L'ANIMA GEMELLA NELLA TEORIA DEL KARMA

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view post Posted on 9/6/2009, 22:12

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L'ANIMA GEMELLA NELLA TEORIA DEL KARMA

di Paola Mastrorilli


Prima di parlare del concetto di “anima gemella”, espresso pienamente nelle teorie e nelle religioni che fanno riferimento al Karma, sarebbe forse bene fare una premessa sul significato di Karma e Reincarnazione.
La convinzione che l’anima, una volta morto il corpo fisico, si reincarni, deriva dalle dottrine orientali, quali la filosofia buddista e la religione induista.
Secondo l’Induismo l’esistenza si basa sul concetto di causa-effetto. Questo vuol dire che a ogni azione, compiuta nel bene o nel male, consegue un’azione ulteriore: ogni evento è effetto di un evento precedente e causa di un evento successivo. In fondo è quello che constatiamo nella vita di tutti i giorni ma l’Oriente sposta quest’idea a livello universale e oltre le cognizioni spazio-temporali, in un ciclo infinito.

L’anima, detta anche Atman, è destinata a reincarnarsi in diversi corpi, sperimentando tutte le condizioni umane possibili (ricco, povero, bello, brutto, potente, debole ecc.) al fine di sublimarsi e tornare, alla fine, nell’Assoluto. Il Karma altro non è che il patrimonio che l’anima trasporta di vita in vita, fatto di azioni buone e azioni cattive. Ognuna di queste azioni ha ripercussioni nelle vite successive al fine di “espiare” le proprie “colpe” o di beneficiare dei propri meriti.
In ogni incarnazione l’Atman sarà spinto ad agire da una forza propulsiva che viene detta Kama, ovvero il complesso di desideri e passioni, ereditati dalle vite precedenti.
Il principio secondo cui ogni azione individuale è collegata con altre a livello universale si chiama Karman e, ogni volta che un individuo agisce pensando di essere un’ entità a sé stante non responsabile a livello cosmico, fa il gioco del Karman.
Il ciclo di vita- morte- rinascita è definito Samsara.

Questo chiarisce come ogni cosa che ci capiti, nel bene o nel male, nella vita attuale è con ogni probabilità frutto di nostre azioni precedenti. Se, per esempio, nel 1945 ho incarnato un nazista che ha ucciso ebrei, prima o poi avrò a che fare con qualcuno o qualcosa che mi insegnerà a capire il valore delle mia azione miserevole, nel bene o nel male: subendo in prima persona ciò che io ho imposto in una vita precedente o sperimentando, in un modo o in altro, una forma di com-passione del gesto da me compiuto.
Secondo il Buddismo, invece, a incarnarsi non è l’anima quanto un insieme di pensieri o un germe di “coscienza”. I buddisti, alla stregua degli induisti, ricercano la condizione del non-essere, in quanto l’essere causa dolore che si rinnova. Questa condizione viene definita da loro “nirvana”.
Nella tradizione celtica i druidi fecero della reincarnazione una delle idee base del loro sistema dottrinale. Vivevano l’esistenza convinti che tutto ciò che avrebbero fatto un giorno sarebbe tornato loro indietro, ed erano per questo felici di poter operare del bene convinti che in una vita futura ne sarebbero stati ricompensati.

A differenza di quanto si pensi la teoria della Reincarnazione appartiene tanto alla tradizione orientale quanto a quella occidentale.
Agli albori della Chiesa cristiana si parlava più liberamente di Reincarnazione. Alcuni dei primi padri della Chiesa, come Clemente Alessandrino o Origene, parlarono, in alcune delle loro opere, della possibilità dell’esistenza di molte vite per l’evoluzione dell’anima. Lo stesso S. Agostino scriveva: “La mia infanzia ha forse seguito un'altra mia età, morta prima di essa? Forse quella che ho vissuto nel ventre di mia madre? ... E ancora, prima di quella vita, o Dio della mia gioia, io esistevo già in qualche altro luogo o altro corpo” (da Le confessioni).

Una delle branchie della Chiesa originaria, lo Gnosticismo, al quale partecipò lo stesso Giovanni Battista, credeva fermamente nella Reincarnazione.
Nel Vangelo di Matteo, 11, 11- 15 troviamo: “In verità vi dico: fra i nati da donna non v’è nessuno più grande di Giovanni Battista(…) e se lo volete accettare è lui quell’ Elia che deve venire. Chi ha orecchie per intendere intenda”.
La Chiesa si lasciò poi travolgere da voleri e capricci di papi, di imperatori e di affari di stato. Cominciarono e essere organizzati concili ecclesiastici che delineavano i dettami del credo e la fede nella preesistenza delle anime fu “bocciata”, come avvenne in un concilio del 553.

Oggi come oggi il Cristianesimo, nell’immenso panorama di religioni, credi e filosofie che si estendono nel mondo è comunque in minoranza rispetto al rifiuto del principio di reincarnazione.
La teoria del Karma sembra rispondere ai mille quesiti a cui la fede Cristiana com’è vissuta attualmente non riesce a dare risposte e, soprattutto, valorizza l’idea di libero arbitrio e il concetto di responsabilità verso sé stessi e verso gli altri, lì dove la Chiesa impone dogmi.
Non dobbiamo infatti immaginarci come esseri in balia del volere benefico o malefico di un dio. La vita è totalmente nelle nostre mani, come il timone di una barca e, a seconda di come la gestiamo, essa ci porterà verso la luce di una prossima vita più serena o verso le tenebre di una prossima vita infelice.
Tutto questo al fine di evolvere l’anima e di capire, esperendole, le molteplici condizioni umane. Una volta che la conoscenza dell’anima si sarà completata ed essa si sarà sublimata, potrà tornare al divino primordiale da cui si era staccata.

