte l'ultimo rintocco di mezzanotte, l'Omino e la Donnina diventano vivi e giocano insieme andando a curiosare nelle finestre delle case dove dormono i bambini e mangiano i dolci che i bambini hanno preparato per loro sul davanzale. L'Omino era bello grasso e fiero del suo cilindro e della sua scopa brandita come una bandiera. Aveva due occhi di carbone, molto penetranti, un naso rosso carota e denti fitti. La Donnina non era da meno; in testa un gran fazzoletto rosso con toppe a fiorellini e un grembiulone che sottolineava le sue forme opulente. L'Omino e la Donnina aspettavano felici la notte di Natale, ansiosi di incontrarsi. E venne il grande momento. Un campanile suonò il primo rintocco. Ovattato dalla distanza e dalla neve, rispose il primo rintocco dell'altro campanile al di là del lago. L'Omino e la Donnina contarono puntigliosamente fino a dodici, poi cominciarono a sgranchirsi le gambe per andare uno incontro all'altra. Si misero in cammino; il percorso non era lungo perché il lago non era grande, ma la loro mole non permetteva un'andatura scattante. Così, calmi calmi, arrivarono alla parte opposta del lago. L'Omino si guardò intorno e... non vide nessuno ad aspettarlo. La donnina si guardò intorno e... non trovò l'Omino. L'Omino era perplesso. La Donnina era perplessa. L'Omino pensò un poco e decise che la Donnina doveva aver compiuto il percorso lungo l'altra sponda. La donnina fece altrettanto. " L'aspetterò qui senza muovermi" pensò l'Omino. La stessa cosa fece la Donnina. Aspetta, aspetta il tempo passava e non succedeva nulla. Sapevano di avere soltanto quella notte per incontrarsi e stare insieme. Sapevano che l'incantesimo sarebbe cessato alla prima luce dell'alba. Dopo molta attesa, l'Omino decise di tornare sui suoi passi dalla parte opposta di quella per la quale era venuto.

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E la Donnina fece altrettanto. Arrivarono così al punto di partenza e di nuovo si trovarono soli. A questo punto, se avessero avuto un cuore, avrebbe cominciato a battere in fretta. Invece si rimisero in cammino con il loro passo goffo e ricominciarono a cercarsi. Le ore della notte passavano. Finalmente la fortuna li aiutò e si incontrarono. L'Omino disse: " Come sei bella!". La Donnina disse: " Come sei bello!". Già la notte cominciava ad essere meno scura e nell'aria si indovinavano le prime luci del giorno.

 
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view post Posted on 12/2/2009, 21:25

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La leggenda dell'albero


Era la vigilia di Natale dell'anno 1611. La duchessa di Brieg, una nobildonna tedesca nota per la sua inventiva, si aggirava per le scale del suo castello. Tutto era pronto per la notte santa ; i trofei di sempreverdi da appendere alle pareti, le candele da accendere a mezzanotte, il gran ceppo da mettere nel camino. Eppure la duchessa non era contenta. C'era un angolo che le sembrava spoglio. Allora si avvolse le spalle in uno scialle ed uscì nel parco; era sicura che la natura generosa le avrebbe offerto
qualcosa.

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E così fu; vide infatti un piccolo abete e subito pensò che in quell'angolo vuoto sarebbe stato benissimo, così vivo e verde. Chiamò un giardiniere, gli ordinò di scalzare la pianta con tutte le radici e la fece mettere in un grosso vaso pieno di terra. Poco dopo l'abete spargeva il suo buon profumo nel gran salone delle feste. La duchessa era molto soddisfatta, anche se non sapeva di aver inventato il primo albero di Natale.
 
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Judeke


Judeke viveva solo in un ospizio, ma era conosciuto in tutto il paese per il suo violino; aveva un modo tutto particolare di suonarlo, senza virtuosismi, ma traendone note di una tale dolcezza che incantava anche i semplici contadini che non avevano l'orecchio musicale. Tutti gli anni, il giorno della vigilia di Natale, Judeke faceva il giro delle chiese del paese, suonando davanti al Presepio, e a mezzanotte accompagnava la messa di Natale.