Ogni nostra anima è connessa invisibilmente a una coscienza superiore ma pur sempre individuale: il Sé superiore. Esso è la coscienza che fa da padrona, raccogliendo, come un sacco, tutte le esperienze e le conoscenze da metabolizzare per proseguire il cammino.
E’ quindi, un’entità superiore a cui spesso, senza accorgercene, facciamo riferimento, interpellandola e chiedendole consigli. E’ la voce profonda del nostro cuore, l’unica che sappia realmente qual è il nostro bene.
Una volta che il corpo muore l’anima passa in una dimensione in cui lei stessa passa in rassegna le azioni della sua esistenza terrena e, in base al giudizio finale, sceglie l’incarnazione successiva e le esperienze che maggiormente potranno arricchirla o controbilanciare le cattive azioni passate.

Cos’è quindi l’anima umana?
Essa è una scintilla che alle origini si è staccata dal Divino e si è incarnata in un corpo.
Ognuna appartiene a una grande “famiglia” d’anime che non sono necessariamente i nostri genitori e i nostri parenti, bensì anime che condividono con noi energie simili. Può capitare, per esempio, di conoscere amici che viaggino sulla nostra stessa lunghezza d’onda molto più che i nostri fratelli, genitori e parentado vario! Persone che sono in grado di comprenderci e di capirci anche solo da uno sguardo! A me personalmente è capitato, con una splendida ragazza conosciuta giusto in un forum e con la quale si è creato fin dall’inizio un legame incredibilmente forte e di arricchimento reciproco, anche dopo esserci conosciute di persona.
Con queste persone il legame non si rompe mai e, né il tempo né la lontananza, fanno da ostacolo. Infatti, in virtù di questo “vincolo,” spesso le persone sperimentano fenomeni di telepatia a distanza o in sogno. Inoltre, secondo la teoria del Karma, la maggior parte delle persone che hanno avuto una certa importanza nella nostra vita, a prescindere dal tipo di rapporto che abbiamo condiviso con loro e dall’accezione positiva o negativa, sarebbero probabili incontri di vite precedenti.

L’anima consta così di due poli opposti: il maschile (yang) e il femminile (yin). Prima di iniziare il cammino di evoluzione le due parti si separano incarnandosi ognuna in corpi diversi ma restando legate l’una all’altra da un filo “sottile”. Non sempre lo yang si incarnerà in un corpo femminile e lo yin in uno maschile, ma succederà spesso che si incarnino in sessi di polo opposto. Le energie dello yin e dello yang, agendo in sinergia, contribuiscono a far evolvere la scintilla originaria. Quando l’evoluzione sarà completata le due facce della stessa moneta si ricongiungeranno e torneranno al Divino.

Raramente capita che le due mezze scintille si incontrino poiché, quando questo avviene, si fondono in una unità che assorbe entrambe le parti impedendo loro di continuare ad evolversi… Sarebbe un po’ come stare con sé stessi e questo comporterebbe una chiusura nociva ai fini del progresso dell’anima!
Possiamo invece sperimentare tanti “abbinamenti” con altre anime che, nella loro diversità ci arricchiranno, magari anche attraverso dolori, sacrifici o rinunce ampliando la superficie e le possibilità cognitive.

Questa teoria sembrerebbe anche giustificare quel senso di vuoto o di insoddisfazione che ci capita di provare talvolta pur amando qualcuno. Quante volte, specie in persone particolarmente “sensibili ”e ricettive capita di avvertire sensazioni frustranti accanto al partner scelto. Lo si può amare alla follia, dedicarsi a lui/lei con passione ed entusiasmo ma finire, col tempo, col provare comunque un senso di estraniazione o di incompletezza, come se mancasse sempre qualcosa.

Sicuramente un incontro tra anime gemelle è affascinante ed estasiante. Persone che l’hanno sperimentato affermano di aver provato sensazioni ed emozioni mai nemmeno immaginate. E’ la “coppia perfetta”, l’esatto incastro delle due parti mancanti, la complementarità per eccellenza. Ma, così facendo, una volta che il puzzle è terminato ogni altra possibilità di apertura, ogni altra occasione creativa viene scartata e rimane un mero nutrimento basato sullo scambio di cognizioni simili se non identiche.
La tradizione vuole che l’incontro tra anime gemelle avverrebbe solo in determinati momenti o in determinate incarnazioni, dove le due parti della mezza mela abbiano raggiunto uno stadio spirituale abbastanza alto da eludere ogni rischio di annullamento reciproco.

In quest’ottica và vista la tanto anelata “accettazione dell’altro”, in un rapporto di coppia così come in qualsiasi altro tipo di relazione. E’ importante comprendere che tutti, nella positività o nella negatività, nel bene o nel male sono fonte di conoscenza ed arricchimento, così come noi lo siamo per loro, in un interscambio di esperienze e nozioni. E, come tali, vanno amati nella loro dolcezza e compatiti nella loro meschinità, aiutati e semplicemente allontanati quando avvertiamo che il loro modo d’essere a lungo andare ci è risultato nocivo, senza odio e senza rancori, sentimenti che finirebbero per ritorcersi contro noi stessi.

So che questa è impresa tanto ardua quanto laboriosa ma, vista la serenità che ispirano gli sguardi di buddisti o di chi fa di questo credo una filosofia di vita, varrebbe la pena almeno tentare!
Io ce la sto mettendo tutta, chissà…
 
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