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Quel vecchietto magrolino, che sembrava aver raccolto tutte le sue energie a farsi crescere una barba bianca lunga fino a terra, era diventato per tutti parte integrante della festa di Natale, come personaggio del Presepio. I paesani riconoscevano da lontano il suo lungo pastrano nero che contrastava con la barba e il violino che teneva sempre sotto il braccio perché l'astuccio aveva perso la maniglia chissà quanto tempo prima. Soprattutto i bambini lo amavano e si tenevano pronti fin dal mattino davanti alla prima chiesa, aspettandolo con impazienza per accompagnarlo nel suo giro abituale. Judeke entrava in chiesa, si metteva davanti al Presepio, estraeva il violino e cominciava a suonare. I bambini lo accompagnavano cantando i canti tradizionali e lo ascoltavano rapiti. Passavano gli anni. I bambini diventavano grandi ed altri bambini li sostituivano per accompagnare Judeke di chiesa in chiesa la vigilia di Natale.Passavano gli anni e Judeke trascinava sempre più faticosamente le gambe, ma quando suonava era ancora Judeke di sempre, perché il tempo non aveva intaccato la sua musica. Giunse un anno in cui Judeke non si presentò all'appuntamento della vigilia di Natale. I bambini erano già schierati fin dalla mattina all'entrata della prima chiesa, dalla quale Judeke cominciava abitualmente il suo giro. Passarono le ore, passò la giornata e, Judeke non venne. Arrivò la sera e i bambini andarono pieni di apprensione alla messa di Natale. La messa iniziò e Judeke ancora non si vedeva. I bambini durante la cerimonia mormoravano "verrà certamente, é in ritardo ma verrà." E si voltavano ogni momento a guardare verso la porta. La messa finì, la gente si avviò all'uscita, e i bambini rimasero in gruppo seduti sui banchi della chiesa. Era tardi, il sagrestano voleva spegnere le luci, chiudere e andare a dormire, ma i bambini rifiutavano di muoversi. Ed ecco un accordo di violino vibrò nella penombra;
Judeke era arrivato e suonò per i bambini nella chiesa ormai vuota. Quando l'accompagnarono all'uscita si accorsero che il suo passo era malfermo; la neve cadeva in grossi fiocchi bianchi ed il vecchio riuscì con molta fatica a raggiungere la sua stanzetta, mentre una bambina piccola piccola gli portava il violino e il cilindro. "Judeke guarisci!" dissero i bambini. Quello fu l'ultimo Natale di Judeke, ma i bambini lo ricordano come il più dolce.
 
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view post Posted on 12/2/2009, 22:18

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L'Angelo custode



C'era una volta, e c'é ancora adesso, un angelo custode. Era un angelo come tanti altri, ma era molto triste perchè era custode e protettore di un bambino così discolo che non si era mai visto, si chiamava Paolo. Paolo era svogliato, disubbidiente, qualche volta cattivo e tutte le volte il suo angioletto si disperava e non sapeva più come fare per trattenerlo. Finché un giorno ebbe un'idea grandiosa. Chiese un colloquio con Dio e quando si trovò alla sua presenza espose la sua proposta.

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Chiese il permesso di scendere sulla terra e di parlare con Paolo sicuro in questo modo di riuscire a convincerlo a cambiare vita. Dio ci pensò un po' su ed infine accordò all'angioletto il permesso di fare quest'ultimo tentativo, ma con la promessa di non toccare la terra con i piedi, altrimenti non avrebbe più potuto risalire in cielo. L'angioletto allora chiese timidamente come avrebbe fatto a non poggiare i piedi per terra, ma Dio non fece altro che sorridere facendo gli auguri di buona fortuna. L'angioletto cominciò a girovagare per il cielo volando da una nuvola all'altra pensando a come poter scendere sulla terra mantenendo i piedi separati da essa. Ad un tratto fu attirato dal vociare di alcuni angeli che stavano giocando su di una nuvola attrezzata con un'altalena. Immediatamente capì che aveva trovato lo strumento adatto per la sua missione. Aiutato dagli altri angioletti riuscì a costruire un' altalena con le corde lunghe dal cielo alla terra. L'angioletto si accomodò sul sedile e si raccomandò con gli amici di farlo scendere lentamente e poi di trattenere le corde fino al suo segnale di risalita. Per l'occasione aveva vestito il suo abito migliore, quello delle grandi occasioni, un frac tinta nuvola completo di bastone e cappello. Cominciò la discesa finché non si trovò sospeso a mezz'aria in attesa di Paolo. E Paolo non si fece attendere; incuriosito dal personaggio così strano subito si avvicinò domandando chi fosse e come mai avesse la faccia così triste.

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L'angioletto iniziò la sua storia da quando era stato assegnato come suo custode elencando tutti i dispiaceri che aveva passato per colpa sua, e ad ogni nuova avventura aggiungeva un granellino di sabbia sulla piccola bilancia che teneva in mano, la quale pendeva inesorabilmente in un solo senso. Paolo lo ascoltò con attenzione; ma lui era furbo; non era mica un bambino che credeva agli angioletti, e così con una alzata di spalle fece per andarsene. L'angioletto disperato vedendo sfuggire il suo protetto cominciò a chiamarlo dicendo che non poteva scendere dall'altalena in quanto non sarebbe più potuto risalire. Paolo si fermò; tornò indietro, guardò l'angioletto in lacrime e gli disse che gli avrebbe creduto se gli avesse fatto vedere il cielo sopra le nuvole. L'angioletto ci pensò un poco su, poi decise che una vita salvata valeva pure una sgridata del "Capo". Fece salire Paolo sull'altalena e diede ordine ai suoi amici di tirare su. L'altalena non si mosse. L'angioletto gridò più forte; niente; come prima. Paolo stava per prendersi la sua rivincita quando l'angelo cominciò ad arrampicarsi su una delle corde. Svelto come un gatto anche lui lo seguì dall'altra corda ed insieme salirono fino alle nuvole. Quando arrivarono su, videro che gli amici erano tutti addormentati e quindi non avevano udito il comando di risalita. Ma se loro avevano lasciato le corde dell'altalena, come mai non era caduta sulla terra ? I due si accorsero allora che le corde proseguivano in alto, su un'altra nuvola.

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Ripresero a salire, arrampicandosi finché non spuntarono dall'altra parte. Si trovarono di fronte al "Capo" che aveva le corde dell'altalena legate ad un dito e li guardava sorridendo. Paolo che era davanti si voltò indietro in direzione dell'angioletto per chiedere spiegazioni e con immenso stupore si accorse che il viso dell'angelo era diventato uguale al suo, come una goccia d'acqua. A quel punto capì tutto, capì che era tutto vero quello che aveva ascoltato dalla bocca dell'angelo, capì che era di fronte a Dio e capì che di fronte a Dio tutti gli angeli custodi sono visti con lo stesso volto degli uomini di cui sono custodi sulla terra. Ridiscese trasformato, e cominciò a mettere in pratica quello che tutti gli avevano insegnato e lui non aveva mai seguito. Un giorno ripassò nel luogo in cui aveva incontrato l'angelo e ci trovò ancora l'altalena. Si sedette e cominciò a dondolarsi, felice di sentirsi cullato dalla mano di Dio. Guardò in alto e vide sopra la nuvola il "suo" angioletto sorridente con in mano la stessa bilancia del primo incontro; questi cominciò a versare la sabbia del piatto su Paolo trasformandola in una pioggia di polvere dorata che ricoprì il suo cuore e lo riempì di felicità.

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Oggi Paolo non ha più bisogno di andare a dondolarsi sull'altalena per sentirsi vicino al Padre che é nei cieli, ma ancora oggi i suoi bambini prima di addormentarsi alla sera vogliono ascoltare la stupenda avventura del loro papà e del "suo" angioletto.
 
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